Progetto Cameo

(Comparison and Analysis of Mentoring in EurOpe)

 

Il Mentoring come chiave strategica contro l’esclusione sociale e professionale

Rapporto definitivo

Gennaio 2003

 

A cura di Matteo Perchiazzi

Ial Toscana

 


 

 

Indice

 

Premessa

 

Introduzione

 

Parte Prima. Introduzione metodologica

 

1. Metodologia 1. Definizione e mappa dei concetti

 

2. Metodologia 2. Gli strumenti di raccolta delle informazioni

2.1. Gli strumenti di raccolta delle informazioni

2.2. Strategie di selezione degli esperti e dei casi

 

3. I casi individuati

3.1. La ricerca dei casi

3.2. I casi individuati

3.3. La ricerca nei Programmi Operativi Regionali delle regioni del Sud Italia

 

 

Parte Seconda. Definizione del Mentoring e analisi dei casi

 

4. Un tentativo di definizione del Mentoring


 

5. Il Mentor: un’analisi comparativa

          5.1. Le competenze del Mentor e il percorso formativo

          5.2. Il rapporto Mentor/destinatario: punti di forza,

               punti di criticita’

 

 

Parte Terza. Analisi dei casi

 

6. Il caso della Scuola Militare Nunziatella di Napoli.

6.1. Il contesto dell’azione

6.2. L’organizzazione del progetto e alcune definizioni

6.3. La rete

6.4. Il percorso formativo del ‘Mentor

6.5. Il rapporto tra ‘Mentor’ e ‘pupil

6.6. La percezione del ‘Mentor’

6.7. L’organizzazione del sito Web

 

7. Il caso del CEREF , Centro Ricerca e Formazione – Inserimento al 

    lavoro dell’infermiere professionale e il processo di Mentoring

          7.1. Il contesto dell’azione

          7.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

          7.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

          7.4. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

8. Il caso Sodalitas – Assolombarda

          8.1. Il contesto dell’azione

          8.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

          8.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

          8.4. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

9. IL caso Coca Cola Foods

          9.1. Il contesto dell’azione

          9.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

          9.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

 

10. Il caso ELEA – Il servizio di Mentoring per l’e-learning

          10.1. Il contesto dell’azione

          10.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

          10.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

 

Allegato 1. Questionario. Griglia per l’intervista a testimoni

Allegato 2. Questionario. Griglia per l’intervista al mentor

Allegato 3. Questionario. Griglia per l’intervista al pupil

 

Bibliografia


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Premessa

 

Il presente contributo è da ritenersi solo uno spaccato delle pratiche di mentoring nell’ambito dell’orientamento e della formazione aziendale in Italia.

Inoltre, il presente rapporto è ben delimitato dal fatto che la ricerca si inserisce in un progetto più ampio, che si propone di realizzare uno studio sistematico del mentoring come chiave strategica contro l’esclusione sociale e professionale. L’intero progetto si sostanzia come uno studio comparato del ‘mentoring’ tra Francia, Grecia, Italia e Spagna da cui partire per promuovere e sviluppare la conoscenza del ‘mentor’, dei servizi e del relativo percorso formativo necessario a livello europeo.

Tale progetto è finanziato da una particolare linea di finanziamento VP/2001/014 e annovera come partner Scienter Espaňa, CRCI Bretagne (Chambre Regionale de Commerce et d’Industrie de Bretagne), Kemop (Family Education and Child Care Training Center “Platon”) della Grecia, Amitiè (Centro di ricerche e servizi avanzati per la formazione), Ial Toscana (Ente per la Formazione Professionale) e l’OIS-Isfol (Osservatorio sull’inclusione sociale dell’Istituto di Formazione e Orientamento al Lavoro).

Gli obiettivi specifici della ricerca sono investigare sull’esistenza di approcci diversi sul Mentoring, analizzare la figura professionale e gli ‘attrezzi del mestiere’ del ‘Mentor’, comprenderne al meglio il contesto dell’azione, studiare il ruolo degli attori pubblici e privati nei confronti del ‘Mentor’, realizzare un’analisi delle buone pratiche esistenti in Italia.

Come appena accennato, il presente rapporto analizza solo alcuni casi che, se non certamente rappresentativi della realtà italiana, sicuramente sono risultati interessanti e ottimi punti di partenza per una riflessione e sensibilizzazione più ampia, che auspichiamo, visto comunque l’interesse suscitato già dal primo rapporto di  ricerca.

C’è da segnalare infatti l’attenzione che essa ha destato per le potenzialità e per le possibili future applicazioni in un ambito come quello della Scuola, invitandoci a darne testimonianza in una Tavola Rotonda della Festa Internet, tenutasi il 31 maggio-2 giugno al Sasch Hall di Firenze.

Inoltre, le persone che hanno accettato di farsi intervistare, hanno chiaramente dimostrato l’interesse a tenersi in contatto e a costituire una rete di rapporti che possa portare ad una sensibilizzazione e ad una maggior attenzione nei confronti della metodologia del Mentoring nell’ambito professionale.


 

Vorremmo ringraziare per la disponibilità e l’attenzione prestata al presente lavoro la Dott.ssa Monica Milani, Sociologa della comunicazione, Fabio Martucci (Infogroup e Assointernet), il coordinatore del Progetto Mentoring Nunziatella Giorgio Draskovic (che ha continuato a seguirci dalla lontana Australia), e tutta l’associazione Ex-Allievi Nunziatella sezione Toscana. Inoltre, vorremmo ringraziare i Mentor e i ‘pupil’ intervistati  e coinvolti in tutto il percorso di ricerca, in particolare Pier Paolo Janni, Luigi Aurelio Nasto, Michelangelo Damasco, Giovanni Marino, Corrado Manuali, Domenico Pellino.

Inoltre, vorremmo porgere un ulteriore ringraziamento a chi ci ha concesso del prezioso tempo, con vivo interesse, disponibilità e grande professionalità come la Dott.ssa Elena Bonamini (Ceref), il Dottor Massimo Ceriotti (Sodalitas),il Dr. Massimo Castrovilli e tutto il gruppo Mentoring di Elea, che ci ha permesso di entrare nella piattaforma e di osservare il ‘dietro le quinte’ del servizio di Mentoring.

 

 

 


 

Introduzione

 

Questo contributo, pur non volendo essere completamente rappresentativo della realtà italiana e di tutti i possibili approcci del Mentoring nell’ambito professionale, presenta una serie di casi interessanti dai quali partire per avviare una riflessione più ampia sugli approcci del Mentoring.

I casi di fronte ai quali ci siamo trovati sono estremamente diversificati e gli obiettivi specifici dell’azione di Mentoring sono molteplici.

Si passa, infatti, da obiettivi di inserimento professionale in contesti organizzativi strutturati, come il caso della Coca Cola Foods e il caso Ceref (inserimento lavorativo dell’infermiere professionale), a obiettivi di orientamento professionale e aiuto/sostegno nella progettazione di percorsi di studio ai fini di sviluppo di carriera, come nel caso dell’associazione ex allievi Nunziatella; da progetti di Mentoring finalizzati a interventi organizzativi molto specifici e mirati nell’ambito del Terzo settore come nel caso delle esperienze realizzate da Sodalitas, a servizio di Mentoring altamente strutturato e razionalizzato, finalizzato al sostegno dell’apprendimento in corsi di formazione erogati esclusivamente on line, come nel caso dell’Elea.

Da questa analisi di caso abbiamo provato a fornire una definizione del Mentoring e dei potenziali elementi e costanti che potevano avere in comune, cercando anche di inserirli nelle definizioni già esistenti prese a prestito dalla letteratura organizzativa.

Inoltre, si è cercato di operare una distinzione di questa metodologia anche operando un distinguo tra altre metodologie come il tutoring e come il coaching.

 

Il rapporto di ricerca si articola essenzialmente in tre parti:

la prima di ordine metodologico, riguardante la definizione dell’ambito concettuale di indagine, gli strumenti e le strategie utilizzate per la raccolta delle informazioni, il percorso per arrivare alla scelta dei casi.

La seconda parte, tenta di offrire una definizione del Mentoring, in base proprio ai casi approfonditi. Inoltre cerca di elaborare un’analisi comparata di questi e di offrire una riflessione sui punti in comune che comunque esistono in tutti i casi approfonditi.

La terza parte approfondisce in particolare il caso specifico dell’Associazione Ex – Allievi della Nunziatella e, in seguito, gli altri casi di studio che sono:

il Ceref, un’esperienza di Mentoring nell’inserimento dell’infermiere professionale; la Sodalitas, una società che ha realizzato molteplici esperienze nell’ambio del Terzo settore; il caso della Coca Cola Foods, che costituisce un esempio da manuale de Mentoring in azienda, e, infine, il caso Elea, che della metodologia del Mentoring ha fatto un servizio di sostegno ai processi di apprendimento nella formazione e-learning.

Infine, riportiamo la bibliografia e le griglie di intervista utilizzate.


 

 

 

 

 

 

Parte Prima.Introduzione metodologica

 

 


 

1.    Metodologia 1. Definizione e mappa dei concetti

 

La prima parte del lavoro si è articolata in un’attività di ricerca bibliografica e di confronto interno al gruppo di ricerca allo scopo di definire i concetti e gli ambiti di interesse relativi al tema oggetto d’indagine.

Questa fase ha prodotto una mappa dei concetti e dei temi di interesse che potevano essere di fattibile esplorazione in Italia: la riportiamo qui nell’immagine che segue.

 

 

La mappa concettuale relativa alla metodologia del Mentoring, quindi, nella nostra proposta si articola nei seguenti indicatori:

1.   Gli approcci e modelli esistenti in Italia.

2.   Definizione della figura professionale/funzioni

3.   Gli utenti / clienti / destinatari dell’azione di ‘mentoring

4.   Il contesto dell’azione

5.   Il ruolo dei privati e del pubblico

6.   Analisi buone prassi


 

Ogni macro-tema è sotto-specificato da temi (indicatori) più specifici che da esso si sviluppano semanticamente:

 

Punto 1.

Gli ambiti di indagine sulle differenze/similitudini dei modelli esistenti si possono ricondurre ai seguenti aspetti del ‘Mentor’:

·     Definizione  della figura professionale/funzione (cfr. indicatore 2)

·     Competenze/conoscenze (cfr. indicatore 2)

·     I destinatari (cfr. indicatore 3)

·     Il contesto dell’azione (cfr. indicatore 4)

·     Il ruolo del pubblico e del privato (cfr. indicatore 5)

 

Punto 2.

Relativamente alla figura professionale, l’indagine si è concentrata sui seguenti aspetti:

·     Definizione della figura (chi deve essere, cosa deve sapere, saper fare, essere, come lo deve fare, verso chi)

·    Analisi/descrizione delle competenze/conoscenze necessarie, utili e auspicabili a svolgere l’azione di Mentor:

·  Competenze di base;

·  Competenze tecnico-professionali

·  Competenze trasversali

·     Aspetti motivazionali necessari, utili e auspicabili

·     Modalità e canali di selezione del ‘mentor

·     Scopi dell’azione del ‘mentor

·    (prevalentemente formativi, prevalentemente di orientamento, consequenziali prima di orientamento, poi anche formativi, etc)

·    (riqualificazione del personale, recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc)

·     Esistenza, utilità, grado di strutturazione e di formalizzazione di programmi, iniziative o progetti di formazione dei Mentore.

 

Punto 3.

Per quanto riguarda i destinatari dell’azione, i sotto temi specificati sono stati i seguenti:

·     Caratteristiche (chi è il protetto, criteri di selezione/scelta, canali e strategie di avvicinamento)


 

·     Tipo di rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e destinatario dell’azione, con particolare riferimento ai criteri di abbinamento come offerta di modelli positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies, a chi opera l’abbinamento, la durata e la frequenza del rapporto, le procedure di controllo, di sostegno e di accompagnamento della coppia da parte dell’organizzazione o struttura di riferimento durante il percorso; i benefici/svantaggi dell’azione, con particolare attenzione ai punti di esemplarità e ai punti di criticità che si instaurano nel rapporto, e a eventuali indicatori di impatto sia sul mentore sia sul protetto.

 

Punto 4.

Per contesto dell’azione si ci siamo riferiti a tutti quegli aspetti relativi a:

·     I luoghi (ufficio, organizzazione, luoghi particolari) e gli strumenti (tecnologici, dispense, schede di valutazione, etc) deputati all’azione del ‘mentoring’

·     I campi di intervento del ‘mentoring’ 

·    Settori professionali

·    Organizzazione in cui (o per cui) opera (ruoli, funzioni aziendali coinvolte, etc)

·    Il campo di intervento istituzionale (solo in generale)

·     Servizi/soggetti necessari per realizzare una efficace azione di Mentoring (interni o esterni all’organizzazione, gratuiti/a pagamento, volontari/sotto incarico)

·     La struttura organizzativa del progetto/azione di Mentoring

·     Reti

·    Network di relazioni necessarie, utili e auspicabili all’azione di ‘Mentoring

·     Risposta/impatto sul territorio (azioni di trasferimento, diffusione, modalità attuative, etc)

·    Esiste una vera e propria struttura organizzativa/o solo accordi interpersonale poco formali

·    Formalizzata/informale

·    Esterna/interna all’organizzazione

·    Esistenza di organi e quali

·    Esistenza di procedure e regole

·     Esplorazione degli indicatori dell’impatto su:

·    Mentor’

·    Protetti/destinatari

·    Organizzazioni in cui (o per cui) si realizza l’azione

·    Territorio


 

Punto 5.

Infine, è stato indagato tutto il filone relativo al ruolo dei privati e del pubblico, ovvero all’attenzione presunta o riscontrata nei confronti di questa metodologia e in quali ambiti di applicazione. Si è esplorata attraverso i seguenti temi:

·     Riconoscimento esterno del ruolo

·    Settori professionali

·    Organizzazioni

·    Società

·    Istituzioni

·     Consapevolezza verso il ‘Mentor’ come strumento di gestione delle risorse umane e di formazione professionale

·     Sostegno/aiuti concreti (eventuali)

 

Punto 6.

L’analisi delle buone prassi si è articolata conseguentemente nei temi conduttori e di tutti gli indicatori che abbiamo fin qui descritti:

·     Definizione della figura professionale/funzioni

·     Destinatari

·     Il contesto dell’azione

·     Il ruolo dei privati e del pubblico

Tutti i casi presentati sono stati ‘filtrati’ attraverso la prospettiva della mappa dei concetti appena riportata, tranne uno che è stato approfondito come caso di eccellenza e che quindi ha preso poi la propria direzione di analisi.

 


 

2.    Metodologia 2. Gli strumenti di raccolta delle informazioni.

 

2.1. Gli strumenti di raccolta delle informazioni

 

Sulla base della precedente mappa dei concetti, abbiamo definito ex ante gli strumenti di raccolta delle informazioni e le strategie per la selezione dei casi. Inoltre, per ogni ambito d‘indagine, si è previsto di utilizzare differenti strumenti di raccolta e diverse strategie di raccolta delle informazioni, allo scopo di raccogliere quanti più dati possibili

Gli strumenti di raccolta delle informazioni si riferiscono strettamente alla mappa dei concetti, al fine di collegare le diverse attività svolte per realizzare i relativi strumenti di raccolta:

Gli strumenti di raccolta delle informazioni utilizzati (ed eventualmente da utilizzare in ulteriori contributi di ricerca sul tema) sono stati svariati.

Relativamente all’indicatore 1, abbiamo utilizzato varie fonti, da articoli su riviste di settore, a ricerche su internet, alla letteratura specialistica.

Il caso che nel presente contributo è stato particolarmente approfondito (Scuola Militare Nunziatella) è stato studiato attraverso tre tipi di questionari, somministrati sia via e-mail sia faccia a faccia: il primo, uguale agli altri casi studiati, come griglia di intervista ai testimoni privilegiati, il secondo una griglia di intervista rivolta ai Mentor, il terzo una griglia di intervista rivolta a coloro che sono (o sono stati) beneficiari dell’azione di Mentoring.

L’analisi di casi è stata operata integrando vari strumenti: articoli, materiali reperiti sui siti internet e, infine, utilizzando le griglie di intervista a testimoni privilegiati, ai coordinatori del progetto o ai responsabili della funzione di Mentoring.

 

 

2.2. Strategie di selezione degli esperti e dei casi

 

Uno dei problemi più grandi che sono stati riscontrati è stato quello dell’individuazione dei casi da analizzare, e dei soggetti che hanno praticato/beneficiato di azioni di Mentoring.


 

Infatti, in Italia non abbiamo rilevato molte esperienze e spesso queste non hanno visibilità.

La strategia di selezione dei soggetti che sono stati intervistati e i testimoni privilegiati scelti per l’analisi dei casi è stata inizialmente quella cosiddetta ‘a cascata’ e poi ‘ragionata’.

Tali strategie, infatti, permettono di selezionare soggetti che si nominano tra loro, e evidenziano anche una ‘rete’ di nicchia che al ricercatore è utile non solo per l’analisi della tematica, ma anche per un più agevole reclutamento dei soggetti esperti da intervistare.

Infatti, l’essere contattati dal gruppo di ricerca attraverso il nome di una persona conosciuta o un’esperienza conosciuta ingenera spesso un clima di fiducia nei confronti dei ricercatori stessi e una gratificazione per essere stati citati per aver realizzato esperienze di rilievo nell’ambito della tematica oggetto dell’indagine.

C’è inoltre da aggiungere che la ricerca di esperienze di attività di Mentoring in ambiti professionali è stata difficoltosa, anche perché le aziende o realtà vicine ad esse sono notoriamente più restie a concedersi.

 


 

3.I casi individuati

 

3.1.La ricerca dei casi

 

La ricerca dei casi e la relativa selezione è avvenuta sfruttando tutti i canali formali e informali a disposizione.

L’ambito di pertinenza di questo contributo è quello aziendale, professionale o lavorativo.

Sulla base dei casi individuati, l’indagine si è svolta come di seguito, nell’ottica cioè di realizzare un’analisi qualitativa e uno studio di casi, di cui uno approfondito in modo particolare:

1         Indagine su 4 casi attraverso interviste ai coordinatori del progetto

2       Studio di caso attraverso:

o          Intervista al coordinatore di progetto

o    Intervista ai mentors

o    Intervista ai destinatari dell’azione

 

Inoltre, in corso d’opera è stato deciso di monitorare i canali di finanziamento pubblici nelle regioni del Sud, circa l’assenza/presenza di finanziamenti specifici su attività di accompagnamento riconducibili al Mentoring.

Ci siamo soffermati in particolare sui Programmi operativi Regionali, ma visti gli scarsi risultati della ricerca, gli dedichiamo solo un paragrafo in questo capitolo.

 

3.2. I casi individuati

 

I casi scelti in corso d’opera sono leggermente cambiati rispetto a quelli inizialmente individuati. Le ragioni sono prevalentemente riconducibili alla effettiva disponibilità dei referenti a essere intervistati, alla fattiva pertinenza dei casi inizialmente individuati con il taglio di approfondimento prefissato, oppure alla semplice impossibilità materiale di raggiungere le persone, problemi di lavoro e di tempo.

Di seguito si elencano i casi oggetto di studio:

·     Gli altri casi

·    CEREF - Centro Ricerca e Formazione -Inserimento al lavoro dell’infermiere professionale e il processo di Mentoring

·    Sodalitas (Assolombarda)

·    Elea – Il servizio di Mentoring per l’e-learning

·    Coca Cola Foods

·     Caso di approfondimento

·    Associazione Ex- Allievi Nunziatella

 

Il caso Coca Cola Foods non scaturisce da una vera e propria intervista in profondità: infatti, dopo alcuni primi contatti, la direzione e i responsabili della gestione e dello sviluppo delle risorse umane della sede italiana della Coca Cola Foods, ci hanno rimandato alla letteratura e a quanto scritto nelle riviste specializzate sulle specifiche esperienze di questa azienda sul Mentoring.

Ci è sembrato comunque opportuno inserire questo caso in un lavoro come questo che descrive le esperienze di Mentoring più significative in Italia nell’ambito aziendale e professionale, di cui appunto la Coca Cola resta un esempio da manuale e uno dei precursori nell’uso di questa metodologia di lavoro nell’ambito dell’inserimento e di sviluppo professionale in realtà organizzative strutturate.

Per quanto riguarda gli altri casi, sono state realizzate interviste in profondità somministrate in modalità faccia a faccia o ai diretti responsabili e consulenti (caso Sodalitas) che hanno partecipato ad iniziative e a interventi di Mentoring.

Il caso dell’Associazione Ex-allievi Nunziatella è stato studiato attraverso interviste in profondità somministrate al coordinatore del progetto, ai Mentor e ai beneficiari del Mentoring in modalità faccia a faccia e anche via mail (raggiungendo anche Mentor risiedenti fuori del territorio italiano). Infine, è stato realizzato un Focus Group tra tre Mentor in particolare sulle competenze del Mentor e sulle peculiarità del rapporto Mentor / destinatario che si instaura via internet.

 

3.3. La ricerca nei Programmi Operativi Regionali delle

      regioni del Sud Italia

 

Ci sembra opportuno dedicare almeno un piccolo spazio sul lavoro svolto, relativamente alla ricerca operata via internet sulla presenza / assenza di questa metodologia fra le azioni finanziabili attraverso fondi pubblici.

Abbiamo visitato i siti di alcune Regioni del Sud d’Italia: la Campania, la Sardegna, la Calabria, la Sicilia, l’Abruzzo, il Molise, la Puglia e infine la Basilicata.

Da questi siti sono stati monitorati i bandi dell’ultimo anno relativi ai finanziamenti per la formazione professionale secondo i Programmi Operativi Regionali, per l’utilizzo del FSE.

L’indicazione che ne abbiamo tratto è che, almeno negli ultimi bandi, non esistevano finanziamenti specifici per azioni di Mentoring, ma solo per altre azioni di orientamento, come per esempio il bilancio di competenze.

Lo spunto che se ne può desumere è quello che ancora, almeno attraverso questi canali di ricerca, nelle Amministrazioni Pubbliche non c’è sensibilità su tale metodologia.

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Parte Seconda. Definizione del Mentoring

 


 

4.   Un tentativo di definizione del Mentoring

 

 

Come si vedrà nei capitoli seguenti, i modelli del Mentoring riscontrati nei casi studiati sono talmente diversi che il tentativo di definizione di cosa sia distintivo del Mentoring, piuttosto che del Tutoring o del Coaching, potrebbe contemporaneamente accontentare qualcuno e scontentare altri.

Basti solo pensare che per definire il destinatario dell’azione di Mentoring si utilizzano almeno quattro termini differenti: ‘Mentee’, ‘Pupil’, ‘protetto’, ‘Junior’, etc.

Si passa, infatti, da obiettivi d’inserimento professionale in contesti organizzativi strutturati, come il caso della Coca Cola Foods e il caso Ceref (inserimento lavorativo dell’infermiere professionale), a obiettivi di orientamento professionale e aiuto/sostegno nella progettazione di percorsi di studio ai fini di sviluppo di carriera, come nel caso dell’associazione ex allievi Nunziatella; da progetti di Mentoring finalizzati a interventi organizzativi molto specifici e mirati nell’ambito del Terzo settore come nel caso delle esperienze realizzate da Sodalitas, al servizio di Mentoring molto strutturato e razionalizzato, finalizzato al sostegno dell’apprendimento in corsi di formazione erogati esclusivamente on line, come nel caso dell’Elea.

Il compito in ogni modo di questo lavoro è di trovare, attraverso lo studio documentale e bibliografico e attraverso l’analisi dei casi, degli elementi che possano dare degli orientamenti piuttosto chiari su cosa sia il Mentoring.

Di conseguenza, il nostro argomentare passerà in rassegna alcune definizioni che esistono in letteratura, per poi confrontarle con i casi di studio.

Qui di seguito le definizioni.

Il Mentoring è “una relazione uno ad uno che si instaura tra un esperto e un novizio, e che prosegue fino a quando quest’ultimo non ha pienamente sviluppato le proprie potenzialità” (Baum, 1992).

“Qualunque rapporto tra anziani e giovani, oppure tra pari, che si orienti ad una funzione di sviluppo” (Carter, 1994).


 

Il Mentoring per Clawson (1996) è “una relazione ad elevato potenziale di sviluppo personale e professionale in cui l’obiettivo è sostenere la crescita di una o entrambe le parti”.

Per Veale (1996), il Mentoring “raggiunge i suoi scopi primariamente attraverso la costruzione di un rapporto. Il Mentor è solitamente qualcuno che… ha esperienza e conoscenza di chi è e di come le cose devono essere fatte”.

Infine, per G. Cortese (2000) “il mentoring è un’attività finalizzata alla promozione delle potenzialità individuali attraverso la realizzazione di un percorso di apprendimento guidato da un collega più anziano e più esperto”. “Il Mentore è una figura capace di offrire guida e sostegno, dar vita ad un insegnamento, facilitare il cambiamento”.

La nostra argomentazione adesso collegare queste definizioni con l’analisi dei casi.

Infatti, queste suggestioni prese a prestito dalla letteratura organizzativa, in qualche modo contengono, e offrono un ambito di definizione delle attività e dei modelli di Mentoring analizzati nel presente contributo.

Come si è precedentemente accennato, sebbene i modelli utilizzati siano diversi e adattati agli obiettivi specifici per i quali questa particolare metodologia di lavoro è utilizzata, possiamo sostenere con certezza che effettivamente ci possono essere degli orientamenti piuttosto simili del rapporto di Mentoring che possiamo riscontrare in tutti i casi studiati e che possiamo inserire coerentemente nelle definizioni sopra riportate. Sono proprio questi orientamenti che ci permettono di differenziarlo dal tutoring e dal coaching.

Questi orientamenti si sostanziano quando si considerano due indicatori presi a prestito anche dalla letteratura e cioè:

1         Orientamento al contenuto professionale

2       Orientamento alla relazione

 

In ambedue gli indicatori, ci riferiamo al rapporto che s’instaura tra Mentor e destinatario dell’azione di Mentoring.

Per orientamento al contenuto professionale, ci riferiamo ai processi e agli oggetti specifici della professione.


 

Per orientamento alla relazione si intende l’intensità del rapporto che si instaura tra Mentor e destinatario.

Nel seguente schema si propone un tentativo di definizione del Mentoring in base a questi due indicatori.

 

Prendendo a prestito le definizioni di coaching e tutoring dalla letteratura organizzativa, tenteremo di distinguere questi ultime due metodologie dal Mentoring.

Per coaching, si intende “un’interazione che ha lo scopo di migliorare le prestazioni. Ponendosi obiettivi, utilizzando e praticando tecniche, utilizzando feedback, il coach aiuta la persona a incrementare le competenze e le potenzialità di successo”. Veale (1996),


 

Per tutoring, si intende “un rapporto che ha il compito di stimolare l’apprendimento, di favorirlo e di controllare il processo educativo del gruppo, […], di incoraggiare ad essere attivi, favorire la natura personale dell’apprendimento, ammettere l’idea che essere differenti è cosa accettabile, riconoscere il diritto all’errore, tollerare l’imperfezione, incoraggiare l’apertura di spirito e la fiducia in sé, dare l’impressione di essere rispettati e accettati, facilitare la scoperta, porre l’accento sull’autovalutazione in cooperazione e permettere il confronto delle idee”. (Guilbert, 1981).

Con riferimento al tutoring, il Mentoring si differenzia dal tutoring, perché, nonostante abbia un orientamento alla relazione simile, il tutoring manca del tutto dell’orientamento al contenuto professionale. Si deve anche specificare inoltre, che le potenziali implicazioni personali del tutoring rispetto al coaching, quella che Quaglino chiama ‘mutualità del rapporto’, possono raggiungere, a nostro modo di vedere in base ai casi analizzati, una più elevata intensità nel Mentoring.

Invece nel coaching, fortemente caratterizzato per il suo orientamento ‘all’addestramento al contenuto professionale’ e ‘al miglioramento delle prestazioni lavorative’, manca il contenuto relazionale, o quantomeno è meno importante sia del Mentoring sia del tutoring.

Come si vede dallo schema sopra riportato, invece, il Mentoring si caratterizza per un notevole orientamento alla relazione, ma anche un forte orientamento al contenuto professionale.

Quanto appena detto, e cioè, quanto riscontrato di elemento comune nei casi di studio, non è certamente contrario, anzi, è contenuto nelle definizioni che abbiamo riportato e preso dalla letteratura organizzativa.

C’è però da fare un’ulteriore precisazione, e cioè che l’intensità di questo orientamento contemporaneamente al contenuto professionale e alla relazione varia in base al variare del contesto.

Infatti, si deve differenziare se il rapporto di Mentoring si riferisce ad un contesto prevalentemente motivazionale o ad un contesto prevalentemente organizzativo.

Come vedremo, infatti, nei casi analizzati la differenza si nota e il ‘mix’ di importanza su queste due variabili cambia.


 

Nel caso della Nunziatella, un contesto prevalentemente motivazionale, l’orientamento alla relazione è più forte dei contenuti professionali, può infatti implicare una relazione più forte, quando il miglioramento nella professione appena intrapresa (o da intraprendere) è, al momento del rapporto, un po’ meno importante che nei contesti organizzativi.

Di contro, nei contesti organizzativi, come nel caso della Coca Cola, del Ceref e della Sodalitas, pur rimanendo importante al momento del rapporto l’orientamento alla relazione, è decisamente più significativo dei contesti motivazionali l’orientamento al contenuto professionale.

 

Relativamente agli obiettivi del Mentoring, invece, nei casi analizzati si è riscontrata una sostanziale disomogeneità, che riportiamo qui di seguito:

Funzioni del Mentoring:

1         Orientamento ai percorsi professionali e di carriera

2       Orientamento al contesto organizzativo

3       Orientamento e sostegno al processo di apprendimento.

 

Come si può vedere, comunque, la componente dell’orientamento resta forte, anche se cambiano i contesti di riferimento.

Questo non toglie però il fatto che l’orientamento non attivi processi di formazione e di auto-formazione, anche se sono mirati a contesti di riferimento estremamente diversificati.

Da questo si desume quello che in ogni caso deve essere il bagaglio caratteristico, il ‘kit’ di competenze del ‘Mentor’, argomento per il quale si rimanda al capitolo 5 del presente contributo.

 


 

 

5.    Il Mentor: un’analisi comparativa

 

5.1.Le competenze del Mentor e il percorso formativo

 

Da quanto emerso fino adesso, è possibile individuare tutto il bagaglio di competenze del Mentor e delineare quali sono gli ‘standard minimi’, o meglio il pacchetto minimo di formazione che a un professionista o a un esperto si deve offrire affinché diventi un buon Mentor, a prescindere dagli obiettivi e dalle specificità del programma o dell’intervento di Mentoring.

Come lo si debba offrire sta alla libertà, alla natura e ai vincoli della situazione specifica di riferimento. Si possono organizzare conference, comunità di pratiche su siti o su un intranet aziendale, si possono organizzare degli workshop, degli scambi di esperienze, si possono chiamare esperti e testimoni privilegiati, si possono organizzare classiche lezioni frontali, ma quel che risulta chiaro da quanto detto analizzato nei casi e nella letteratura è il ‘cosa’ si deve formare.

Premesso che il Mentor è un professionista o un ‘soggetto esperto’ nel proprio settore, e quindi si pone come esempio nel processo di orientamento, come una guida personale e professionale.

Conseguentemente, le competenze tecniche professionali specifiche dei contenuti della professione, come è chiaro, non si devono formare, perché sono il requisito minimo indispensabile, ‘la conditio sine qua non’ ci si può candidare a essere Mentor.

Le altre competenze fondamentali sulle quali fare formazione sono quelle esposte nella scheda qui di seguito.

Le competenze di seguito descritte sono quelle che sono emerse in tutte le interviste e quelle quindi che sono individuabili nelle seguenti macro-aree:

1         Capacità di gestione del rapporto

2       Capacità di gestire tutto il processo di comunicazione

3       Capacità e gestione di tecniche formative e dei processi di apprendimento.

 


 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Conoscenza molto approfondita della professione (curricula molto selezionati) e del settore professionale

Conoscenza dei settori limitrofi al proprio settore professionale

Conoscenza degli obiettivi del Programma di Mentoring e degli obiettivi che ci si prefigge l’organizzazione di riferimento

Conoscenza degli obiettivi del destinatario

 

Gestire comunicazione (attraverso internet o faccia a faccia)

Sapere indirizzare nei percorsi professionali o di apprendimento riguardanti il proprio settore, i settori limitrofi.

Capacità di esporre in modo obiettivo i percorsi professionali individuati e in modo chiaro e esaustivo.

Sapere come individuare i percorsi alternativi.

Capacità di comunicazione nell’orientamento e di gestione del rapporto di Mentorship (capacità di ascolto, capacità di monitoraggio, disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi comunicativi, saper indirizzare e gestire, capacità di gestire il linguaggio)

Capacità di ‘rispondere con calma’ e di gestire le aspettative del pupil.

Capacità di esemplificazione

Capacità di sdrammatizzare e di porgere i contenuti.

Capacità di acquisire il rispetto del protetto

Capacità didattiche, tecniche formative

Capacità di feed back.

Forte motivazione e senso di appartenenza all’organizzazione.

Forte motivazione e spirito di corpo nei confronti del destinatario

Senso di responsabilità nei confronti del destinatario e del proprio lavoro

Capacità di leadership

Capacità maieutiche

Capacità di porsi in modo dialettico, conflittuale

Capacità di apprendere e di auto-apprendimento

 

Se le prime due erano ampiamente ricordate nella letteratura, quest’ultima area di competenze risulta ancora più specialistica e sicuramente influenzata dalla grande importanza che si da alla formazione, sia essa on line sia essa tradizionale.


Chi deve trasmettere qualsiasi contenuto, specialmente chi si pone come esempio, deve essere in grado anche di padroneggiare minimamente alcune tecniche di formazione basilari al processo di apprendimento del destinatario dell’azione.

Come si vedrà anche nei casi di studio, questa capacità, che si rispecchia ovviamente nella gestione del rapporto, si deve ulteriormente differenziare se il contesto dell’azione di mentoring è on line o faccia a faccia.

Infatti, se il rapporto si sviluppa in un ambiente telematico, le competenze per gestirlo saranno riconducibili, oltre che alla capacità di padroneggiare lo strumento stesso, anche relative alla conoscenze alla gestione della ‘lan etiquette’ e di tutte le potenzialità e i punti di criticità dovuti ad un rapporto in rete.

Diverso invece è il caso di un rapporto di mentoring che si sviluppa faccia a faccia, in cui sarà fondamentale la capacità di gestione di un colloquio in cui la relazione può diventare anche emotivamente intensa e rilevante.

 

 

5.2.Il rapporto Mentor/destinatario: punti di forza, punti

     di criticità

 

Infine, ci soffermiamo su quelle che sono state le costanti emerse dallo studio dei casi e dalle interviste relativamente ai punti di forza e ai punti di criticità nel rapporto di Mentoring.

I punti da affrontare in questo senso sono davvero riconducibili a poche frasi.

Qui di seguito si riporta una griglia in cui vengono sintetizzate tutte le affermazioni raccolte durante le interviste sull’argomento in oggetto.

 

Benefici

 

 

Svantaggi

 

 

Punti di forza

 

 

Punti di criticità

 

Benefici nel dare un ruolo attivo da parte del soggetto esperto in uscita.

Mantenere e preservando ‘in famiglia’ il così detto know how imparato in azienda.

Rischio di intravedere nel Mentoring l’unica soluzione alla formazione aziendale.

Riduzione dei costi Risparmio nella formazione con i metodi tradizionali.

Mappatura risorse umane e livello di integrazione nel quadro aziendale dell’efficacia dell’azione di Mentorship

Incentivi (di vario tipo, anche economici sia per il Mentor sia per il pupil) a verifica di raggiungimento obiettivi aziendali dopo azione di Mentoring

Rischio di scambiare il Mentoring per l’accostamento.

Sclerotizzazione del sistema, in quanto manca la traduzione in termini attuali dei valori aziendali.

 

(rischi di esclusione delle persone che non partecipano al progetto di Mentoring ).

Differenziazione tra target (dirigenti, futuri dirigenti, quadri, operatori)

Differenziazione a seconda della tipologia di azienda.

 

Inutile ribadire i punti di forza che rendono speciale la metodologia del Mentoring piuttosto che altre metodologie, e cioè di avere un ‘punto di riferimento esperto’ con il quale si instauri un rapporto ‘più caldo’, ‘più familiare’.

Proprio questo forte orientamento alla relazione, come abbiamo più volte ricordato, permette di attivare processi di motivazione all’azione che difficilmente si possono immaginare con altri strumenti di empowerment e di sviluppo personale.

I punti di criticità nelle pratiche di mentoring sono imputabili alla degenerazione di quelli che sono proprio i suoi punti di forza.

Si riconducono prevalentemente a due ordini di fattori: uno di tipo organizzativo, uno di tipo relazionale.

Il primo aspetto lo si rileva quando il Mentor diventa una figura la cui autorità scavalca la diretta responsabilità del dirigente o del boss di riferimento del destinatario, oppure, conseguentemente, che si instauri un rapporto tra i due di tipo competitivo. È chiaro che questo non si verifica in interventi di Mentoring come quelli caratteristici del caso Associazione Ex Allievi Nunziatella.

Il secondo, di ordine relazionale, è quello dovuto alla forte personalità del mentor, che rischia talvolta di orientare il  destinatario in percorsi non strettamente concordati o dal programma o particolarmente corrispondenti alle caratteristiche e alle aspettative professionali dello stesso.

Questo si deve prevalentemente al tipo di rapporto che si instaura e che, talvolta, può eccedere e scaturire nella ‘dipendenza’, inficiando proprio gli obiettivi specifici del Mentoring, e cioè quelli di sviluppo e di auto-progettazione.

 

Qui di seguito, infine, riportiamo uno schema del rapporto di Mentoring, che, a parte il caso Elea che ha una specificità tutta sua e per la quale rimandiamo al capitolo 10 di questo contributo, può essere rappresentativo e comparativo di tutti i casi studiati.


 

I° step. Preparazione del progetto.

In ogni caso studiato, prima di attivare il rapporto di Mentoring, c’è una fase di preparazione di tutta l’intelaiatura organizzativa, di condivisione degli obiettivi, di preparazione della strumentazione (telematica, faccia a faccia), di decisione delle modalità di valutazione in itinere ed ex post, etc.

Questa fase, a prescindere dai contesti in cui si realizza l’azione di Mentoring, è in ogni modo fondamentale soprattutto per la preparazione della coppia o delle coppie, per stabilire gli abbinamenti tra Mentor e destinatario e quant’altro.

In questo momento inoltre si prepara il Mentor (o i Mentor) al rapporto di Mentorship, in taluni casi con dei corsi di formazione, in altri con dei semplici colloqui o scambi di idee.

 

II° step. Attivazione della relazione.

Viene attivata la relazione.

Solitamente, si riscontra una fase iniziale in cui la coppia si presenta, si chiarisce gli obiettivi del rapporto, ci si scambiano i rispettivi vissuti professionali e personali.

In questa fase, sia che il rapporto venga sviluppato a distanza, sia che venga sviluppato faccia a faccia si cerca di orientarlo sulla relazione, spesso anche cercando di rompere il ghiaccio con tutti quelli strumenti necessari per ‘abbattere le barriere’.


 

III° step. Gestione ed evoluzione del rapporto.

Siamo nel pieno della relazione di Mentoring e ci si sposta sui contenuti, mantenendo ovviamente alto l’orientamento alla relazione.

In questa fase c’è da fare una specifica distinzione se il rapporto è faccia a faccia o se è telematico.

Infatti, dall’analisi dei casi, risulta che nel rapporto telematico è più facile ‘abbattere le barriere’, e questa fase è caratterizzata da elevati picchi di entusiasmo da parte del destinatario dell’azione.

Nel rapporto faccia a faccia la II fase è più lunga, anche perché si sente l’influenza della personalità del Mentor, che deve avere molta consapevolezza di questo.

In ogni caso, l’entusiasmo del destinatario va saputo gestire e ottimizzare, portandolo sui contenuti professionali del rapporto e senza creare ‘false illusioni’ su dove questo rapporto porterà.

Dalle interviste, risulta che, in questa fase, si possono riscontrare anche delle ‘crisi’ che possono avere origine da molti motivi. È fondamentale in questo momento la funzione motivazionale  e di guida del ‘Mentor’ e anche di tutta la struttura organizzativa che deve offrire supporto alla coppia e anche aiutare in alcuni casi a dirimere le controversie insorte, ridando motivazione e tarando nuovamente gli obiettivi del rapporto.

 

IV° step. Chiusura del rapporto.

Il rapporto si esaurisce una volta raggiunti gli obietti.

A seconda dei casi, si sono riscontrati molti modi per chiudere il rapporto.

Il più interessante risulta quello della ‘celebrazione’ all’interno di tutta la comunità di Mentoring all’interno dello stesso progetto, per dare visibilità e importanza alla buona riuscita dell’intervento, oltre che per dare motivazione ulteriore a quelli che ancora sono impegnati nella coppia. È come dare un segnale del tipo ‘loro ci sono riusciti, ce la potete fare anche voi’.

 

V° step. Valutazione.

Questa fase è naturalmente collegata a tutte le fasi precedenti, nelle quali si è comunque operata una valutazione in itinere, anche per aggiustare le modalità di intervento in corso d’opera.

Quest’ultima fase è importante per acquisire esperienza e per crearsi una sorta di ‘vademecum del rapporto di Mentoring’ da utilizzare in altre esperienze e per costruire una comunità di pratiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Parte Terza. Analisi dei casi

 

In questa terza parte dell’elaborato si riportano i casi di studio e quelle che potremmo definire ‘buone pratiche’ nell’utilizzo del Mentoring.

In particolare, è stato portato in rilievo il caso della Scuola Militare Nunziatella, che costituisce il caso di approfondimento di questo lavoro.

Si ricorda che nell’esposizione dei singoli casi si riporta la terminologia delle parole ‘Mentor’ e ‘destinatario’ dell’azione così come viene utilizzata dalle persone intervistate e dalle fonti da noi utilizzate per il reperimento delle informazioni.

 

 

6.    Il caso della Scuola Militare Nunziatella di Napoli.

 

 

6.1. Contesto dell’azione

 

Il Progetto Nunziatella Mentoring è promosso dall’Associazione ex allievi Nunziatella (diffusa in tutto il territorio nazionale e internazionale), della menzionata Scuola Militare di Napoli.

L’iniziativa è nata da una mailing list di circa 600 persone così detti ‘web-ex’. Questa lista è nata da ex allievi della Nunziatella sparsi in tutto il mondo, e organizzata in un ‘Group’ di discussione su ‘Yahoo’.

L’idea di fare un servizio di mentoring esclusivamente on line, e attraverso internet, nasce dal desiderio di mantenere saldo il raccordo tra ‘nuovi ex allievi’ e Associazione ex-allievi Nunziatella.

In questa Associazione, in cui i legami affettivi e valoriali sono molto forti, nasce da Giorgio Draskovic l’idea di offrire servizi di competenze esperte di professionisti ‘ex-allievi’ e di nuovi ex allievi, al fine di offrire quell’orientamento di cui una persona in entrata, che frequenta o in uscita dall’università necessita per tentare di cominciare a programmare il proprio percorso di studi e di carriera.

La sperimentazione tuttora in corso è solo tra gli ex-allievi, ma l’intenzione è quella di proporre alla Scuola Militare Nunziatella di inserire il servizio anche dentro la Scuola Superiore, per i ragazzi che frequentano l’ultimo anno.

Il servizio ha lo scopo di consigliare le scelte professionali degli ex-allievi in uscita dalla Scuola Militare Nunziatella di Napoli.


 

Il servizio è svolto esclusivamente via telematica, attraverso l’apposito forum Nunziatella Mentors Yahoo groups.

Il sito è molto strutturato ed è regolato da norme che i coordinatori del progetto si sono dati.

In questa sede non è possibile mostrare nessuna immagine del Web Group, perché vincolato da norme sulla privacy e perché solo gli iscritti possono accedervi.

Il collegamento alla home page è :

http://it.groups.yahoo.com/group/nunziatella_mentors

 

Attraverso questo collegamento è possibile solo vedere la home page esterna ed è necessario avere una password, oltre che, naturalmente essere iscritti.

Per un ulteriore approfondimento del sito (cfr. cap. 6.7).

Nel data base ‘Mentor’ del progetto sono annoverati diversi settori professionali, non necessariamente con sviluppo di carriera militare. Anzi, la caratteristica fondamentale della Scuola Nunziatella è proprio quella di preparare ‘alla vita e alle armi’: per questo non esiste nessun ‘ostracismo’ per coloro che intraprendono la vota civile.

Gli ambiti professionali di intervento del mentoring specifici del progetto sono un 30% con sbocchi professionali militari, mentre un circa il 70% civili.

Tra i settori di orientamento professionale si segnalano i seguenti:

·     Aeronautica civile

·     Agronomi

·     Architetti

·     Avvocati, Notai, Magistrati

·     Bancari e operatori finanziari

·     Economisti e operatori di Marketing

·     Farmacisti, biologi, chimici

·     Fisici

·     Geologi

·     Giornalisti

·     Imprenditori industriali

·     Ingegneri

·     Informatici

·     Medici

·     Pubblica Amministrazione

·     Pubblicitari

·     Spettacolo e Comunicazione

·     Esercito

·     Marina

·     Aeronautica

 

Le ambiziose mire del progetto sono quelle di fornire orientamento in tutti i possibili settori della vita civile e militare, sfruttando tutta la rete degli ex-allievi della Scuola Militare.

Parlare di luogo nel caso di questo esperimento non ha propriamente senso, visto e considerato che tutto il servizio si realizza tramite internet, con e-mail, chat, webcam, l’istant messenger, il viva voce,  e quant’altro.

I paesi coinvolti in questo progetto infatti, attraverso l’attività dei Mentor, sono circa 25, anche se i beneficiari diretti (i pupil) sono prevalentemente nel territorio nazionale.

Gli strumenti sono internet.

Può esistere una cosa di questo genere tramite internet?

Il luogo telematico tutto sommato si presta bene alla realizzazione del servizio.

Si può pensare, come già accennato prima, ad una campo di intervento sterminato. Nel caso specifico a tutti i settori professionali in cui è possibile trovare i mentor.

Sicuramente nelle lingue, con la chat e il vivavoce.

Infatti, una delle possibilità che si offre è quella di avere un mentor per la lingua, nelle Scuole militari internazionali (ex allievi) di mettersi in mentorship con gli ex allievi italiani per scambi, etc…

I servizi interni ed esterni che sono stati attivati nel progetto di mentoring nell’esperienza specifica sono gratuiti grazie alla piattaforma Yahoo  --  con i relativi pacchetti di servizi inclusi (yahoo messenger, istant messenger, vivavoce, webcam, etc)  --  che vive sulla pubblicità e che è più che sufficiente per la sperimentazione in atto.

La missione del mentor è e deve essere esclusivamente volontaria, ma sotto ‘chiamata’ dell’associazione ex-allievi, attraverso il coordinamento e l’azione del comitato di controllo, come si vedrà nel paragrafo successivo.

 

 

 

6.2. L’organizzazione del progetto e alcune definizioni

 

L’organigramma e l’organizzazione del progetto sono fortemente formalizzate e strutturate.

I suoi organi sono:

·     I mentore

·     I coordinatori

·     Il comitato di controllo

·     I pupils

·     I moderatori del Forum telematico

 

Per Mentor si intende un ex-allievo della S.M.N. che per esperienza professionale acquisita, in qualità di illustre esempio di vita e di professionalità, può esprimere consigli sul percorso di carriera (militare e non) del pupil. :  sono ammessi all' Albo dei Mentors, su loro richiesta, gli Ex Allievi in possesso di considerevole esperienza professionale in uno dei settori di attività selezionati e che siano disposti a seguire e consigliare uno o più Pupils nell'ambito del servizio. Tale consulenza e' strettamente offerta su base volontaria e gratuita e dovrà svolgersi nei più rigorosi termini deontologici.

 

Il servizio di mentoring (one on one) è riservato esclusivamente agli Ex Allievi appena maturati (Junior) o iscritti all’Università ed alla ricerca di un orientamento di vita e professionale.

L’accezione linguistica con cui si designano i destinatari dell’azione di Mentoring  è ‘pupil’’.

I coordinatori svolgono il compito di assegnare i Mentore ai pupils e di controllare la ‘coppia in volo’, il rendimento dell’iniziativa, suggerendo anche modifiche al regolamento stesso del progetto.

Per ‘coppia in volo’, come facilmente si intuisce, si intende la coppia Mentor-Pupil, usando una accattivante metafora di uso militare. Della coppia si annuncia pubblicamente nel forum il decollo, non appena ne viene formata una, e l’atterraggio, quando il compito dell’azione è finito.

Il comitato di controllo è composto da tre membri con potere inappellabile di dirimere controversie, concedere dispense relative all’impiego diretto dei pupils su segnalazione degli interessati oppure motu proprio sospendere i Mentore o i pupils con motivazioni precise.

Il comitato di controllo, i coordinatori e i moderatori del forum hanno il compito di svolgere il lavoro di segreteria, di gestire i data base e di effettuare le ricerche dei mentor dopo aver ricevuto la richiesta da parte di pupil, infine, ma non per questo meno importante, fornire assistenza alla coppia.

 

Il progetto non ha altri fini che quelli dell’orientamento.

C’è da sottolineare comunque che l’orientamento attiva oltre che informazione anche processi di apprendimento forti, che operano nella direzione dell’auto-progettazione e dell’auto-formazione assistita.


 

Per rendersi conto di quanto le regole che si sono dati siano attente e consapevoli a ogni possibile implicazione del rapporto istaurantesi, oltre che naturalmente, esplicare e favorire una facile gestione ‘a distanza’, è utile citare alcuni cenni tratti dal regolamento:

“Per diventare Mentore bisogna presentare una richiesta al comitato di controllo che, dopo aver valutato il curriculum e l’idoneità al servizio, inserisce il nominativo nel data base, non prima di aver fatto firmare un impegno scritto a rispettare il mandato e il regolamento stesso”.

 

“I pupils devono dimostrare l’appartenenza all’associazione ex-allievi, fornire i propri dati compilando la scheda di partecipazione e richiedere ai coordinatori l’attribuzione di un Mentor”.

“È fatto divieto per i Mentore di impiegare direttamente i pupils (salvo dispensa del comitato di controllo) oppure offrire le proprie prestazioni professionali e capacità formative a fronte di retribuzioni economiche”.

“Le eventuali dispense all’assunzione diretta del pupil devono essere pubblicizzate sul Web-Group”.

“Ogni mese il comitato di controllo ritira un rapporto sull’andamento della coppia:

·    Scheda pupils

·    Scheda Mentore

Come si vedrà in seguito, tali schede devono fornire una valutazione su alcuni aspetti del rapporto, anche se probabilmente potrebbero essere maggiormente approfondite sulle competenze via via acquisite dal pupil, in particolar modo sugli aspetti specifici del settore professionale in cui si opera l’azione di orientamento, sulle competenze ‘trasversali’, anche se in via telematica, e infine, ma non per questo meno importante, sulle progettualità attivate durante il Mentoring.

Si riporta qui di seguito la scheda di valutazione del rapporto che viene utilizzata:

 


 

__________________________________________________________________

One on One Mentoring

 

SCHEDA RAPPORTO MENTOR

no.         [1]

Data compilazione Rapporto: __/__/2002                    

 

Mentor:                                               corso __/__               

Pupil:                                                    corso __/__            

Inizio Mentorship [2]  :   __/__/2002                           

Periodo coperto dal Rapporto  : dal   __/__               al   __/__/2002

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Temi trattati [3] :                                                                                                                

                                                                                                                                        

                                                                                                                                        

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Modalita' :  effettuata principalmente mediante [4]

                                 * e-mail

                                 * telefono

                                 * chat      >    * scritto

                                                       * vivavoce

                                 * altro > specifica:                                                     

 

Frequenza contatto:         * una o piu' volte al giorno

                                          * minimo tre volte la settimana

                                          * circa una volta alla settimana

                                          * ancora meno

                                                                 

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Risultati :[4]

Applicazione Pupil:           * Ottima

                                          * Buona

                                          * Sufficiente

                                          * Insufficiente


 

Giudizio efficacia metodo:    * Ottimo

                                               * Buono

                                               * Sufficiente

                                               * Insufficiente

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Prosecuzione Rapporto :[4]

Si intende:       

                   * proseguire il rapporto come in precedenza

                   * proseguire il rapporto ma su base diversa > (elabora)                         

                                                                                                             

                   * interrompere il rapporto

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Note commenti e suggerimenti per il miglioramento del servizio.

 

 

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legenda:

[1] indicare numero progressivo del rapporto nell'ambito della medesima Mentorship

[2] data della prima comunicazione effettiva con il Pupil

[3] breve descrizione dei temi principali svolti nel periodo

[4] sostituire l'asterisco con "X" in corrispondenza di una sola delle opzioni - elaborare

      se richiesti

 

__________________________________________________________________

 

 


 

6.3. La rete

 

La rete di contatti necessaria alla realizzazione del progetto Mentoring è da individuare nella stessa rete formalizzata dell’Associazione ex allievi Nunziatella, che, in stretto rapporto con la Scuola Militare, pubblicizza e promuove il servizio fin dall’ultimo anno della Liceo.

Inoltre, la stessa Associazione Ex-Allievi e la Scuola si supportano in alcune servizi necessari all’azione di Mentoring, come per esempio alcuni supporti finanziari per le spese di gestione del servizio.

Questo aspetto comunque è spiegato meglio in seguito (cfr. paragrafo 6.5), soprattutto al fine di capire come la condivisione di valori ben precisi incida sulla motivazione sia del pupil sia del mentor, oltre che naturalmente capirne i vantaggi al fine della gestione delle risorse, sia umane sia finanziarie, laddove siano particolarmente scarse, o nemmeno prese in considerazione.

Nell’esperienza specifica, la rete necessaria al fine di realizzare il Progetto è da individuarsi soprattutto nel data base degli ex allievi per i mentor, nel data base degli ‘web-ex’ , da cui è partito tutto il progetto, Internet e la stessa Associazione ex – allievi.

Altre reti utili verso le quali è intenzione sviluppare dei rapporti sono altre scuole Militari con le relative associazioni ex- allievi.

In base all’esperienza di questo Progetto, vengono forniti alcuni indicatori di impatto dell’azione di mentoring per le organizzazioni per cui (o in cui) si realizza l’azione, che sono i seguenti:

1Mappatura risorse umane e livello di integrazione nel quadro aziendale dell’efficacia dell’azione di Mentorship

2Incentivi (di vario tipo, anche economici sia per il Mentor sia per il pupil) a verifica di raggiungimento obiettivi aziendali dopo azione di Mentoring (rischi di esclusione delle persone che non partecipano al progetto di Mentoring )

3Differenziazione tra target (dirigenti, futuri dirigenti, quadri, operatori)

4Differenziazione a seconda delle tipologia di azienda.

 


Alcuni indicatori di impatto dell’azione di mentoring invece sul territorio, sono i seguenti:

1Disponibilità di accogliere in toto un servizio di ‘post sail sevice’ di lusso.

2Disponibilità Scuole Secondarie Superiori

3Partnership con aziende e lobbing con Università e aziende

 

Sono ovviamente degli indicatori estrapolati dalle interviste fatte ai coordinatori del Progetto Nunziatella Mentoring, ai due ‘Mentor’ e ai due ‘pupil’, l’esperienza dei quali può essere utile per sviluppare una riflessione mirata, iniziata senza dubbio anche con questo piccolo contributo.

 

Benefici

 

 

Svantaggi

 

 

Punti di forza

 

 

Punti di criticità

 

Benefici nel dare un ruolo attivo da parte del soggetto esperto in uscita.

Mantenere e preservando ‘in famiglia’ il così detto know how imparato in azienda.

Rischio di intravedere nel Mentoring l’unica soluzione alla formazione aziendale.

Riduzione dei costi Risparmio nella formazione con i metodi tradizionali.

Mappatura risorse umane e livello di integrazione nel quadro aziendale dell’efficacia dell’azione di Mentorship

Incentivi (di vario tipo, anche economici sia per il Mentor sia per il pupil) a verifica di raggiungimento obiettivi aziendali dopo azione di Mentoring

Rischio di scambiare il Mentoring per l’accostamento.

Sclerotizzazione del sistema, in quanto manca la traduzione in termini attuali dei valori aziendali.

 

(rischi di esclusione delle persone che non partecipano al progetto di Mentoring ).

Differenziazione tra target (dirigenti, futuri dirigenti, quadri, operatori)

Differenziazione a seconda delle tipologia di azienda.

 


 

6.4. Il percorso formativo del Mentor

 

Allo stato attuale del progetto Nunziatella – Mentoring è previsto un breve percorso formativo all’uso dello strumento telematico, considerato che il rapporto di mentoring si svolge esclusivamente via internet, telefonico, via chat o via e-mail.

Inoltre nel forum telematico è stato inserito uno spazio apposito per lo scambio di esperienze tra Mentore, con l’intenzione di diventare una comunità di pratiche.

Non esistono però veri e propri programmi strutturati di formazione per il Mentor, piuttosto esistono degli spazi riservati (una comunità  di pratiche ) nel sito, in cui i Mentor si possono confrontare e dare consigli sulla gestione del rapporto. In ogni caso e in tal  senso la comunità di pratiche, sorretta del forte senso di appartenenza, è il vero e proprio luogo dove si impara in generale, e quindi, anche a fare il mentoring. Relativamente ai contenuti della ‘formazione’ si possono individuare sostanzialmente due filoni: il primo, relativo al saper gestire l’uso del mezzo telematico e della piattaforma Yahoo, con tutto il kit necessario alla comunicazione, come lo Yahoo messenger, la piattaforma Yahoo, yahoo messenger, istant messenger, vivavoce, webcam, etc.

Il secondo relativo alla soluzione dei problemi che insorgono nel rapporto Mentor / pupil e nella gestione del rapporto stesso.

Il comitato di coordinamento ha intenzione di strutturare un percorso formativo per specifiche competenze necessarie allo svolgimento dell’azione di mentoring.

Nello specifico, i contenuti sono i seguenti:

 

1la gestione del rapporto Mentor / Pupil via telematica (sulla tipologia di risposte, di messaggi da inviare, etc…),

2la capacità di gestire una risposta e di comunicare la cosa giusta al momento giusto via internet.

3La capacità di adeguamento del linguaggio nei confronti dei formati chat, messenger, e-mail, viva voce, web cam, etc

4Capacità di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi comunicativi, saper indirizzare e gestire le strade professionali scelte e quelle alternative)


 

6.5. Il rapporto tra ‘Mentor’ e ‘Pupil’’

 

 

L’azione di Mentoring deve essere assolutamente gratuita e volontaria ed è basata principalmente su un forte senso di appartenenza ai valori, allo spirito e alla tradizione del collegio Militare, su cui tutti gli ex-allievi sono stati forgiati in età adolescente.

In nome del ‘preparare alla vita e alle armi’, l’associazione ex-allievi si propone come prosecuzione di una comunità valoriale della Scuola Militare che trasmette agli allievi un forte senso di impegno nel civile e nel sociale.

In nome di questa appartenenza quindi molte barriere, inerenti specialmente al primo contatto, sono facilmente superate, proprio perché ‘si parla la stessa lingua’, ‘si è vissuto le stesse esperienze’, ‘apparteniamo allo stesso mondo’, ‘anche se siamo di generazioni diverse, possediamo i codici necessari allo scambio di esperienze’.

Il Mentoring diventa uno strumento di un vero e proprio scambio intergenerazionale.

Il rapporto di mentoring è costantemente monitorato dal comitato di controllo attraverso schede di valutazione (schede pupil e schede mentor) sui seguenti ambiti:

·     Dati generali dei Mentore e dei pupil

·     Inizio, durata e periodo della Mentorship

·     Temi trattati in dettaglio

·     Modalità del contatto

·     Frequenza del contatto

·     Applicazione Pupil

·     Gradimento Mentor

·     Efficacia del metodo

 

Come abbiamo già accennato in precedenza queste schede potrebbero valutare anche ambiti conoscitivi ulteriori: mi riferisco soprattutto allo sviluppo di progettualità formative o di sviluppo di carriera nell’ambito del settore professionale in cui avviene l’orientamento.

 

Il rapporto Mentor-pupil è pubblicizzato e fortemente formalizzato nel e-group, al fine di rendere trasparente (a parte i contenuti privati) e di valorizzare i risultati ottenuti e di correggere il tiro pubblicamente qualora si verifichino delle incrinature del rapporto. Questo avviene non per ‘colpevolizzare’, ma per far apprendere a tutta la comunità dei Mentore e dei pupils.

Grazie al mezzo telematico, le coppie possono essere costituite da soggetti che sono residenti, non solo in varie parti d’Italia, ma anche nel mondo.

Si pensi che il responsabile del Progetto gestisce tutto via Web da Sydney.

In questa esperienza , le modalità e canali di selezione del ‘mentor’ sono semplici: basta il campo e attivazione. Allo stato attuale è sufficiente la disponibilità, il curriculum professionale e la capacità di comunicare via telematica. Non sempre il mentor riesce a comunicare per via telematica, perché ha problemi di capacità in tal senso. C’è da sottolineare che a proposito del rapporto mentor /pupil, ma soprattutto del rapporto che l’ex allievo senior vive con la sua ‘Nunziatella’ in relazione al Mentoring è quello di una vera e propria ‘chiamata’, in tal senso quando si parla di caratteristiche necessarie affinché questo tipo di orientamento si verifichi, si deve sottolineare la fortissima motivazione e senso di appartenenza che da spinta alla volontà di insegnare ‘le carte, le mappe, la rotta, le strumentazioni, etcc…’. A parte quindi la conoscenza molto approfondita della professione (curricula professionali molto selezionati), grande esperienza professionale), essendo volontaria l’azione, la selezione deve riguardare tutto l’aspetto motivazionale e la valutazione delle potenziali affinità, operata soprattutto ‘con il buon senso’.

Una regola (laddove sia possibile) per accompagnare un Mentor a un pupil è proprio quella che siano residenti in città diverse. L’intenzione è quella di evitare contatti faccia a faccia per ovviare alcuni effetti perversi del rapporto instaurantesi, oltre che l’eventuale ‘sfruttamento’ del pupil per scopi diversi da quelli dell’orientamento, come il praticantato gratuito.

 

Per approfondire quanto appena detto, si possono menzionare diverse questioni relative al rapporto che si instaura tra Mentor e pupil, in particolare nei criteri di abbinamento, quello che poc’anzi di definiva ‘buon senso’, ovvero delle regole più che altro non scritte che comunque guidano e favoriscono la buona riuscita del rapporto.

 

Il primo è la comune appartenenza alla frequentazione della Scuola Militare.

‘Ci unisce un ‘certo spirito di fratellanza’ dovuto alla consapevolezza del fatto di aver frequentato un non comune liceo’, carico di valori storici e di impegno che vanno ben oltre il sentiero valoriale militare. ‘Uno specchio delle forze migliori della società’, molto presente anche nello spirito di preservazione della Nunziatella, che dovrebbe essere sempre più al passo dei tempi. Parlando di criteri di abbinamento questo aspetto è di gran lunga il più importante perché consente di abbattere molte barriere iniziali, anche tra generazioni diverse.

Filo rosso che accomuna sia una chiara consapevolezza dell’importanza della formazione, sia una consapevolezza del fatto di essere stati partecipi di insegnamenti simili, soprattutto nel fatto di essere stati formati  come la futura classe dirigente del paese. ‘Anomalia del DNA nunziatellico’…’Sense of belonging’…

Nel caso specifico della Nunziatella questa è una variabile così forte che non importa dopo considerare molte variabili di tipo ‘soft’ per l’abbinamento tra Mentor e pupil. Infatti, il fatto di essere ex allievi della Nunziatella è un collante così forte e motivante che riduce a poca cosa il fatto di avere la passione comune per un determinato sport o per un determinato autore.

Un altro criterio ‘non scritto’ di abbinamento tra pupil e mentor è quello di fatto di essere residenti in città diverse, o, se proprio non ci sono alternative, cercano di far usare il mezzo telematico il più possibile. Questo per evitare di sprecare l’occasione di sperimentare l’efficacia dell’azione di mentoring tramite internet. Inoltre, è anche per evitare che i pupil particolarmente bravi vengano ‘sfruttati’ dai mentor per la loro stessa professione. Già si è accennato che nel rapporto di Mentoring però è tassativamente escluso il ‘praticantato’. Solo in casi stabiliti dal comitato di controllo, qualora si verifichino dei rapporti che sfocino in un potenziale stage o rapporto di lavoro  --  e se questo può avvenire ben venga  --,  comunque si interrompe il rapporto di Mentorship, che in casi come questi, ha avuto decisamente buon esito anche se avvenuto ‘in famiglia’.

È bene quindi sottolineare che, eccezioni a parte, il rapporto di mentoring esula completamente dal praticantato e una volta terminata la missione con l’orientamento professionale avviato con il mentoring, il pupil allora avrà bisogno di fare pratica professionale, ma non avrà più  bisogno di essere orientato.

La questione viene sottolineata perché si reputa del tutto sconveniente mantenere un rapporto di Mentoring con un pupil che già fa pratica professionale, in quanto si corre l’imbarazzante rischio di sovrapposizione tra ‘visioni’ lavorative del capo e ‘visioni’ lavorative specifiche del mentor.

Un altro piccolo accorgimento per l’abbinamento, è che la coppia non deve essere un abbinamento tra persone troppo estroverse e persone molto introverse, con il rischio chiaro di uno schiacciamento di personalità.

C’è inoltre un altro grande importante tema che è stato sviluppato e approfondito nel corso delle numerose interviste in profondità, e cioè l’uso di Internet sul rapporto di Mentoring. Punti di forza / punti di criticità.

Il rapporto deve essere paritario (anche dal punto di vista del mezzo). Il pupil non deve sentirsi un ‘minus habens’ perché possono verificarsi problemi di varia natura, in special modo dal punto di vista sia dell’esito della mentorship, sia dal punto di vista soprattutto dello sviluppo dell’autonomia progettuale personale nei confronti della carriera.

In questo senso deve essere molto bravo il Mentor. La comunità di pratiche virtuale e il mezzo telematico della piattaforma aiutano molto a risolvere i problemi appena citati.

Tutto sommato, i vantaggi dal suo punto di vista sono molti più degli svantaggi.

Dal punto di vista della comunicazione, comunicare via telematica, rispetto al ‘de visu’ ha i vantaggi dello scrivere, senza avere gli svantaggi dello scrivere una lettera. Innanzi tutto la comodità e la rapidità di arrivo della risposta, l’immediatezza di poter ricevere l’informazione o la dritta senza aspettare molto, coprendo distanze in questo caso si può dire ‘mondiali’. Dall’altra la comodità anche di poter riflettere prima di dare una risposta. La capacità di gestire e dare la risposta giusta è una capacità che nel caso della Progetto Mentoring Nunziatella è ‘consigliata’ e imparata un po’ così, nella comunità di pratiche per i Mentor, ma del tutto essenziali in un progetto omologo.

Punto di criticità è la capacità non facile di gestire la comunicazione stessa nei formati richiesti dalle web-cam, chat e istant messenger, etc.

Infatti la capacità di scrivere in una ‘finestrella’ come quella del instant messenger non è da sottovalutare perché mal gestita comporta limitazioni di quello che in genere si dice di ‘attention span’, e cioè perdendo le ramificazioni del discorso, oltre che naturalmente il rischio di farsi prendere la mano e dover rispondere subito. Una tecnica, laddove si sia visto un calo di attenzione o una frattura del rapporto, è quella di comunicare tramite una e-mail, che faccia il punto e cerchi di riportare all’attenzione il pupil o che in qualche modo punti il focus sui motivi per cui si è incorsi nell’incrinatura del rapporto.

Questo è praticamente impossibile nel rapporto ‘de visu’, in cui è difficile che ti venga data la possibilità di rimediare, almeno istantaneamente. Classici sono gli esempi di ‘silenzi’ carichi di pesantezza e di incapacità di proseguire il rapporto.

Si possono individuare delle tappe del rapporto, insieme con alcune strategie di abbinamento. Ci riferiamo all’affabulazione dovuta alla metafora del volo.

Ogni coppia che si abbina viene detta ‘coppia in volo, equipaggio ’. Termini desunti dal linguaggio dei piloti e dell’aeronautica. I rapporto tra mentor/pupil è chiamato ‘ruolino di volo’. Ogni volta che una coppia parte se ne comunica il 'decollo' a tutti gli iscritti, coordinatori, pupils, mentors, moderatori, etc.

L’utilità di questo è anche dovuta a un altro aspetto interessante dello stare ‘in rete’ e cioè che la maggior parte delle persone che sono in questo  servizio, a parte appunto alcuni, non si sono mai viste in faccia. Servono quindi strumenti che riescano a colpire e a sollecitare la fantasia delle persone e ingaggiarle in qualcosa di figurato, allorquando si considera che la maggior parte delle attività si fanno di fronte ad un computer. ‘Serve a dare l’idea di persone che si liberano in volo insieme (l’anziano e il giovane), due persone che scelgono di fare un tratto di strada insieme, in cui l’anziano, o l’esperto possa passare all’altro le rotte, le mappe, le strumentazioni, al giovane per orientarsi.’

Quando vanno ‘in take-off’, cioè si esaurisce il rapporto e si raggiungono gli obiettivi prefissati, poi si celebra il loro ‘landing’, e cioè il loro atterraggio, sempre per rimanere nel linguaggio e nella terminologia specifica della aeronautica, ma soprattutto della metafora affabulatoria.

Esiste una forte ritualizzazione e celebrazione delle coppie un volo, perché essa sta anche ad indicare e a consacrare il fatto che si tratta di una vera e propria missione, che ‘si parte per una missione’ e si riatterra soltanto a missione compiuta. Inoltre, risulta molto gradita.

Dovendo dare un’idea a un 50enne e ad un 22enne di quello che andranno a fare insieme, questo linguaggio e questa metafora si sono rivelati molto utili, anche perché ‘quando tornano dalla missione, i commenti e il linguaggio restano quelli dell’aeronautica’. Ad esempio, se ci sono problemi, ci sono delle ‘perturbazioni’, etc..

Comunque, il senso più importante è quello di far risaltare il senso di ‘finalità’.

Dovendo individuare delle tappe:

Il primo contatto e cioè la conoscenza reciproca, deve essere caratterizzato da momenti ludici e di gioco, strettamente legati all’affabulazione, anche favorendo il momento di gioco. È importante però saper gestire questo momento per arrivare a saper ottimizzare le risorse. Infatti, arriva un momento in cui il ‘gioco’ deve finire, anche se il ‘gioco’ è il co-protagonista per eccellenza per far abbattere le maschere e le barriere. In questo caso, è necessario un intervento ragionato del Mentor.

Poi solitamente, si assiste ad una sorta di ‘crisi’ del pupil, di psicodramma, in cui gli elementi umani e affettivi vengono fuori. In questo momento il Mentor è essenziale perché il tipo di intervento che deve fare non è di tipo ‘ti dico io come si fa’, ma, grazie alla sua esperienza, riesce a riconoscere il momento in cui lui stesso è passato, e poi arriva a raccontare cosa lui ha fatto in quel momento, ma lasciando al pupil la libertà di scelta, perché ‘è della sua vita che si sta parlando’.

Appena prima di questo momento, è necessario che il Mentor riesca a farsi ‘manifestare il disagio’, su cui poi lui interverrà nell’azione di orientamento.

Ad un certo punto, dopo alcune settimane, si riscontra un momento in cui il livello di qualità del rapporto si innalza, quando cioè tutte le maschere e le barriere relazionali cadono da parte del pupil. Questo è un momento fondamentale per l’ottimizzazione e per l’efficacia dell’azione di mentoring. Sfruttato bene, si può giungere a notevoli soddisfazioni.

Infatti, l’interazione in questa fase va soprattutto nei contenuti specifici della professione e della professionalità, che, ovviamente, dipendono molto dal contenuto della mentorship.

Nell’esperienza della Nunziatella, c’è da ribadire in questa fase che la ‘Mentorship’ non va solo su variabili ‘soft’, ma scende anche molto nei contenuti specifici, attivando anche percorsi e momenti di approfondimento sui contenuti, propri della formazione.

Esistono inoltre procedure di controllo della coppia e procedure di accompagnamento da parte dell’organizzazione durante il percorso, in particolare con il Comitato di controllo e con i rapporti periodici, che si accennavano precedentemente.

Comitato di Controllo: eventuali controversie che insorgono in merito al servizio e che non possono essere risolte dai Coordinatori, nonché eventuali dispense al generale divieto di impiego diretto,  saranno risolte con lodo inappellabile da un Comitato composto da tre Ex di riconosciuta esperienza e competenza professionale. In caso di gravi trasgressioni del Regolamento del servizio, il Comitato ha potere di escludere dal medesimo, con lodo motivato, Pupils e/o Mentors.

Rapporti periodici: sulla scorta delle missive dei Pupils e delle schede periodiche compilate dai Mentors, i Controllori provvederanno ad informare con regolarità l'Associazione ed invierà alle due mailing list periodici resoconti sull'andamento del servizio.

Attraverso tutte le interviste fatte al Coordinatore, ai Mentor e ai Pupil, si possono individuare in questo caso di approfondimento dei punti di forza e dei punti di criticità nel rapporto pupil /mentor, così come dei benefici e degli svantaggi per entrambi.

L’archetipo dei rapporti, derivante dal retaggio della Scuola Militare, è quello di una grande dose di rispetto nei confronti dell’anziano da parte del pupil., in termini della Scuola del Cappellone nei confronti dell’Anziano. Il punto di criticità quindi a volte si è riscontrato nel fatto che il ‘cappellone’, volendo fare bella figura nei confronti del proprio Mentor, trova difficoltà a dire con sincerità e onestà la reale condizione in cui si trova e le difficoltà riscontrate: conseguentemente a questo, la capacità maieutica del Mentor deve essere grande.

Per il protetto, si individuano dei benefici, soprattutto relativamente al fatto di ‘essere seguiti da una persona di esperienza, sapere di potersi fidare’, inoltre, ‘Essere seguiti da una Associazione dopo la Scuola’.

Gli svantaggi, sono semplificabili nello schiacciamento del pupil e rapporto di dipendenza tra una persona di successo e un nuovo entrato, inoltre nel rischiare di essere percepiti come facenti parte di una lobby: ‘ma questo capita solo per chi non conosce realmente la Nunziatella e la sua Associazione ex – allievi’.

Così come per il protetto, anche per il mentor sono stati approfonditi alcuni punti di forza e di debolezza nel rapporto, oltre che dei benefici e degli svantaggi.

Si sottolinea una grande ‘gratificazione nel ‘passare il testimone’ a qualcuno di fiducia’, che ‘hai formato tu’, oltre che una ‘grande gratificazione nel contribuire alla sopravvivenza della tradizione di una Scuola Militare così importante’.

Così come per il pupil, anche per il mentor lo schiacciamento di personalità del pupil, il rapporto di dipendenza, il rischio di imporre una scelta al pupil e di imporsi troppo come modello costituiscono tutti importanti fattori di criticità, proprio perché mettono in discussione le capacità del Mentor stesso, oltre che il sostanziale fallimento della ‘mission’ e degli obiettivi prefissati

 


 

6.6. La percezione del Mentor

 

Attraverso le interviste incrociate tra Mentor, Pupil e coordinatori abbiamo ricostruito quelle che sono le caratteristiche necessarie, utili e auspicabili del Mentor.

Per far fede alle parole utilizzate dagli intervistati e alle griglie di intervista riportiamo qui di seguito l’elenco suddiviso nella classica classificazione del ‘sapere cosa’, ‘sapere come’ e ‘disposizioni individuali’.

Non abbiamo tradotto nei termini di ‘competenze tecnico-professionali’, competenze di base’ e ‘competenze trasversali’ della classificazione ISFOL, semplicemente per porgere fedelmente quanto è stato chiesto agli intervistati.

 

A differenza di altri casi che vedremo in seguito, riportiamo anche le caratteristiche utili e auspicabili, perché, essendo questo un progetto sperimentale, si differenzia tra quelle che sono attualmente le effettive competenze del Mentor e quelle che invece dovrebbero essere potenziate e migliorate, anche attraverso dei programmi di formazione specifica.

 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

Conoscenza molto approfondita della professione (curricula molto selezionati) e del settore professionale

Conoscenza obiettivi del del pupil

Gestire comunicazione attraverso internet (capacità di gestire gli strumenti telematici).

Sapere indirizzare nei percorsi professionali riguardanti il proprio settore, i settori limitrofi e sapere sicuramente come individuare i percorsi alternativi.

Forte motivazione e senso di appartenenza alla ‘comunità ex-allievi Nunziatella.

Capacità di esporre in modo obiettivo i percorsi professionali individuati e in modo chiaro e esaustivo.

Forte motivazione e spirito di corpo nei confronti dei ‘junior’

Forte motivazione nei confronti della Associazione per cui si fa volontariato

Forte spirito volontaristico

 

Utili

Conoscenza dei settori limitrofi al proprio settore professionale.

Conoscenza obiettivi del Programma di Metoring e degli obiettivi che ci si prefigge l’Associazione di riferimento

Capacità di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi comunicativi, saper indirizzare e gestire le strade professionali scelte e quelle alternative)

Senso di responsabilità nei confronti del pupil e del proprio lavoro

Capacità di leadership

Auspicabili

 

Saper comunicare e gestire la comunicazione telematica in modo efficace.

Saper gestire il rapporto in modo efficace con generazioni  più giovani.

Capacità di ‘rispondere con calma’ e di gestire le aspettative del pupil.

Capacità di esemplificazione

Capacità di sdrammatizzare e di porgere i contenuti.

Capacità di acquisire il rispetto del protetto

Capacità di essere in grado di rifiutare richieste che il mentor non riesce a soddisfare, sia sui contenuti

Capacità di comunicazione (di usare il linguaggio ‘giovane’)

Capacità di utilizzare le immagini e la multimedialità a fini didattici

Capacità maieutiche

Capacità didattiche, tecniche formative, capacità di feed back.

Capacità di porsi in modo dialettico, conflittuale

Capacità di apprendere e di auto-apprendimento

 

Appare chiaro comunque, che non si mette in discussione la grande esperienza e professionalità che il Mentor deve avere nel proprio settore. A tal proposito pare importante sottolineare che la conoscenza sarebbe auspicabile che si estendesse anche ai settori limitrofi alla professione specifica, in modo tale da poter consigliare e orientare su percorsi alternativi e vicini.

L’altra grande fetta delle competenze individuate, si può ricondurre ad una unica categoria, e cioè quella relativa alla gestione del rapporto con il pupil.

In particolare, in questa esperienza specifica, si tende a sottolineare la capacità di gestire il rapporto in via telematica, non soltanto prestando attenzione alle capacità di gestire tutti gli strumenti del pacchetto della piattaforma Yahoo (chat, web-cam, istant messsenger, etc), ma, soprattutto, alla gestione e all’interazione che potremmo chiamare orientativa-didattica con il pupil.

Ci riferiamo in particolare al sapere utilizzare un tipo di strumento, collegandolo strettamente al tipo di richiesta che il pupil manifesta e il tipo di contenuto che viene dato in risposta.

Si è parlato di due tipi prevalenti di contenuto: il primo relativo alla socializzazione, il secondo relativo ai contenuti.

Per quanto riguarda il primo, ci si riferisce alla capacità di saper creare clima, specialmente nella fase del primo contatto, di saper ‘far abbassare le barriere’, ‘di saper buttarla sullo scherzo’.

Relativamente al secondo, ci si riferisce prevalentemente alla capacità di somministrare i contenuti specifici, quindi capacità di semplificazione, da utilizzare in alcuni casi, capacità di porre problemi e capacità dialettica, da utilizzare in altre situazioni, a seconda di come si evolve il rapporto.


 

Da sottolineare infine, la capacità di leadership, strettamente connessa all’acquisizione del rispetto e del consenso.

 

 

6.7. L’organizzazione del sito web

 

Infine, descriviamo qui di seguito lo strumento con cui avviene tutto il rapporto di Mentoring.

Relativamente al rapporto Mentor / Pupil via telematica abbiamo già approfondito precedentemente, quindi in questo paragrafo descriviamo semplicemente come funziona il sito.

Il sito web è l’esclusivo strumento attraverso cui si svolge il rapporto tra i mentore, i coordinatori, il comitato di controllo e i pupils.

Esistono degli spazi pubblici (il forum), degli spazi riservati ai soli Mentore e, infine, alcuni spazi di esclusivo accesso da parte dei coordinatori.

Ogni iscritto è visualizzato e descritto attraverso alcune informazioni: da un nome, da un Nick name e da un’animazione che consente di identificare se è in linea e che ruolo ha nel progetto.

Lo schema seguente ne descrive la grafica.

 

 

 

 

 

 

Fondatore

 

 

 

 

 

Moderatore

 

 

 

 

 

On line

 

Il sito è inoltre costituito da sezioni relative a:

·     Iscritti

·     Data base

·     File

·     Chat

·     Messaggi

 


 

Gli iscritti.

In questa sezione c’è l’elenco di tutti gli iscritti e i moderatori, il loro stato sul forum, se sono collegati, l’ID del gruppo, l’indirizzo e-mail.

Data base.

In questa sezione esistono tre tipi di data base (con campi accessibili in modo diverso a seconda del ruolo del progetto, da semplice iscritto a coordinatore):

·     Mentore

·     Pupils

·     Ruolini di volo ‘one on One’, che descrivono lo stato dell’arte delle coppie di Mentorship

File.

In questa sezione sono contenuti tutti i materiali necessari, oltre che la presentazione, la Mentorship, dal regolamento, alle schede di valutazione, dalle schede di iscrizione, ai vari materiali che servono per la socializzazione.

Chat e messaggi.

Queste due sezioni sono il cuore del sito e permettono in diversa maniera tutta la comunicazione a vari livelli tra i coordinatori, i mentore, i pupils, i moderatori e il comitato di controllo che è quello che ha il maggiore controllo su tutte le comunicazioni effettuate, tranne quelle private tra le ‘coppie in volo’.


 

7.    Il caso del CEREF, Centro Ricerca e Fomazione – Inserimento al lavoro dell’infermiere professionale e il processo di Mentoring

 

7.1. Il contesto dell’azione

 

Questo caso si presenta particolarmente interessante ed è una esperienza che potremmo definire da manuale dell’uso del Mentoring per l’inserimento professionale di un nuovo assunto nei confronti di un contesto lavorativo, guidato da una persona ‘esperta’ capace di orientarlo nelle scelte professionali, ma anche di favorire un processo di apprendimento pratico sia sui contenuti della professione, sia sul clima e sul lavoro di squadra.

Questa esperienza è caratterizzata dalla specificità della professione in cui è stata utilizzata, e cioè l’infermiere professionale, ma anche dal fatto di ben rappresentare ‘lo stato dell’arte’ relativamente alla conoscenza e alla sensibilità del pubblico nei confronti di questa metodologia. Lo si può vedere da come è nata l’esperienza, che si basa prevalentemente sulla professionalità, sullo spirito e sull’intraprendenza di una motivatissima dirigente della Pubblica Amministrazione e della Sanità, collaboratrice inoltre del Centro di Ricerca e Formazione CEREF.

Come appena detto, la delimitata esperienza nasce 4 anni fa dall’iniziativa personale della Dott. ssa Elena Bonamini (da noi intervistata), caposala di un ospedale della Provincia di Verona e collaboratrice del CEREF, oltretutto specializzanda all’epoca in una tesi in Psicologia del lavoro.

Questo progetto parte dalle esperienze della Sanità e dal contratto degli infermieri professionali, esperienze che vedono nell’affiancamento il classico strumento di inserimento professionale degli infermieri neo – assunti, presidiato da infermieri senior, che per periodi di 2 mesi circa si dedicavano a questa attività, con degli sprechi e diseconomie notevoli anche nella disponibilità al lavoro di questi.

Intravedendone tutti i limiti, cercando di razionalizzare sia i turni sia le risorse, si realizzò questo progetto, sotto il personale coordinamento della Dott.ssa Bonamici, eclusivamente delimitato al reparto e alle unità operative ad essa facenti capo.

 


 

Partendo dal modello descritto e proposto da Quaglino (1997), si cerca di conciliare le esigenze effettive di razionalizzazione delle risorse, ma anche delle effettive necessità di inserimento degli infermieri, mediamente non abituati a puntare sullo spirito di squadra e sulla capacità di lavorare insieme.

L’organizzazione del Progetto era molto semplice e così composta:

Un coordinatore, e le coppie formate.

Il coordinatore si occupava di fare la selezione dei mentor, fare le coppie, organizzare i turni di lavoro in modo tale da conciliare le esigenze didattiche con le esigenze di razionalizzazione delle risorse e delle unità operative a disposizione del reparto, seguire le coppie, ed controllare le eventuali controversie nate, valutare gli obiettivi ottenuti e sciogliere il rapporto una volta conseguito l’obiettivo finale.

Le coppie, una volta accostate, lavoravano insieme per tutti i turni di lavoro e, regolarmente, offrivano feedback verbali al coordinatore, che in alcuni casi si preoccupava anche di rivedere insieme con il Mentor, il programma di lavoro.

Relativamente alla pubblicizzazione del progetto all’interno dell’ospedale e degli altri reparti c’è solo da dire che tutti ne erano a conoscenza, senza peraltro esprimere pareri né positivi né negativi: era totale responsabilità della promotrice di questa iniziativa.

Nell’esperienza specifica si può parlare solo di informazione agli altri del progetto, ma non si è riscontrato una particolare formalizzazione del progetto: molto semplicemente, chi partecipava, aveva chiari gli obiettivi di lavoro comuni, condividendone l’utilità e l’efficacia, più volte riscontrata sia nel miglioramento delle performance lavorative dei nuovi assunti, sia nella motivazione dei Mentor, sia nel miglioramento dello spirito e nel clima di lavoro. Si sapeva che ‘i nuovi avevano un’anima gemella’.

 

 

7.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

 

Nell’esperienza specifica, si denota una particolare cura sia nella selezione dei Mentor, sia nella preparazione (anche se non si può parlare proprio di formazione) dello stesso  per affrontare il rapporto di Mentorship.

Questa preparazione è avvenuta tramite colloqui e lavori preliminari con il coordinatore, il quale, oltre a concordare gli obiettivi di lavoro, ne concordava anche le modalità di valutazione.

La seguente griglia descrive brevemente le caratteristiche che il Mentor doveva avere per essere selezionato e scelto, tra persone che dovevano essere assolutamente volontarie, condizio sine qua non, insieme alle competenze professionali elevate.


 

A differenza di altri casi, riportiamo solo le caratteristiche necessarie e utili del Mentor in base a come si è realizzato il progetto di Mentoring in questa specifica esperienza, che, come abbiamo accennato, è stata limitata a pochi anni.

 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

Conoscenza molto approfondita della professione dell’infermiere (curricula molto selezionati) e del settore sanità.

Conoscenza dei processi di apprendimento.

Conoscenza obiettivi del del neo assunto

Capacità di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi comunicativi, saper indirizzare e gestire le strade professionali scelte e quelle alternative)

Capacità di esporre in modo obiettivo i percorsi professionali potenziali.

Forte motivazione e spirito di corpo nei confronti dei ‘junior’.

Capacità di analisi del processo di Mentoring e delle risposte del neo assunto

Utili

Conoscenza dei settori limitrofi al proprio settore professionale

Conoscenza obiettivi del Programma di Mentoring e degli obiettivi che ci si prefigge

Capacità di ‘rispondere con calma’ e di gestire le aspettative del neo assunto.

Capacità di porgere i contenuti.

Senso di responsabilità nei confronti del neo assunto e del proprio lavoro.

Capacità maieutiche

Capacità didattiche, tecniche formative, capacità di feed back.

Capacità di leadership

Capacità di porsi in modo dialettico, conflittuale.

Auspicabili

 

 

 

 

Sulla base di questo programma di inserimento professionale dell’infermiere, e anche sulla base di quanto dichiarato dalla coordinatrice di questa esperienza, risulta chiaro che il Mentor deve avere essenzialmente due tipi di caratteristiche, una riconducibile come già detto al curriculum professionale elevato, insieme con le competenze tecniche, ma anche forti caratteristiche relazionali e comunicative, nonché doti di analisi  e psicologiche notevoli, cioè sostanzialmente competenze di tipo relazionale – psicologico.


 

In mancanza di una di queste due aree di competenze, se manca delle competenze relazionali diventa un coacher, se manca di quelle professionali diventa un supporto e un sostegno psicologico, “un confidente”.

Comunque, rimane il fatto quindi che il Mentor deve ‘essere un punto di riferimento, una persona e una figura esperta di riferimento…’

 

 

7.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

 

Nell’esperienza specifica, i destinatari dell’azione erano ben circoscritti e delineati, e cioè i nuovi assunti, che, comunque non necessariamente  avevano avuto esperienze specifiche della professione.

I criteri di abbinamento venivano svolti prevalentemente in base alle caratteristiche del neo assunto, in base alla sua esperienza professionale e di curriculum, oltre che naturalmente quelle relazionali. Ricorre inoltre la parola ‘buon senso’, nel criterio principe per abbinare una coppia.

Le fasi del rapporto, anche dal punto di vista organizzativo – logistico, erano, come già accenato in precedenza, in base ai turni.

All’inizio turni erano fatti ‘in modo sovranummerario, cioè il protetto era messo in turno con il Mentor solo per seguirlo, mentre le altre risorse del reparto erano organizzate in modo tale da coprire e presidiare tutte e esigenze del caso.

In seguito, il protetto è stato messo in turno attivamente tanto quanto le altre unità operative, ma sempre con la garanzia di avere un punto di riferimento, il Mentor appunto, nello stesso turno lavorativo.

Dal punto di vista del rapporto tra Mentor e pupil in questa esperienza dell’inserimento professionale si registrano effetti davvero positivi, sia da parte dei protetti, sia da parte dei Mentor.

Lo si evince anche dalle seguenti frasi riportate dai Mentor:

“Ponendoci un obiettivo condiviso, cercando un punto in comune attraverso il dialogo reciproco e costruttivo, verificando insieme le singole prove, contribuiamo e siamo espressione della nostra qualità professionale. Lo stimolo ed il processo di miglioramento è stato sicuramente reciproco tanto che posso definire l'inserimento di M. un'esperienza positiva e gratificante…è si molto importante essere consapevoli dei propri limiti, ma è altrettanto importante raccogliere le sfide proficue per essere al passo con i nostri tempi" [Nadia, Bussolengo (VR), 1988].


 

"L'affiancamento e l'inserimento di una nuova infermiera è stato per me motivo di una maggiore presa di coscienza del mio ruolo, ha aumentato la mia capacità di osservazione, la mia flessibilità, ha rinforzato la mia autostima ed il senso di responsabilità" [Federica, Bussolengo (VR), 1988].

Addirittura, in alcuni casi l’affidare un protetto ad un Mentor ha portato, come dice anche la stessa Bonamini, più beneficio al Mentor che al protetto, incidendo positivamente non solo sulla sua motivazione, ma anche sui contenuti specifici della professione, obbligando in taluni casi a ‘stare al passo con i tempi’.

Un utile strumento anche per la valorizzazione delle risorse umane, già presenti nell’ospedale…’una persona che ti fa delle domande ti obbliga a metterti in discussione’.

Infine, dall’esperienza specifica si tira fuori un fattore di criticità e degli utili consigli pratici per realizzare dei progetti di Mentoring.

‘Essendo il processo molto impegnativo dal punto di vista del Mentor, un fattore di criticità si presenta allorquando si susseguono troppi processi di accompagnamento…non si può affidare di seguito troppe mentorship, perché si denota un calo di motivazione…’.

 

 

 

7.4. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

Nel caso specifico, la responsabile di questa esperienza ‘ha denotato una sostanziale indifferenza da parte del resto dell’ospedale’, è rimasta un’esperienza circoscritta’.

‘Considerato che anche nel contratto della sanità è previsto che gli infermieri professionali presidino l’inserimento delle nuove leve, e considerato che si denota un calo di motivazione da parte dei nuovi assunti in seguito all’assunzione e in seguito all’impatto con la realtà, si dovrebbe prestare più attenzione a questa metodologia che nel caso si è rivelata davvero efficace’.

 


 

8.Il caso Sodalitas – Assolombarda

 

8.1. Il contesto dell’azione

 

Sodalitas è una società di consulenza nel Terzo  Settore e nasce nel 1995 per iniziativa di un gruppo di consulenti volontari e con il sostegno di Assolombarda e di molte imprese nel mondo dell’industria, dei servizi, del credito e della finanza su tutto il territorio nazionale.

Il core business di Sodalitas consiste principalmente nell’aiutare le organizzazioni no profit con interventi di consulenza volontaria e gratuita (grazie al finanziamento di numerose imprese) in più svariati campi della consulenza, tra cui:

1         Amministrazione finanza e controllo

2       Gestione: organizzazione, risorse umane, formazione qualità, sistemi informativi, sistemi di produzione

3       Check – up organizzativi e gestionali

4       Comunicazione e Marketing: piani di comunicazione, marketing sociale

5       Fundraising: strategie e segnalazione di progetti alle imprese per finanziamenti

6       Strategie, business plan, project managment

7       Avviamento di nuove iniziative

 

Inoltre ha realizzato alcune iniziative di carattere generale per la crescita del settore no profit, come:

1         Carta della donazione

2       Socialwebs, il canale web della solidarietà realizzato con Jumpy

3       Osservatorio sul Marketing sociale

4       Osservatorio sulle risorse umane nel no profit

5       La Qualità nel sociale

 

Nell’ambito di tali attività, Sodalitas ha partecipato a molti progetti in cui sono state realizzate numerose iniziative e percorsi di accompagnamento e di coaching organizzativo, nell’ambito delle quali ha utilizzato la metodologia del Mentoring.

Si deve sottolineare che Sodalitas non ha una struttura interna di Mentoring, o un programma che è costantemente attivo e al servizio dei destinatari, ma realizza interventi con tale metodologia ad hoc, personalizzati e studiati a seconda delle esigenze specifiche del frangente e dei destinatari.


 

Come si può desumere da quanto appena detto, la metodologia del Mentoring, nelle esperienze realizzate da questa società, è stata utilizzata per diverse tipologie di destinatari, e per obiettivi estremamente diversificati.

Infatti, essendo i campi di intervento inerenti prevalentemente alle realtà organizzativa di organizzazioni no profit, si può affermare che il Mentoring “è utilizzato allorquando gli interventi di consulenza stretta non sono sufficienti, ed è necessario attivare percorsi di orientamento e di formazione / auto-formazione su specifiche issues degli interventi di consulenza organizzativa, assolutamente concordati e formalizzati con l’organizzazione in cui ci si trova ad operare”. Le situazioni organizzative in cui Sodalitas si trova ad operare sono davvero diversificate, di ogni dimensione e ogni caratteristica, “si passa infatti a trovarci a che fare con situazioni estremamente organizzate e più vicine a realtà aziendali strutturate come Telethon, l’Associazione per la ricerca sul cancro, Lega del Filodoro, ad organizzazioni piccolissime, che agiscono solo ed esclusivamente sul territorio, che si avvale esclusivamente di collaborazioni volontarie, che non ha la minima idea di cosa significa avere dei processi gestionali, processi decisionali, etc, etc”

“Specialmente quando ci si trova a che fare con realtà che non hanno un’interfaccia in grado di dare seguito all’intervento di consulenza, “ci si deve rimboccare le maniche e si deve lavorare tu con lui…in questi casi è utile attivare processi di Mentoring, che possono essere formali quando viene definito/contrattato con il cliente utente, che possono essere informali …”.

Da quanto detto sopra, si desume che l’approccio di Sodalitas al Mentoring si lega a due versanti tematici e destinatari: le organizzazioni e le persone.

Relativamente al primo punto, vengono strutturati e formalizzati (“conditio sine qua non”) programmi di Mentoring, che sono un’appendice o uno strumento aggiuntivo ad interventi più classicamente riconducibili al coaching organizzativo, laddove però si debbano attivare percorsi di sostegno ‘one o one’, inseribili inoltre in programmi e in processi di apprendimento organizzativo. In questi programmi cioè, il Mentor prestato da Sodalitas è un consulente esperto che ha un rapporto con un protetto all’interno di una organizzazione no profit, in cui si sta realizzando un intervento di consulenza/formazione/affiancamento tout court. In questi casi il rapporto varia moltissimo e seconda degli obiettivi definiti, ma “c’è da dire che mediamente il rapporto si configura come una serie di incontri, di media una decina, che sono anche spesso e volentieri supportati da incontri di gruppo con le altre coppie”.

Relativamente al secondo punto, nelle esperienze realizzate da Sodaliltas possono essere appunto persone di organizzazioni o, altrimenti, “ragazzi di Scuole, come in molti progetti realizzati con il Comune di Milano, che miravano a sostenere lo sviluppo di studio ai fini di inserimento lavorativo di studenti ‘drop out’”.


 

Il mentoring viene utilizzato inoltre in percorsi di professionalizzazione di studenti appena laureati o usciti anche da Scuole Secondarie Superiori, ai fini di tradurre le conoscenze specifiche e il contenuto della professione in ‘saper fare’, è un servizio che è ‘a servizio’ del processo di apprendimento’.

In ogni caso, a detta delle persone intervistate, per Sodalitas il Mentoring deve avere e di fatto ha una costante, e cioè rimane uno strumento di ‘orientamento forte’, allo scopo di rendere consapevole delle proprie competenze l’utente e di orientarlo nella progettazione e nall’autoprogettazione dei propri percorsi sia di apprendimento sia si sviluppo.

 

 

8.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

 

Obiettivi e scopi sono strettamente collegati ai destinatari, e ad essi si modellano e si adattano.

Il concetto e l’applicazione del Mentoring nel caso di Sodalitas, a partire dal fatto che è uno strumento che viene utilizzato di fatto per diverse situazioni e diversi obiettivi, si rifà ad un modello che in realtà è un ibrido tra tutoring  e coaching.

Le costanti che diversificano questi approcci sono tutte da rilevare nella visione della figura del Mentor, e del rapporto instaurato.

Quest’ultimo punto si approfondisce nel paragrafo successivo, mentre adesso si affrontano le tematiche interenti alla figura del Mentor.

Come si può vedere anche dalla tavola qui di seguito, le competenze del Mentor sono da ricondursi in primis alle competenze tecniche professionali.

Il Mentor è di fatto un esperto della materia in cui deve orientare, e, anche se anagraficamente giovane, il suo curriculum professionale deve essere selezionato e ampiamente al di sopra di quello del ‘protetto’.

Infatti, nel Mentoring vengono ‘allenate delle competenze che il destinatario dell’azione non ha o no sa di avere’. Da qui infatti deriva tutto l’altro bagaglio di competenze che deve avere, e cioè quelle relative agli aspetti comunicativi e ‘maieutici’ che servono a sostenere con efficacia e con consapevolezza il ‘terreno che si va a coltivare’.

 


 

A differenza di altri casi, non riportiamo le caratteristiche auspicabili, perché, le esperienze di Sodalitas sono ormai consolidate e, di fatto, le competenze ‘standard’ della figura del Mentor nella specifica esperienza sono essenzialmente quelle riportate in tabella

 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

Conoscenza molto approfondita della professione (curricula molto selezionati) e del Terzo Settore.

Conoscenza obiettivi specifici dell’azione.

Conoscenza delle aziende

Gestire comunicazione

Sapere indirizzare nei percorsi di apprendimento e nelle scelte.

Saper individuare percorsi alternativi.

Saper gestire specialismi

 

Forte motivazione.

Capacità di esporre in modo obiettivo i percorsi individuati e in modo chiaro e esaustivo.

Forte motivazione nei confronti della Associazione per cui si fa volontariato

Forte spirito volontaristico

Utili

Conoscenza dei settori limitrofi al proprio settore professionale

Conoscenza obiettivi del Programma di Mentoring e degli obiettivi che ci si prefigge con  l’Associazione di riferimento

Conoscenza settore del sociale e del Terzo Settore

Capacità di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi comunicativi)

Senso di responsabilità nei confronti del destinatario dell’azione e del proprio lavoro

Capacità di leadership Capacità maieutiche

Capacità didattiche, tecniche formative, capacità di feed back.

 

Auspicabili

 

 

 

 

Come si può osservare, tutte le competenze di cui sopra sono riconducibili al saper gestire il rapporto di Mentorship, e cioè di competenze sociali, comunicative e di educatore. Inoltre, ovviamente, appartengono a tutta quella area di competenze specifiche della professione, in cui devono eccellere.


 

Inutile dire che per Sodalitas la figura del Mentor deve essere del tutto volontaria e gratuita: infatti questa società si avvale di consulenti volontari che provengono da esperienze lavorative di multinazionali, con una forte caratterizzazione di competenze manageriali, che spesso, in mancanza di percorsi formativi ad hoc, mal si sposano in contesti ‘spesso e volentieri disorganizzati come quelli delle aziende no profit’.

Nelle esperienze di Sodalitas, infatti, sono previsti su questi aspetti percorsi formativi mirati ai consulenti e ai Mentor, per rafforzare tutti quelli aspetti relativi alla conoscenza del ‘Terzo Settore’, ma anche conoscenza delle dinamiche e della gestione del rapporto con il protetto.

 

 

8.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

 

I destinatari, nel caso delle esperienze di Sodalitas, come si è visto, sono estremamente diversificati.

Come si diceva precedentemente, un’altra costante che diversifica il Mentoring dal tutoring e dal coaching è nel rapporto che si instaura tra Mentor  e protetto: il rapporto deve configurarsi come uno ad uno  e il Mentor è una figura esperta che non ‘addestra, ma guida sia nei contenuti, sia nelle scelte personali e professionali, un vero e proprio punto di riferimento’.

Conseguentemente, i destinatari del Mentoring si caratterizzano per essere ‘meno esperti’ e ‘meno consapevoli’.

Infatti le esperienze di mentoring realizzate da questa società vanno dai ragazzi che rientrano nel fenomeno drop out delle Scuole Medie Superiori,in un progetto realizzato e finanziato in collaborazione con il Comune di Milano, a diverse tipologie di destinatari che comunque sono caratterizzati dal fatto di essere meno esperti nell’ambito specifico di intervento.

I criteri di abbinamento sono prevalentemente di tipo professionale e vanno per competenze professionali. Le eventuali controversie che si instaurano nella coppia sono comunque demandate alla ‘cabina di pilotaggio’ che è costituita dall’interfaccia interna dell’organizzazione e dall’interfaccia di Sodalitas che segue il progetto specifico, come si approfondisce in seguito.

Infatti, nell’opinione del consulente di Sodalitas intervistato, quando si prevedono interventi di Mentoring ci sono delle fasi che devono assolutamente essere definite e formalizzate.


 

Innanzi tutto, l’organizzazione in cui si va a operare, deve ‘sigillare il patto’ e deve aver chiari gli obiettivi dell’intervento, che devono essere mirati e specifici.

Una volta fatto questo, deve essere formalizzata all’interno e tutti devono essere a conoscenza del programma. Infatti, questo fondamentale accorgimento mira a evitare alcuni effetti perversi, tra cui il più comune è il rischio di rifiuto da parte di soggetti interni nei confronti dei soggetti esterni ‘che non hanno da insegnare niente a noi che facciamo questo lavoro in modo del tutto volontario’.

In seguito, una volta formalizzato, deve esserci un’interfaccia interna all’organizzazione che, insieme con un’interfaccia di Sodalitas, contribuisca a dirimere le eventuali questioni che insorgono durante il rapporto delle ‘coppie’ e che contribuiscano, magari anche con sessioni di lavoro di gruppo, a razionalizzare il lavoro fatto e incanalarlo in una precisa strategia perseguita dell’organizzazione stessa.

Inoltre, questo chiamiamolo ‘comitato di coordinamento’, ‘cabina di pilotaggio’ deve coadiuvare alla valutazione del percorso svolto e in itinere, con particolare attenzione agli obiettivi e agli step programmati dalle singole coppie, anche per dare visibilità e per favorire un processo di comunicazione interna dei percorsi di ‘apprendimento organizzativo’ svolti.

Questo ultimo aspetto è strettamente connesso (viene usato come rimedio a) e introduce uno dei punti di criticità che ci sono nel rapporto, e cioè il fatto che a volte, essendo l’azione del Mentor assolutamente volontaria, non venga percepita come utile: ‘È gratuita, quindi non vale niente’.

Questo aspetto è a sua volta strettamente collegato ad un altro punto di criticità, e cioè il rischio del rifiuto da parte del pupil nei confronti del Mentor, perché percepito come ‘quello che ti insegna a vivere, quello che ti spiega come gira il mondo’.

Si può ben comprendere come questo punto di criticità è legato al contesto in cui Sodalitas opera, fortemente caratterizzato dallo spirito volontaristico dei soggetti / soci di enti no profit, che dell’improvvisazione nel lavoro, della gestione dell’emergenza e del ‘comunque ce la caviamo’, ne fanno anche un punto di onore. ‘Si capisce infatti come l’azione del tutto spontanea e destrutturata di queste cooperative sociali, specialmente di piccole dimensioni, mal si sposano con un Mentor che deve affiancare ‘un protetto’ nel organizzare la gestione della propria cooperativa'.

Un altro punto di criticità è da ricondursi all’aspetto totalmente contrario a quello appena descritto, e cioè il rischio che il ‘Mentor ’venga preso come l’oracolo del Sud, che risolve tutti i problemi’.

Tutti questi punti ovviamente sono da scongiurare con una preparazione ed una formazione ad hoc per il Mentor, di cui abbiamo ampiamente parlato nel paragrafo precedente.


 

 

8.4. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

Infine, su questo punto non c’è molto da dire, vista la particolarità del lavoro di Sodalitas.

Infatti, come abbiamo ricordato più volte, Sodalitas è finanziata da una grande rete di aziende espressa da Assolombarda, che investono parte del loro profitto per permettere di fargli realizzare interventi nell’ambito del Terzo Settore.

Quindi, il grado di attenzione da parte del pubblico e del privato, nel caso citato, è particolarmente alto nei confronti del lavoro di Sodalitas, non tanto nei confronti della Metodologia del Mentoring e delle potenzialità che da essa derivano.

È chiaro poi che, se è apprezzato il lavoro di Sodalitas, è conseguentemente apprezzato il suo know how e le sue metodologie, tra cui, anche il Mentoring.

Nonostante ciò, c’è da segnalare una esplicita consapevolezza e sensibilità nei confronti di questa metodologia da parte del Comune di Milano, che da tre anni finanzia a Sodalitas delle esperienze di Mentoring ai fini di professionalizzare ragazzi in uscita dai canonici percorsi di studio.

 

 


 

9.    Il caso Coca Cola Foods

 

9.1. Il contesto dell’azione

 

Come già accennato precedentemente, questo caso non scaturisce direttamente da una vera e propria intervista in profondità.

Dopo alcuni contatti, la direzione e i responsabili della gestione e dello sviluppo delle risorse umane della sede italiana della Coca Cola Foods, ci hanno rimandato alla letteratura e a quanto scritto nelle riviste specializzate sulle specifiche esperienze di questa azienda relativamente alla tematica oggetto di studio.

Ci è sembrato comunque opportuno inserire questo caso in un lavoro come questo che decrive le esperienze di Mentoring in  Italia nell’ambito aziendale e professionale, di cui appunto la Coca Cola Foods, anche quella italiana, resta un esempio da manuale e uno dei precursori nell’uso di questa metodologia di lavoro nell’ambito dell’inserimento di neo assunti in realtà organizzative strutturate.

A tal proposito infatti, a nostra conoscenza, le esperienze di Mentoring fatte nella sede italiana della Coca Cola Foods mantengono le caratteristiche specifiche del modello della casa madre.

 

Innanzi tutto c’è da dire che il Mentoring è uno degli strumenti principali, insieme al coaching, della politica di sviluppo delle risorse umane della Coca Cola, la quale punta molto sulla ‘risorsa umana come fattore competitivo per ottenere il successo’.

Nell’approccio ‘Coca Cola Foods’, viene distinto il Mentorng dal coaching essenzialmente per gli aspetti descritti qui di seguito.

Il coaching è un’interazione il cui obiettivo e migliorare le performance lavorative, mentre l’obiettivo primario del Mentoring è quello di instaurare una relazione, aspetto che è del tutto trascurabile nel primo. Inoltre, i programmi e le azioni di questo sono per la Coca Cola del tutto informali, mentre per quelli di Mentoring devono essere estremamente formalizzati all’interno della realtà organizzativa, elemento, tra l’altro, essenziale al buon esito del programma, anche a causa delle risorse coinvolte all’interno dell’azienda.


 

I programmi di Mentoring si basano sulla creazione di una relazione estremamente formalizzata tra due persone, solitamente di diversi settori dell’azienda  e di diversi status professionali.

Gli obiettivi del rapporto sono quelli di aiuto al ‘mentee’ al fine di far comprendere la realtà organizzativa e acquisire sicurezza a autoconsapevolezza sul ruolo che esso deve svolgere. Inoltre, al fine di avere un accompagnamento sulla cultura aziendale e come le cose devono essere fatte.

Il processo, come si accennava prima è altamente formalizzato, e prevede precisi step all’interno del rapporto, così come si descrive nel paragrafo 9.3.

 

 

9.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

 

Il Mentor, nella esperienza della Coca Cola Food italiana, è qualcuno che solitamente è un esperto ‘ai massimi livelli’ nell’organizzazione, una persona che ‘sa bene chi è, cosa fa, e come le cose devono essere fatte’.

Deve inoltre essere autorevole, una persona di successo, che incarni lo spirito aziendale, ma anche una persona che sia capace ‘di rispondere alle domande, capace di ascoltare, capace di offrire soluzioni, consigli e incanalare il ‘mentee’ in una prospettiva di carriera interna’.

Il Mentor deve essere selezionato prima di tutto su base volontaria. Infatti nel processo di ‘abbinamento delle coppie’, questo è un requisito fondamentale, in mancanza del quale l’intero programma può fallire o avere serie complicazioni.

Le caratteristiche del Mentor quindi si evincono facilmente da quanto detto sopra e si riportano nella seguente scheda.

Sono riportate qui di seguito solo le caratteristiche siamo riusciti a ricostruire sulla base della ricerca documentale e sulla base di quello che, di fatto, è l’esperienza della Coca Cola Foods.

 


 

    Caratteristiche

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

Necessarie

 

Conoscenza molto approfondita della professione (curricula molto selezionati).

Conoscenza molto approfondita della realtà aziendale e del conteso organizzativo.

Conoscenza obiettivi specifici dell’azione e del Programma di Mentoring

 

Saper gestire comunicazione

Sapere indirizzare nei percorsi di apprendimento e nelle scelte.

Saper individuare percorsi alternativi.

Saper dare consigli

Forte motivazione.

Capacità di esporre in modo obiettivo i percorsi individuati

Forte motivazione nei confronti della azienda

Senso di responsabilità nei confronti del destinatario e del proprio lavoro

Capacità di leadership

Capacità didattiche

Utili

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

 

Come si vede, le competenze del Mentor sono riconducibili a due grandi aree, e cioè quelle tecnico-professionali, ma anche e altrettanto importanti, quelle orientate alla relazione, caratteristica che caratterizza proprio questa figura, in base alle capacità di sapersi porre come esempio e di saper gestire il rapporto con il Mentee.

Nel caso specifico, questo aspetto viene rafforzato attraverso dei confronti con il ‘committente’ (e cioè una divisione o un reparto dell’azienda) e con il coordinatore del progetto, attraverso anche una specifica azione di orientamento.

 

 

9.3.  I destinatari dell’azione di Mentoring

 

I destinatari, ovvero i ‘Mentee’, sono individuati in base ai fabbisogni formativi degli stessi, necessari per lavorare nella specifica divisione che ‘commissiona’ il programma di Mentoring, che solitamente è un Manager responsabile di una divisione specifica o quant’altro.

I ‘mentee’ devono essere pronti a sostenere un rapporto in cui l’unica cosa di cui sono sicuri è quella di non sapere, così che il porre questioni, chiedere consigli e fare domande è più facile che in un contesto di coaching, in cui si è subito valutati secondo le performance e il relativo miglioramento.

 


 

Il Mentoring, così come dalle esperienze realizzate e strutturate nell’azienda in questione, facilita in questo senso la libertà di domandare, la libertà di avere un punto di riferimento, senza necessariamente essere sottoposti a critiche e a valutazioni frettolose e immediate.

Nel caso ivi studiato, il rapporto Mentor / Mentee e il programma di Mentoring aziendale è scandito da step ben precisi, ognuno dei quali ha strumenti, obiettivi e output precisi.

Gli step individuati dalla letteratura specifica sul caso Coca Cola Food sono i seguenti:

 

1.       Identificazione dei ‘mentee’ all’interno dell’azienda

2.     Identificazione dei bisogni di sviluppo del gruppo dei ‘mentee’

3.     Identificazione dei potenziali ‘mentor’

4.     Abbinamento delle coppie

5.     Orientamento delle coppie

6.     Definizione del patto o del contratto

7.     Incontri periodici

8.     Rapporti di valutazione periodici

9.     Conclusione dei rapporti

10.  Valutazione e follow-up

 

Relativamente al primo e al secondo punto, abbiamo già detto che per realizzare un programma di Mentoring, nella Coca Cola Food si realizza una fase di ricognizione dei bisogni formativi e di sviluppo di un gruppo di ‘mentee’, in base a diverse variabili, e cioè i livelli professionali, il trattamento di impiego, etc. Inoltre, per ogni persona deve essere preparato un piano di sviluppo professionale, in base anche alle sue stesse aspettative.

Per quanto riguarda i punti e 4, i Mentor vengono selezionati e individuati in primis su base volontaria e abbinati ai relativi ‘mentee’ in base alle competenze professionali, ma anche a quelle più spiccatamente relazionali.

In seguito, le coppie così formate vengono orientate nel percorso e viene definito formalmente un percorso di lavoro con step, obiettivi e strumenti ben precisi, fino a formalizzare un ‘contratto di lavoro’, in cui il mentor si assume la responsabilità del ‘mentee’, e quest’ultimo si impegna a seguire il piano di sviluppo definito con il proprio diretto responsabile.

I rapporti vengono scanditi nelle modalità e nei tempi necessari ai contenuti specifici del rapporto, oltre che costantemente monitorati anche grazie a periodici rapporti che vengono consegnati al responsabile del programma di Mentoring, il quale provvede anche a reimpostare le modalità di lavoro in itinere.


 

Infine, il rapporto di Mentorship si può estinguere in diversi modi, il primo fra tutti quando anche una delle due parti in causa non ritiene più utile il proseguio, perché semplicemente si sono raggiunti gli obiettivi di sviluppo prefissati.

 

Infine, si segnalano dei consigli pratici per realizzare un programma di Mentoring, prestando attenzione alla ‘condizio sine qua non’, ma anche ai punti di debolezza segnalati nelle esperienze realizzate all’interno della Coca Cola Food.

Innanzi tutto, la partecipazione ad un programma di Mentoring deve essere assolutamente volontaria da parte di tutte le parti in causa.

Inoltre, il committente del programma deve di finire chiaramente gli obiettivi di sviluppo professionale, il piano professionale, e le procedure di controllo e di valutazione in itinere ed ex post in base alle quali il rapporto di Mentorship si deve articolare.

 

Infine, i punti di criticità nelle pratiche di mentoring riscontrati nel caso Coca Cola Food, si riconducono prevalentemente a due ordini di fattori: uno di tipo organizzativo, uno di tipo relazionale.

Il primo aspetto lo si rileva quando il Mentor diventa una figura la cui autorità scavalca la diretta responsabilità del dirigente o del boss di riferimento del ‘mentee’, oppure, conseguentemente, che si instauri un rapporto tra i due di tipo competitivo.

Il secondo, di ordine relazionale, è quello dovuto alla forte personalità del mentor, che rischia talvolta di orientare il ‘mentee’ in percorsi non strettamente concordatati o dal programma o particolarmente corrispondenti alle caratteristiche e alle aspettative professionali dello stesso. Questo si deve prevalentemente al tipo di rapporto che si instaura e che, talvolta, può eccedere in ‘dipendenza’.

 

 

 


 

10. Il caso ELEA – Il servizio di Mentoring per

     l’e-learning

 

 

10.1. Il contesto dell’azione

 

Il caso Elea è del tutto unico nel suo genere.

Elea è una società di emanazione del gruppo De Agostini di pluriennale esperienza nell’ambito della formazione manageriale, rielaborazione di modelli organizzativi e di empowerment professionale.

La rete dei clienti e le partnership attivate da Elea sono davvero numerose, basti pensare alla stessa De Agostini, oltre che Coop Italia, Enel, Formez, Getronics, ITS, Poste Italiane, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tanto per citarne alcuni tra privati e pubbliche amministrazioni.

Elea è suddivisa in quattro grandi divisioni:

1         ICT (Tec Lab), cioè la formazione tradizionale in aula

2       Progetti, Knowledge integration

3       Progetti finanziati

4       E-learning, che è trasversale a tutte le divisioni di cui sopra

In tutti gli interventi di formazione di Elea sono presenti attività di e-learning

Infatti, questa società sta puntando molto sull’e-learning, vero e proprio core business della Società.

All’interno della divisione e-learning, Elea è suddivisa in varie funzioni, tra cui quella dei servizi di supporto all’apprendimento. I servizi sono a loro volta suddivisi e riconducibili a delle specifiche figure professionali, è cioè il Mentoring, il tutoring, il learning advisor, la rete di docenti a distanza, lo sviluppo tecnico e, infine, lo sviluppo dell’offerta.

All’interno di questi, il Mentoring è uno dei servizi di punta, che viene offerto a scatola chiusa come servizio accessorio dei corsi che vengono erogati esclusivamente on line e comprati ‘on demand’ dal cliente di turno, al quale, a sua volta è stato progettato e personalizzato il percorso formativo e-learning tarato sui suoi reali fabbisogni formativi.

Come abbiamo appena accennato, il Mentoring, e il relativo ‘modello Elea’ assume caratteristiche proprie e assolutamente adeguate al servizio stesso e alla piattaforma attraverso la quale viene erogata la formazione.


La metodologia del servizio di Mentoring è stata importata dal mondo anglosassone, in particolare dal Canada dalla Società Smart Force (Skill Soft), leader mondiale nel settore e-learning. In seguito è stata adattata alla realtà italiana.

Il servizio di Mentoring nasce da un grande investimento nell’e-learning, ma soprattutto dal fatto che Elea è da sempre una società che fa della formazione (del know how) il suo business che, in seguito alla partnership instaurata con  Skill Soft, ha importato anche le metodologie innovativa di lavoro, tra cui anche quella del Mentoring.

 

Con specifico riferimento al modello Elea, il Mentoring viene inteso ‘come quella scatola del servizio così come è, customizzato su tutti i contenuti dei pacchetti formativi offerti da Elea e venduto come servizio al processo di apprendimento e come orientamento al percorso formativo’.

Il servizio di Mentoring di Elea è organizzato in modo molto particolare ed è un connubio (ben riuscito ed estremamente efficace) tra organizzazione del rapporto di risposta sui contenuti formativi sui quali si opera un orientamento / sostegno all’apprendimento  --  utilizzando esclusivamente i mezzi telematici  --  e l’organizzazione di un vero e proprio servizio come può essere un call center.

Descriviamo con un esempio l’organizzazione del servizio.

Si può accedere al servizio 12 ore al giorno e un cliente, che vuole essere seguito, porre domande sui contenuti del corso che ha acquistato, entra in Chat ed esprime la sua richiesta. Siccome il servizio è presidiato costantemente da 2 Mentor (4 in alcune fasce orarie), la domanda di fatto è posta in rapporto non ad uno ma ad un gruppo di Mentor. In questo momento, di fatto il rapporto potenzialmente è di una persona ad un gruppo di Mentor.

Nel momento in cui un utente entra in chat esprimendo la sua richiesta, solo uno e un solo Mentor risponde, attivando quindi il rapporto uno ad uno caratteristico di questa metodologia. Poi il rapporto si svolge attraverso questo strumento e viene avviato a conclusione fino all’esaurimento del quesito o della difficoltà di apprendimento.

Una volta esaurito, niente vieta di utilizzare altri strumenti di comunicazione, come quelli che vedremo, per fare degli approfondimenti sui contenuti o quant’altro, o riprendere il rapporto su altri contenuti del corso.


Il ‘cliente/utente’ del servizio esce dal rapporto di Mentoring, o meglio, cessa di utilizzarlo, quando il percorso formativo è terminato.

Il livello del servizio di Mentoring è organizzato per orari.

Il servizio si avvale di 4 strumenti principali, di cui uno sincrono e 3 a-sincroni: la chat, la mail, le daily mail, la moderazione dei forum.

Rimandiamo al paragrafo 10.3 per l’approfondimento dell’influenza di questi strumenti nel rapporto cliente / Mentor e, attraverso questi, sulla gestione della comunicazione.

Il servizio è applicato su tutta l’offerta formativa di Elea e-learning, che è molto specializzata in tutto il campo dell’Information Technology, anche se è in programma di estenderlo ad altri campi contenutistici, molto dipenderà dalla richiesta del mercato anche relativamente ai servizi di supporto.

 

 

10.2. Definizione della figura del ‘Mentor’

 

È chiaro che, da quanto detto, e anche quanto si dirà nel par. 10.3., la figura del Mentor è strettamente connessa al modello di Mentoring di Elea, che è una metodologia di orientamento ai percorsi formativi, ma ha anche forti specificità di un servizio.

È importante sottolineare che la figura del Mentor – Elea è fortemente caratterizzata e strutturata sulle specificità del servizio, che è offerto ‘chiavi in mano’, insieme con i pacchetti formativi, ed è caratterizzato esclusivamente da un tipo di rapporto on line, mai faccia a faccia.

Qui di seguito riportiamo le caratteristiche che deve aver un Mentor per Elea. Riportiamo solo quelle necessarie, quelle cioè su cui si realizzano i percorsi di formazione specifica ad hoc per questa figura all’interno di questa esperienza.

 


 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

Conoscenza molto approfondita dei contenuti  dei corsi Elea

Gestire comunicazione.

Capacità di comunicazione attraverso internet (capacità di gestire gli strumenti telematici, capacità di gestire la ‘lan etiquette’, capacità di gestire tutti i tipi di messaggi codificati per la gestione del rapporto in internet).

Sapere indirizzare nel percorso formativo

Capacità di utilizzare le immagini e la multimedialità a fini didattici.

Capacità didattiche, tecniche e formative

Capacità di feed back

Capacità di esporre in modo obiettivo e sintetico chiaro e esaustivo le risposte.

Capacità di apprendere e di auto-apprendimento

Utili

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

 

Come si vede però, anche nel caso Elea, a prescindere dal modello di Mentoring sul quale la stessa figura è stata modellata, il Mentor è un esperto di contenuti e un esperto di comunicazione delle nuove tecnologie, oltre che un esperto della ‘gestione del rapporto’ di mentorship via telematica.

Si comprenderà meglio dal capitolo successivo, come il Mentor gestisce la comunicazione via telematica e come si sviluppa tutto il rapporto Mentor / cliente

 


 

10.3. I destinatari dell’azione di Mentoring

 

Come si evince da quanto detto fino ad ora, il destinatario dell’azione di Mentoring è un cliente, un allievo al quale viene offerto un servizio di sostegno e di orientamento esclusivamente al percorso formativo.

Questo chiaramente delimita e specializza molto il campo di azione della figura del Mentor e ovviamente anche il tipo di rapporto che si instaura.

Il tipo di rapporto tra utente e Mentor è direttamente collegato al modello e all’approccio di Mentoring proposto da Elea e-learning.

Il modello che ne viene fuori non può essere ricondotto solamente all’organizzazione di un servizio on line (con strumenti anche a sincroni) di orientamento / sostegno al percorso formativo, ma si connota anche per avere delle particolari attenzioni nella gestione del rapporto via telematica, che sono proprie del Mentoring.

Nello schema seguente riassumiamo graficamente gli step che caratterizzano il rapporto di Mentoring nel modello proposto da Elea.

Possiamo dire che è sì un servizio  --  con la relativa organizzazione e razionalizzazione delle risorse  --, ma anche una metodologia di apprendimento, o meglio, di orientamento al percorso formativo, che è precisamente e attentamente curata e codificata, sia negli strumenti di comunicazione utilizzati (diversi per funzioni e utilità diverse), sia nel linguaggio, molto attento alle dinamiche relazionali ma anche formative.

Vediamone gli step.


 

 

I step.

Il primo è la richiesta di aiuto da parte dell’utente: in questo momento viene attivato il rapporto, che, anche se l’utente non lo sa perché gli verrà risposto solo da uno, è un rapporto uno a gruppo di Mentor, che lavora in team. In questo momento,il rapporto chiede di essere attivato sia sulla relazione, sia sul contenuto specifico del percorso formativo.

 


II step.

Il secondo passo è l’attivazione della relazione e del contatto, che, come abbiamo appena accennato, è instaurato da un Mentor, che, inizialmente attiva l’azione sul piano prevalentemente relazionale con tipologie di risposte codificate e sempre caratterizzate da quella che viene solitamente chiamata ‘lan etiquette’. Il rapporto in questo momento è di uno ad uno ed è all’inizio specialmente di tipo esclusivamente relazionale.

 

III step.

Poi, viene attivato il processo vero e proprio di Mentoring, orientato sia ai contenuti del percorso formativo, sia alla relazione.

Come si vede anche dalla figura sopra riportata, c’è una specifica che ora veniamo subito a chiarire. Tendenzialmente le risposte sui contenuti sono soddisfatte da un singolo Mentor, ma può capitare che tutto il gruppo di Mentor possa lavorare in ‘back office’ per arrivare alla risposta sul contenuto richiesta. Il rapporto, la relazione vengono però mantenute dallo stesso Mentor. Quindi l’orientamento alla relazione è mantenuto da un tipo di rapporto uno ad uno, ma il ‘know how’ è offerto dalla squadra.

 

IV step.

In seguito, il rapporto si estingue una volta che è soddisfatta la domanda sul contenuto specifico del corso, fino al completo esaurimento del percorso formativo.

 

Gli strumenti e linguaggio, insieme al tipo di risposta offerto, sono ovviamente strumentali al perseguimento dell’obiettivo formativo finale.

Relativamente agli strumenti, abbiamo già accennato prima che sono molteplici.

La chat è uno strumento sincrono e ha degli orari bene precisi (ore 9-21, tutti i giorni dal lunedì al venerdì e il sabato ore 9-19). Le risposte sono immediate, e il gruppo dei Mentor (costantemente in linea) risponde alla domande fatte in chat, che normalmente sono di medio-basso livello dei contenuti.

Il feed back è immediato. Nel caso ci sia una risposta che il singolo Mentor non è in grado di dare, l’intero gruppo dei Mentor si attiva e lavora in gruppo per andare a verificare le risposte adeguate. Intanto la relazione viene mantenuta in chat.

È comprensibile che comunque anche il tipo di risposta sui contenuti, specialmente nel caso in cui sia necessario un approfondimento o erogare un’esercitazione o attivare altre metodologie formative, deve essere demandata ad altri strumenti che non siano la chat, come le e-mail e il Forum.

La mail, uno strumento asincrono (entro massimo 6 ore viene data la risposta), è un altro strumento utilizzato dal Mentor per continuare il rapporto uno ad uno: prevalentemente viene usata per approfondimenti, rimandi, etc.


 

La daily mail invece è completamente automatica, e non è inviata dal singolo Mentor ma dal gruppo: anche questa è prevalentemente orientata ad offrire approfondimenti, links a siti internet, esercitazioni tutte previamente tarate sul percorso formativo.

Infine, ci sono i messaggi impostati sul Forum (rapporto uno a tanti), come ulteriore momento di scambio e di approfondimento. Ma il gruppo di Mentor in questo caso si limita a gestire la discussione, talvolta orientandola, talvolta semplicemente guidandola.

C’è da dire che nel servizio Mentoring di Elea questo strumento non è molto utilizzato, probabilmente per la tipologia del servizio stesso, che, prevalentemente privilegia il rapporto uno a uno.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 1. Questionario Griglia per l’intervista a testimoni privilegiati

 


Istruzioni per la compilazione

Il presente questionario è auto-somministrato ed è diviso in diverse sezioni tematiche.

Le domande organizzate in una tabella (ad es. ‘quale a Suo avviso, …’) sono aperte e hanno a disposizione uno spazio aperto a piacere della lunghezza desiderata dell’intervistato.

Le istruzioni tra parentesi quadra […] servono per dare istruzioni pratiche relative alla compilazione, mentre invece quelle tra parentesi tonda (…) sono istruzioni ulteriori relative al significato stesso della domanda.

La compilazione richiede circa due ore di tempo. Il questionario è stato ideato a sezioni tematiche proprio per favorire il fluire dell’argomentazione secondo una logica tematica. In caso di interruzione, si consiglia di finire la sezione tematica, di salvare quanto scritto e riprendere in un secondo momento.

Come testimoni privilegiati, sulle vostre dichiarazioni si baserà il presente lavoro di ricerca; si prega quindi di rispondere a tutte le domande.

Grazie ancora per la collaborazione.

 

Sezione 1. Informazioni generali.

 

1. Nome intervistato:………………………………………………………………………..

 

 

2. Ruolo nel progetto/azione di  Mentoring:……………………………………………….

 

 

3. Organizzazione di riferimento per il progetto/azione di  Mentoring:…………..……..

………………………………………………………………………………………………..

 

 

4. Altre organizzazioni ( enti pubblici, privati, associazioni, aziende, etc) legate al progetto/azione di  Mentoring:

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

 

 

5. Ci può raccontare brevemente la storia della sua organizzazione di appartenenza e come è nata l’idea di fare azioni di Mentoring?

 

 

 

 

 

6. Nella Sua esperienza, quali sono gli obiettivi in generale del progetto/azione di Mentoring?:

 

 

 

 

 

Sezione 2. Il contesto dell’azione

 

7. Quali sono, nella Sua esperienza, i luoghi (ufficio, organizzazione, luoghi particolari) e gli strumenti (tecnologici, dispense, schede di valutazione, etc) deputati all’azione del ‘mentoring’? [Descrivere in particolar modo i luoghi fisici o virtuali, gli strumenti tecnologici utilizzati, dispense, schede di valutazione del mentor sul protetto e viceversa e gli effetti dell’uno e dell’altro sull’azione]

 

 

 

 

8. Quali sono, nel Suo caso specifico, i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera per specifiche funzioni, ruoli, etc).

 

 

9. Quali sono, o potrebbero essere, in generale, i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera, i campi di intervento sociali e istituzionali).

 

 

 

 

10. Quali sono i servizi/soggetti (interni o esterni all’organizzazione, gratuiti/a pagamento, volontari/sotto incarico) che sono stati attivati nel progetto di mentoring nella Sua esperienza specifica e quali dovrebbero essere attivati auspicabilmente in generale? (Specificare per ogni caratteristica sia nell’esperienza specifica e in generale). [Nel caso esistano o si pensi ad altri servizi che non rientrano nella categorie sotto specificate, utilizzare lo spazio apposito ‘altri servizi’].

 

Servizi

 

Gratuiti/ a pagamento

 

Interni/esterni all’organizzazione

Volontari/sotto incarico

Nell’esperienza specifica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altri servizi: ………………………………………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

 

 

11. Quali sono le reti e/o network di relazioni necessarie, utili e auspicabili attivate nell’azione di ‘Mentoring’ del vostro progetto, e quali sarebbero da attivare in generale? [Specificare per ogni cella quanto richiesto] [Nel caso esistano o si pensi ad altre reti che non rientrano nella categorie sotto specificate, utilizzare lo spazio apposito ‘altre reti’].

 

Reti e/o network di relazioni

 

 

Necessarie

 

 

 

Utili

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

Nella specifica esperienza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In generale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altre reti: ………………………………………………………………………………………………

 


 

12. Qual è la struttura organizzativa del progetto/azione di Mentoring (in breve)? [descriverla se esiste, se è formalizzata o informale, se esistono un regolamento, delle procedure, regole, organi coinvolti, etc]

 

 

 

 

13. Ci può descrivere qual è stata nel Suo caso la risposta da parte del territorio o delle comunità di riferimento rispetto al progetto di Mentoring con particolare riferimento ad eventuali azioni di trasferimento, diffusione, modalità attuative? [Ignorare la domanda nel caso non ci siano state iniziative di trasferimento o di diffusione, al limite indicare come si farebbero e se si ha intenzione di farle].

 

 

 

 

14. Grazie alla Sua esperienza, ci potrebbe fornire una serie di fattori/indicatori dell’impatto del ‘Mentoring’ sui seguenti soggetti? [Elencare i fattori per ogni soggetto]. [Nel caso esistano o si pensi ad altri fattori che non siano imputabili ai soggetti sotto indicati, utilizzare lo spazio apposito ‘altri fattori’].

 

Mentor’

 

 

Protetto/destinatario

 

 

Organizzazioni in cui (o per cui) si realizza l’azione

Territorio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altri fattori:………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

 

 


Sezione 3. Definizione della figura del ‘Mentor’.

 

15. Nel Suo caso, qual è la definizione della figura/funzione del Mentor?

 

 

 

 

16. Nella Sua esperienza, quali sono le modalità e canali di selezione del ‘mentor’?

 

 

 

17. Quali sono, nel caso del vostro progetto, gli scopi dell’azione di ‘mentoring’? (Ad esempio, prevalentemente formativi, prevalentemente di orientamento, consequenziali cioè prima di orientamento e poi anche formativi, altro).

 

 

 

18. A Suo avviso, quali potrebbero essere, in generale, gli scopi del ‘mentoring’? (Ad esempio, riqualificazione del personale, recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc).

 

 

 

 

19. Nel vostro progetto, esistono programmi, iniziative o progetti di formazione dei Mentore? (se esistono, descriverne l’utilità, le tematiche, il grado di strutturazione e formalizzazione)

 

 

 

20. Nel caso in cui non esistano programmi, iniziative o progetti  di formazione dei Mentore, ce ne potrebbe indicare, a Suo avviso, l’utilità, le tematiche, il grado di strutturazione necessari al tal fine? [Ignorare la domanda, nel caso in cui si sia risposto a quella precedente, oppure, specificare qui le possibili integrazioni al programma formativo esistente].

 

 


 

21. Negli studi organizzativi sulla gestione delle risorse umane e sulla formazione professionale e continua, si tende a convenire sul fatto che il comportamento organizzativo (di un soggetto al lavoro in una organizzazione o in contesto) sia sostanzialmente influenzato da 3 aree di caratteristiche, e cioè: la prima, appartenente al concetto di ‘sapere cosa’ o ‘know what’ (bagaglio di conoscenze sul lavoro o conoscenze dichiarative, i compiti da svolgere, i metodi da utilizzare, nonché sul proprio ruolo, il contesto, l’azienda, etc); la seconda, appartenente al concetto di ‘sapere come’ o ‘know how’ (un bagaglio di conoscenze sulle procedure e le regole d’uso delle conoscenze dichiarative, chiamate anche conoscenze procedurali); infine, le due aree sopra citate sono strettamente influenzate e collegate alla terza area, appartenente al concetto di ‘disposizioni individuali’ (attitudini, assetto motivazionale, sistema dei valori, rappresentazione del lavoro, identità, etc). Questa classificazione è molto generica ma per i nostri fini è sufficiente.

Ora, immaginando la figura del mentor come una figura professionale, quali sono le caratteristiche necessarie, utili e auspicabili per essere ‘mentor’ nel caso della Sua esperienza? [Riempire ogni cella, fino ad esaurimento delle caratteristiche che vengono in mente all’intervistato. Se si ritiene di dire delle caratteristiche che si pensa non rientrino nella matrice seguente, specificarle dopo la tabella nello spazio apposito dedicato ad ‘altre caratteristiche’].

 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Utili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altre caratteristiche:………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

 

 

Sezione 4. Utenti/clienti/destinatari dell’azione di ‘mentoring’

 

22. Nel vostro caso, chi sono e quali caratteristiche devono avere i ‘pupil’? [Indicare chi sono, quali caratteristiche hanno, quali sono i criteri di selezione e di scelta dei protetti, e nel caso, quali le strategie di avvicinamento dell’organizzazione qualora individui persone che si presentano particolarmente ‘bisognosi’ dell’azione di mentoring].

 

 

 

 

23. Ci indichi ora, per cortesia, il tipo di rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e destinatario dell’azione, con particolare riferimento ai criteri di abbinamento (come offerta modelli positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies, sesso, chi sceglie l’abbinamento, etc), al primo incontro, alla durata e frequenza dell’azione.

 

 

 

 

24. Esistono procedure di controllo della coppia e procedure di accompagnamento da parte dell’organizzazione durante il percorso? [Nel caso affermativo, descriverle, nel caso negativo, indicarne l’utilità/inutilità, il grado possibile di formalizzazione, i motivi per cui…, etc]

 

 

 

 

25. Con riferimento alla Sua esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza, punti di criticità, etc per i protetti e per i mentore? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].

 

Elementi richiesti

 

 

 

Benefici

 

 

 

Svantaggi

 

 

 

Punti di forza

 

 

 

Punti di criticità

 

 

 

Per il protetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per il mentore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sezione 5. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

26. Con riferimento alla Sua esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza, punti di criticità, per le aziende? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].

 

Benefici

 

 

 

Svantaggi

 

 

 

Punti di forza

 

 

 

Punti di criticità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

27. A partire dalla Sua esperienza, qual è, secondo Lei, la consapevolezza sulle possibili applicazioni del ruolo e della funzione di ‘Mentoring’ nell’ambito della formazione professionale e della gestione delle risorse umane da parte dei seguenti soggetti? [mettere una ‘X’ per ogni riga]

 

 

Nullo

(0)

Scarso

(1)

Sufficiente

(2)

Buono

(3)

Elevato

(4)

Settori professionali

 

 

 

 

 

Organizzazioni

 

 

 

 

 

 

Società

 

 

 

 

 

 

Istituzioni

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci indichi i motivi delle risposte di cui sopra:…………………………………………………………

Settori professionali………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

Istituzioni…………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

Organizzazioni……………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

Società…………………………………………………………………………………………………….

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

 

 

28. Quali, a Sua conoscenza, sono le iniziative che vengono messe in campo dagli stessi soggetti in relazione alla diffusione e pratica del ‘Mentoring’? [Scrivere ‘non sono a conoscenza di nessuna iniziativa’, in caso di mancata conoscenza di iniziative in tal senso. Se vengono citate iniziative ci fornisca anche il nome del soggetto attuatore].

 

 

Iniziative

Settori professionali

 

Organizzazioni

 

 

Società

 

 

Istituzioni

 

 

 


 

29. Quale potrebbe essere il sostegno/aiuto concreto che si potrebbe avviare per una maggiore riflessione e diffusione di tale pratica in Italia, nell’ambito della formazione professionale e della gestione delle risorse umane?

 

 

 

 

30. Altre annotazioni:…………………...………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 2. Questionario. Griglia per l’intervista al mentor

 


 

Sezione 1. Informazioni generali.

 

1. Nome intervistato:………………………………………………………………………..

 

 

2. Ruolo nel progetto/azione di  Mentoring:……………………………………………….

 

 

3. Organizzazione di riferimento per il progetto/azione di  Mentoring:…………..……..

………………………………………………………………………………………………..

 

 

4. Da quanto tempo svolge attività di Mentoring?

………………………………………………………………………………………………

 

 

5. Quali sono, nel caso del vostro progetto, gli scopi dell’azione di ‘mentoring’? (Ad esempio, prevalentemente formativi, prevalentemente di orientamento, consequenziali cioè prima di orientamento e poi anche formativi, altro).

 

 

 

 

6. A Suo avviso, quali potrebbero essere, in generale, gli scopi del ‘mentoring’? (Ad esempio, riqualificazione del personale, recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc).

 

 

 

 

Sezione 2. Il contesto dell’azione

 

 

7. Quali sono, nel Suo caso specifico, i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera per specifiche funzioni, ruoli, etc).

 

 

 

 

8. Quali sono, o potrebbero essere, in generale, i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera, i campi di intervento sociali e istituzionali).

 

 

 

 

 

9. Grazie alla Sua esperienza, ci potrebbe fornire una serie di fattori/indicatori dell’impatto del ‘Mentoring’ sui seguenti soggetti? [Elencare i fattori per ogni soggetto]. [Nel caso esistano o si pensi ad altri fattori che non siano imputabili ai soggetti sotto indicati, utilizzare lo spazio apposito ‘altri fattori’].

 

Mentor’

 

 

Protetto/destinatario

 

 

Organizzazioni in cui (o per cui) si realizza l’azione

Territorio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altri fattori:………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

 

 

 

Sezione 3. Definizione della figura del ‘Mentor’.

 

10. Nel Suo caso, qual è la definizione della figura/funzione del Mentor?

 

 

 


 

11. Nella Sua esperienza, quali sono le modalità e canali di selezione del ‘mentor’?

 

 

 

 

12. Nel vostro progetto, esistono programmi, iniziative o progetti di formazione dei Mentore? (se esistono, descriverne l’utilità, le tematiche, il grado di strutturazione e formalizzazione)

 

 

 

 

13. Nel caso in cui non esistano programmi, iniziative o progetti  di formazione dei Mentore, ce ne potrebbe indicare, a Suo avviso, l’utilità, le tematiche, il grado di strutturazione necessari al tal fine? [Ignorare la domanda, nel caso in cui si sia risposto a quella precedente, oppure, specificare qui le possibili integrazioni al programma formativo esistente].

 

 

 

14. Negli studi organizzativi sulla gestione delle risorse umane e sulla formazione professionale e continua, si tende a convenire sul fatto che il comportamento organizzativo (di un soggetto al lavoro in una organizzazione o in contesto) sia sostanzialmente influenzato da 3 aree di caratteristiche, e cioè: la prima, appartenente al concetto di ‘sapere cosa’ o ‘know what’ (bagaglio di conoscenze sul lavoro o conoscenze dichiarative, i compiti da svolgere, i metodi da utilizzare, nonché sul proprio ruolo, il contesto, l’azienda, etc); la seconda, appartenente al concetto di ‘sapere come’ o ‘know how’ (un bagaglio di conoscenze sulle procedure e le regole d’uso delle conoscenze dichiarative, chiamate anche conoscenze procedurali); infine, le due aree sopra citate sono strettamente influenzate e collegate alla terza area, appartenente al concetto di ‘disposizioni individuali’ (attitudini, assetto motivazionale, sistema dei valori, rappresentazione del lavoro, identità, etc). Questa classificazione è molto generica ma per i nostri fini è sufficiente.

Ora, immaginando la figura del mentor come una figura professionale, quali sono le caratteristiche necessarie, utili e auspicabili per essere ‘mentor’ nel caso della Sua esperienza? [Riempire ogni cella, fino ad esaurimento delle caratteristiche che vengono in mente all’intervistato. Se si ritiene di dire delle caratteristiche che si pensa non rientrino nella matrice seguente, specificarle dopo la tabella nello spazio apposito dedicato ad ‘altre caratteristiche’].

 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Utili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altre caratteristiche:………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

 

Sezione 4. Utenti/clienti/destinatari dell’azione di ‘mentoring’

 

15. Nel vostro caso, chi sono e quali caratteristiche devono avere i ‘pupil’? [Indicare chi sono, quali caratteristiche hanno, quali sono i criteri di selezione e di scelta dei protetti, e nel caso, quali le strategie di avvicinamento dell’organizzazione qualora individui persone che si presentano particolarmente ‘bisognosi’ dell’azione di mentoring].

 

 

 

 

16. Ci indichi ora, per cortesia, il tipo di rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e destinatario dell’azione, con particolare riferimento ai criteri di abbinamento (come offerta modelli positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies, sesso, chi sceglie l’abbinamento, etc), al primo incontro, alla durata e frequenza dell’azione.

 

 

 

 

17. Con riferimento alla Sua esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza, punti di criticità, etc per i protetti e per i mentore? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].

 

Elementi richiesti

 

 

 

Benefici

 

 

 

Svantaggi

 

 

 

Punti di forza

 

 

 

Punti di criticità

 

 

 

Per il protetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per il mentore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sezione 5. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

18. Con riferimento alla Sua esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza, punti di criticità, per le aziende? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].

 

Benefici

 

 

 

Svantaggi

 

 

 

Punti di forza

 

 

 

Punti di criticità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

19. Quali, a Sua conoscenza, sono le iniziative che vengono messe in campo dagli stessi soggetti in relazione alla diffusione e pratica del ‘Mentoring’? [Scrivere ‘non sono a conoscenza di nessuna iniziativa’, in caso di mancata conoscenza di iniziative in tal senso. Se vengono citate iniziative ci fornisca anche il nome del soggetto attuatore].

 

 

Iniziative

Settori professionali

 

Organizzazioni

 

 

Società

 

 

Istituzioni

 

 

 

 

20. Quale potrebbe essere il sostegno/aiuto concreto che si potrebbe avviare per una maggiore riflessione e diffusione di tale pratica in Italia, nell’ambito della formazione professionale e della gestione delle risorse umane?

 

 

 

 

21. Altre annotazioni:…………………...………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 3. Questionario. Griglia per l’intervista al pupil

 


Sezione 1. Informazioni generali.

 

1. Nome intervistato:………………………………………………………………………..

 

 

2. Da quanto tempo è accompagnato da un Mentor?

………………………………………………………………………………………………

 

 

3. Quali sono, nella Sua esperienza, gli scopi dell’azione di ‘mentoring’? (Ad esempio, prevalentemente formativi, prevalentemente di orientamento, consequenziali cioè prima di orientamento e poi anche formativi, altro).

 

 

 

 

4. A Suo avviso, quali potrebbero essere, in generale, gli scopi del ‘mentoring’? (Ad esempio, riqualificazione del personale, recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc).

 

 

 

 

 

Sezione 2. Il contesto dell’azione

 

 

5. Quali sono, nel Suo caso specifico, i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera per specifiche funzioni, ruoli, etc).

 

 

 

 

6. Quali sono, o potrebbero essere, in generale, i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera, i campi di intervento sociali e istituzionali).

 

 

 

 

 

7. Grazie alla Sua esperienza, ci potrebbe fornire una serie di fattori/indicatori dell’impatto del ‘Mentoring’ sui seguenti soggetti? [Elencare i fattori per ogni soggetto]. [Nel caso esistano o si pensi ad altri fattori che non siano imputabili ai soggetti sotto indicati, utilizzare lo spazio apposito ‘altri fattori’].

 

Mentor’

 

 

Protetto/destinatario

 

 

Organizzazioni in cui (o per cui) si realizza l’azione

Territorio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altri fattori:………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

……………………………………………………………………………………………………………

 

 

 

Sezione 3. Definizione della figura del ‘Mentor’.

 

8. Nel Suo caso, qual è la definizione della figura/funzione del Mentor?

 

 

 

 

9. Negli studi organizzativi sulla gestione delle risorse umane e sulla formazione professionale e continua, si tende a convenire sul fatto che il comportamento organizzativo (di un soggetto al lavoro in una organizzazione o in contesto) sia sostanzialmente influenzato da 3 aree di caratteristiche, e cioè: la prima, appartenente al concetto di ‘sapere cosa’ o ‘know what’ (bagaglio di conoscenze sul lavoro o conoscenze dichiarative, i compiti da svolgere, i metodi da utilizzare, nonché sul proprio ruolo, il contesto, l’azienda, etc); la seconda, appartenente al concetto di ‘sapere come’ o ‘know how’ (un bagaglio di conoscenze sulle procedure e le regole d’uso delle conoscenze dichiarative, chiamate anche conoscenze procedurali); infine, le due aree sopra citate sono strettamente influenzate e collegate alla terza area, appartenente al concetto di ‘disposizioni individuali’ (attitudini, assetto motivazionale, sistema dei valori, rappresentazione del lavoro, identità, etc). Questa classificazione è molto generica ma per i nostri fini è sufficiente.

Ora, immaginando la figura del mentor come una figura professionale, quali sono le caratteristiche necessarie, utili e auspicabili per essere ‘mentor’ nel caso della Sua esperienza? [Riempire ogni cella, fino ad esaurimento delle caratteristiche che vengono in mente all’intervistato. Se si ritiene di dire delle caratteristiche che si pensa non rientrino nella matrice seguente, specificarle dopo la tabella nello spazio apposito dedicato ad ‘altre caratteristiche’].

 

    Caratteristiche

 

 

 

SAPERE COSA

KNOW WHAT

 

 

SAPERE COME

KNOW HOW

 

 

DISPOSIZIONI INDIVIDUALI

 

 

Necessarie

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Utili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Auspicabili

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Altre caratteristiche:………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………

 

 


Sezione 4. Utenti/clienti/destinatari dell’azione di ‘mentoring’

 

10. Nel vostro caso, chi sono e quali caratteristiche devono avere i ‘pupil’? [Indicare chi sono, quali caratteristiche hanno, quali sono i criteri di selezione e di scelta dei protetti, e nel caso, quali le strategie di avvicinamento dell’organizzazione qualora individui persone che si presentano particolarmente ‘bisognosi’ dell’azione di mentoring].

 

 

 

 

11. Ci indichi ora, per cortesia, il tipo di rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e destinatario dell’azione, con particolare riferimento ai criteri di abbinamento (come offerta modelli positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies, sesso, chi sceglie l’abbinamento, etc), al primo incontro, alla durata e frequenza dell’azione.

 

 

 

 

12. Con riferimento alla Sua esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza, punti di criticità, etc per i protetti e per i mentore? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].

 

Elementi richiesti

 

 

 

Benefici

 

 

 

Svantaggi

 

 

 

Punti di forza

 

 

 

Punti di criticità

 

 

 

Per il protetto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per il mentore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Sezione 5. Il ruolo dei privati e del pubblico

 

13. Con riferimento alla Sua esperienza, quali potrebbero essere i benefici e gli svantaggi dell’azione di Mentoring, punti di forza, punti di criticità, per le aziende? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].

 

Benefici

 

 

 

Svantaggi

 

 

 

Punti di forza

 

 

 

Punti di criticità

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

14. Altre annotazioni:…………………...………………………………………………………………

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

…………………………………………………………………………………………………………….

 


 

Bibliografia

 

La bibliografia trovata e consultata è la seguente:

G.P. Quaglino, Scritti di formazione 1978-1998, Franco Angeli, 1998

G.P. Quaglino e C.G. Cortese, Mentoring, in Sviluppo e Organizzazione n.160, Marzo- Aprile 1997

C.G. Cortese, Mentoring e formazione, in FOR n.33, 2000

A. Felice (a cura di), Il mentoring, in Osservatorio ISFOL n.2-3, 2000

AA. VV. Perché le dimissioni. Un'inchiesta presso gli infermieri e assistenti geriatrici dell'Ospedale Neuropsichiatrico Camtonale che hanno abbandonato l'attività nel 1983-1988. Rivista dell'infermiere 1990; 3: 127-135.

Baum, H.S., Mentoring, Narcissistic Fantasies and Oedipal Realities, in Human Relations, 45, 3, pp. 223-245, 1992.

Butera F. Nuovi modelli di professionalità. In U. Morelli (ed). La formazione: modelli e metodi. Milano: Franco Angeli, 1988.·

Carter, S.: The developement, Implementation and Evaluation of a Mentoring scheme, in Industrial and Commercial training, 26, 7, pp. 17-23, 1994.

Clawson, J.G., Mentoring in the information Age, in Leadership & Organizations Journal, 17, 3, pp. 6-15, 1996.

Cortese C. Mentoring e formazione. FOR-Rivista per la formazione 2000; 33: 21-56.·

Costa G. e De Martino S. Management pubblico. Organizzazione e personale nella Pubblica Amministrazione. Etas Libri, 1985.·

Douglas C. A. e Scoorman F. D. The Impact of Career and Psychosocial Mentoring by Supervisor and Peers. 48 the Annual Meeting of the Academy of Management. Anche in: CA, 1988.·

Dreher G. F. e Ash R. A. A Comparative Study of Mentoring Among Men and Women in Managerial, Professional and Technical Position. Journal of Applied Psychology 1990; 75: 539-546.

Guilbert, J. J., Guida pedagogica, Armando Edizioni, Roma, 1981.

Jones G.R. Socialization tactis, self efficacy and newcomers adjustements to organizations. Academy of Management Journal 1986; 29, 2: 262-279.·

Kram K. E. Mentoring at Work: Developmental Relationship in Organizational Life. Glenview: Scott e Foresman, 1985.·

Louis M. R. Surprise and Sense-making: what Newcomers Experience in entering infamiliar Organizational Setting. Administrative Science Quarterly 1980; 25: 226-251.·

MacLennan N. Coaching and mentoring. Gower: Aldershot, 1995.·       Reich M. H. Executive Views from Both Sides of Mentoring. Personnel 1985; 62 (3): 42-46.


 

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