Progetto Cameo
(Comparison and Analysis of Mentoring in
Il Mentoring come chiave strategica contro l’esclusione sociale e
professionale
Rapporto definitivo
Gennaio 2003
A cura di Matteo Perchiazzi
Ial Toscana
Indice
Parte Prima. Introduzione metodologica
1. Metodologia 1. Definizione e mappa dei concetti
2. Metodologia 2. Gli strumenti di raccolta delle informazioni
2.1. Gli strumenti di raccolta
delle informazioni
2.2. Strategie di selezione degli
esperti e dei casi
3. I casi individuati
3.1. La ricerca dei casi
3.2. I casi individuati
3.3. La ricerca nei Programmi Operativi Regionali delle regioni del Sud
Italia
Parte Seconda. Definizione del Mentoring
e analisi dei casi
4. Un tentativo di
definizione del Mentoring
5. Il Mentor: un’analisi comparativa
5.1. Le competenze del Mentor
e il percorso formativo
5.2. Il rapporto
Mentor/destinatario: punti di forza,
punti di criticita’
Parte Terza. Analisi dei casi
6. Il caso della Scuola Militare
Nunziatella di Napoli.
6.1. Il
contesto dell’azione
6.2.
L’organizzazione del progetto e alcune definizioni
6.3. La
rete
6.4. Il
percorso formativo del ‘Mentor’
6.5. Il
rapporto tra ‘Mentor’ e ‘pupil’
6.6. La
percezione del ‘Mentor’
6.7.
L’organizzazione del sito Web
7. Il caso del CEREF , Centro Ricerca e Formazione – Inserimento al
lavoro dell’infermiere
professionale e il processo di Mentoring
7.1. Il contesto dell’azione
7.2. Definizione della
figura del ‘Mentor’
7.3. I destinatari
dell’azione di Mentoring
7.4. Il ruolo dei privati e
del pubblico
8. Il caso Sodalitas – Assolombarda
8.1. Il contesto dell’azione
8.2. Definizione della
figura del ‘Mentor’
8.3. I destinatari
dell’azione di Mentoring
8.4. Il ruolo dei privati e
del pubblico
9. IL caso Coca Cola Foods
9.1. Il contesto dell’azione
9.2. Definizione della
figura del ‘Mentor’
9.3. I destinatari
dell’azione di Mentoring
10. Il caso ELEA – Il servizio di Mentoring per l’e-learning
10.1. Il contesto
dell’azione
10.2. Definizione della
figura del ‘Mentor’
10.3. I destinatari dell’azione
di Mentoring
Allegato 1. Questionario. Griglia per
l’intervista a testimoni
Allegato 2. Questionario. Griglia per
l’intervista al mentor
Allegato 3. Questionario. Griglia per
l’intervista al pupil
Il presente
contributo è da ritenersi solo uno spaccato delle pratiche di mentoring
nell’ambito dell’orientamento e della formazione aziendale in Italia.
Inoltre, il
presente rapporto è ben delimitato dal fatto che la ricerca si inserisce in un
progetto più ampio, che si propone di realizzare uno studio sistematico del mentoring
come chiave strategica contro l’esclusione sociale e professionale. L’intero
progetto si sostanzia come uno studio comparato del ‘mentoring’ tra
Francia, Grecia, Italia e Spagna da cui partire per promuovere e sviluppare la
conoscenza del ‘mentor’, dei servizi e del relativo percorso formativo
necessario a livello europeo.
Tale progetto è
finanziato da una particolare linea di finanziamento VP/2001/014 e annovera
come partner Scienter Espaňa, CRCI Bretagne (Chambre
Regionale de Commerce et d’Industrie de Bretagne), Kemop (Family Education
and Child Care Training Center “Platon”) della Grecia, Amitiè
(Centro di ricerche e servizi avanzati per la formazione), Ial Toscana
(Ente per la Formazione Professionale) e l’OIS-Isfol (Osservatorio
sull’inclusione sociale dell’Istituto di Formazione e Orientamento al Lavoro).
Gli obiettivi
specifici della ricerca sono investigare sull’esistenza di approcci diversi sul
Mentoring, analizzare la figura professionale e gli ‘attrezzi del
mestiere’ del ‘Mentor’, comprenderne al meglio il contesto dell’azione,
studiare il ruolo degli attori pubblici e privati nei confronti del ‘Mentor’,
realizzare un’analisi delle buone pratiche esistenti in Italia.
Come appena
accennato, il presente rapporto analizza solo alcuni casi che, se non
certamente rappresentativi della realtà italiana, sicuramente sono risultati
interessanti e ottimi punti di partenza per una riflessione e sensibilizzazione
più ampia, che auspichiamo, visto comunque l’interesse suscitato già dal primo
rapporto di ricerca.
C’è da
segnalare infatti l’attenzione che essa ha destato per le potenzialità e per le
possibili future applicazioni in un ambito come quello della Scuola,
invitandoci a darne testimonianza in una Tavola Rotonda della Festa Internet,
tenutasi il 31 maggio-2 giugno al Sasch Hall di Firenze.
Inoltre, le
persone che hanno accettato di farsi intervistare, hanno chiaramente dimostrato
l’interesse a tenersi in contatto e a costituire una rete di rapporti che possa
portare ad una sensibilizzazione e ad una maggior attenzione nei confronti
della metodologia del Mentoring nell’ambito professionale.
Vorremmo
ringraziare per la disponibilità e l’attenzione prestata al presente lavoro la
Dott.ssa Monica Milani, Sociologa della comunicazione, Fabio Martucci
(Infogroup e Assointernet), il coordinatore del Progetto Mentoring Nunziatella
Giorgio Draskovic (che ha continuato a seguirci dalla lontana Australia), e
tutta l’associazione Ex-Allievi Nunziatella sezione Toscana. Inoltre, vorremmo
ringraziare i Mentor e i ‘pupil’ intervistati
e coinvolti in tutto il percorso di ricerca, in particolare Pier Paolo
Janni, Luigi Aurelio Nasto, Michelangelo Damasco, Giovanni Marino, Corrado
Manuali, Domenico Pellino.
Inoltre,
vorremmo porgere un ulteriore ringraziamento a chi ci ha concesso del prezioso
tempo, con vivo interesse, disponibilità e grande professionalità come la
Dott.ssa Elena Bonamini (Ceref), il Dottor Massimo Ceriotti (Sodalitas),il Dr.
Massimo Castrovilli e tutto il gruppo Mentoring di Elea, che ci ha permesso di
entrare nella piattaforma e di osservare il ‘dietro le quinte’ del servizio di
Mentoring.
Questo
contributo, pur non volendo essere completamente rappresentativo della realtà
italiana e di tutti i possibili approcci del Mentoring nell’ambito
professionale, presenta una serie di casi interessanti dai quali partire per
avviare una riflessione più ampia sugli approcci del Mentoring.
I casi di
fronte ai quali ci siamo trovati sono estremamente diversificati e gli
obiettivi specifici dell’azione di Mentoring sono molteplici.
Si passa,
infatti, da obiettivi di inserimento professionale in contesti organizzativi
strutturati, come il caso della Coca Cola Foods e il caso Ceref (inserimento
lavorativo dell’infermiere professionale), a obiettivi di orientamento
professionale e aiuto/sostegno nella progettazione di percorsi di studio ai
fini di sviluppo di carriera, come nel caso dell’associazione ex allievi
Nunziatella; da progetti di Mentoring finalizzati a interventi organizzativi
molto specifici e mirati nell’ambito del Terzo settore come nel caso delle
esperienze realizzate da Sodalitas, a servizio di Mentoring altamente
strutturato e razionalizzato, finalizzato al sostegno dell’apprendimento in
corsi di formazione erogati esclusivamente on line, come nel caso dell’Elea.
Da questa
analisi di caso abbiamo provato a fornire una definizione del Mentoring e dei
potenziali elementi e costanti che potevano avere in comune, cercando anche di
inserirli nelle definizioni già esistenti prese a prestito dalla letteratura
organizzativa.
Inoltre, si è
cercato di operare una distinzione di questa metodologia anche operando un
distinguo tra altre metodologie come il tutoring e come il coaching.
Il rapporto di
ricerca si articola essenzialmente in tre parti:
la prima di
ordine metodologico, riguardante la definizione dell’ambito concettuale di
indagine, gli strumenti e le strategie utilizzate per la raccolta delle
informazioni, il percorso per arrivare alla scelta dei casi.
La seconda
parte, tenta di offrire una definizione del Mentoring, in base proprio ai casi
approfonditi. Inoltre cerca di elaborare un’analisi comparata di questi e di
offrire una riflessione sui punti in comune che comunque esistono in tutti i
casi approfonditi.
La terza parte
approfondisce in particolare il caso specifico dell’Associazione Ex – Allievi
della Nunziatella e, in seguito, gli altri casi di studio che sono:
il Ceref,
un’esperienza di Mentoring nell’inserimento dell’infermiere professionale; la
Sodalitas, una società che ha realizzato molteplici esperienze nell’ambio del
Terzo settore; il caso della Coca Cola Foods, che costituisce un esempio da
manuale de Mentoring in azienda, e, infine, il caso Elea, che della metodologia
del Mentoring ha fatto un servizio di sostegno ai processi di apprendimento nella
formazione e-learning.
Infine,
riportiamo la bibliografia e le griglie di intervista utilizzate.
Parte Prima.Introduzione metodologica
1. Metodologia 1.
Definizione e mappa dei concetti
La prima parte del lavoro
si è articolata in un’attività di ricerca bibliografica e di confronto interno
al gruppo di ricerca allo scopo di definire i concetti e gli ambiti di
interesse relativi al tema oggetto d’indagine.
Questa fase ha prodotto una
mappa dei concetti e dei temi di interesse che potevano essere di fattibile
esplorazione in Italia: la riportiamo qui nell’immagine che segue.
La mappa concettuale relativa alla metodologia del
Mentoring, quindi, nella nostra proposta si articola nei seguenti indicatori:
1. Gli approcci e modelli esistenti in Italia.
2. Definizione della figura
professionale/funzioni
3. Gli utenti / clienti / destinatari
dell’azione di ‘mentoring’
4. Il contesto dell’azione
5. Il ruolo dei privati e del pubblico
6. Analisi buone prassi
Ogni macro-tema è
sotto-specificato da temi (indicatori) più specifici che da esso si sviluppano
semanticamente:
Punto 1.
Gli ambiti di indagine sulle
differenze/similitudini dei modelli esistenti si possono ricondurre ai seguenti
aspetti del ‘Mentor’:
· Definizione della figura professionale/funzione (cfr.
indicatore 2)
· Competenze/conoscenze (cfr. indicatore 2)
· I destinatari (cfr. indicatore 3)
· Il contesto dell’azione (cfr. indicatore
4)
· Il ruolo del pubblico e del privato (cfr.
indicatore 5)
Punto 2.
Relativamente alla figura professionale,
l’indagine si è concentrata sui seguenti aspetti:
· Definizione della figura (chi deve essere,
cosa deve sapere, saper fare, essere, come lo deve fare, verso chi)
· Analisi/descrizione delle
competenze/conoscenze necessarie, utili e auspicabili a svolgere l’azione di
Mentor:
· Competenze di base;
· Competenze tecnico-professionali
· Competenze trasversali
· Aspetti motivazionali necessari, utili e
auspicabili
· Modalità e canali di selezione del ‘mentor’
· Scopi dell’azione del ‘mentor’
· (prevalentemente formativi,
prevalentemente di orientamento, consequenziali prima di orientamento, poi
anche formativi, etc)
· (riqualificazione del personale, recupero
fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc)
· Esistenza, utilità, grado di
strutturazione e di formalizzazione di programmi, iniziative o progetti di
formazione dei Mentore.
Punto 3.
Per quanto riguarda i destinatari dell’azione, i
sotto temi specificati sono stati i seguenti:
· Caratteristiche (chi è il protetto,
criteri di selezione/scelta, canali e strategie di avvicinamento)
· Tipo di rapporto che si instaura tra ‘mentor’
e destinatario dell’azione, con particolare riferimento ai criteri di
abbinamento come offerta di modelli positivi, o condivisione di interessi come
sport e hobbies, a chi opera l’abbinamento, la durata e la frequenza del
rapporto, le procedure di controllo, di sostegno e di accompagnamento della
coppia da parte dell’organizzazione o struttura di riferimento durante il
percorso; i benefici/svantaggi dell’azione, con particolare attenzione ai punti
di esemplarità e ai punti di criticità che si instaurano nel rapporto, e a
eventuali indicatori di impatto sia sul mentore sia sul protetto.
Punto 4.
Per contesto dell’azione si ci siamo riferiti a
tutti quegli aspetti relativi a:
· I luoghi (ufficio, organizzazione, luoghi
particolari) e gli strumenti (tecnologici, dispense, schede di valutazione,
etc) deputati all’azione del ‘mentoring’
· I campi di intervento del ‘mentoring’
· Settori professionali
· Organizzazione in cui (o per cui) opera
(ruoli, funzioni aziendali coinvolte, etc)
· Il campo di intervento istituzionale (solo
in generale)
· Servizi/soggetti necessari per realizzare
una efficace azione di Mentoring (interni o esterni all’organizzazione,
gratuiti/a pagamento, volontari/sotto incarico)
· La struttura organizzativa del
progetto/azione di Mentoring
· Reti
· Network di relazioni necessarie, utili e
auspicabili all’azione di ‘Mentoring’
· Risposta/impatto sul territorio (azioni di
trasferimento, diffusione, modalità attuative, etc)
· Esiste una vera e propria struttura
organizzativa/o solo accordi interpersonale poco formali
· Formalizzata/informale
· Esterna/interna all’organizzazione
· Esistenza di organi e quali
· Esistenza di procedure e regole
· Esplorazione degli indicatori dell’impatto
su:
· ‘Mentor’
· Protetti/destinatari
· Organizzazioni in cui (o per cui) si
realizza l’azione
· Territorio
Punto 5.
Infine, è stato indagato tutto il filone relativo
al ruolo dei privati e del pubblico, ovvero all’attenzione presunta o riscontrata
nei confronti di questa metodologia e in quali ambiti di applicazione. Si è
esplorata attraverso i seguenti temi:
· Riconoscimento esterno del ruolo
· Settori professionali
· Organizzazioni
· Società
· Istituzioni
· Consapevolezza verso il ‘Mentor’
come strumento di gestione delle risorse umane e di formazione professionale
· Sostegno/aiuti concreti (eventuali)
Punto 6.
L’analisi delle buone prassi si è articolata
conseguentemente nei temi conduttori e di tutti gli indicatori che abbiamo fin
qui descritti:
· Definizione della figura
professionale/funzioni
· Destinatari
· Il contesto dell’azione
· Il ruolo dei privati e del pubblico
Tutti i casi presentati
sono stati ‘filtrati’ attraverso la prospettiva della mappa dei concetti appena
riportata, tranne uno che è stato approfondito come caso di eccellenza e che
quindi ha preso poi la propria direzione di analisi.
2. Metodologia 2.
Gli strumenti di raccolta delle informazioni.
2.1. Gli strumenti di raccolta delle informazioni
Sulla base della precedente mappa dei concetti,
abbiamo definito ex ante gli strumenti di raccolta delle informazioni e
le strategie per la selezione dei casi. Inoltre, per ogni ambito d‘indagine, si
è previsto di utilizzare differenti strumenti di raccolta e diverse strategie
di raccolta delle informazioni, allo scopo di raccogliere quanti più dati
possibili
Gli strumenti di raccolta delle informazioni si
riferiscono strettamente alla mappa dei concetti, al fine di collegare le
diverse attività svolte per realizzare i relativi strumenti di raccolta:
Gli strumenti di raccolta delle informazioni
utilizzati (ed eventualmente da utilizzare in ulteriori contributi di ricerca
sul tema) sono stati svariati.
Relativamente all’indicatore 1, abbiamo utilizzato
varie fonti, da articoli su riviste di settore, a ricerche su internet, alla
letteratura specialistica.
Il caso che nel presente contributo è stato
particolarmente approfondito (Scuola Militare Nunziatella) è stato studiato
attraverso tre tipi di questionari, somministrati sia via e-mail sia faccia a
faccia: il primo, uguale agli altri casi studiati, come griglia di intervista
ai testimoni privilegiati, il secondo una griglia di intervista rivolta ai
Mentor, il terzo una griglia di intervista rivolta a coloro che sono (o sono
stati) beneficiari dell’azione di Mentoring.
L’analisi di casi è stata operata integrando vari
strumenti: articoli, materiali reperiti sui siti internet e, infine,
utilizzando le griglie di intervista a testimoni privilegiati, ai coordinatori
del progetto o ai responsabili della funzione di Mentoring.
2.2. Strategie di selezione degli esperti e dei casi
Uno dei problemi più grandi
che sono stati riscontrati è stato quello dell’individuazione dei casi da
analizzare, e dei soggetti che hanno praticato/beneficiato di azioni di
Mentoring.
Infatti, in Italia non
abbiamo rilevato molte esperienze e spesso queste non hanno visibilità.
La strategia di selezione
dei soggetti che sono stati intervistati e i testimoni privilegiati scelti per
l’analisi dei casi è stata inizialmente quella cosiddetta ‘a cascata’ e poi
‘ragionata’.
Tali strategie, infatti,
permettono di selezionare soggetti che si nominano tra loro, e evidenziano
anche una ‘rete’ di nicchia che al ricercatore è utile non solo per l’analisi
della tematica, ma anche per un più agevole reclutamento dei soggetti esperti
da intervistare.
Infatti, l’essere
contattati dal gruppo di ricerca attraverso il nome di una persona conosciuta o
un’esperienza conosciuta ingenera spesso un clima di fiducia nei confronti dei
ricercatori stessi e una gratificazione per essere stati citati per aver
realizzato esperienze di rilievo nell’ambito della tematica oggetto
dell’indagine.
C’è inoltre da aggiungere che la ricerca di
esperienze di attività di Mentoring in ambiti professionali è stata
difficoltosa, anche perché le aziende o realtà vicine ad esse sono notoriamente
più restie a concedersi.
3.I casi individuati
3.1.La ricerca dei casi
La ricerca dei casi e la
relativa selezione è avvenuta sfruttando tutti i canali formali e informali a
disposizione.
L’ambito di pertinenza di
questo contributo è quello aziendale, professionale o lavorativo.
Sulla base dei casi
individuati, l’indagine si è svolta come di seguito, nell’ottica cioè di
realizzare un’analisi qualitativa e uno studio di casi, di cui uno approfondito
in modo particolare:
1
Indagine
su 4 casi attraverso interviste ai coordinatori del progetto
2
Studio
di caso attraverso:
o Intervista al coordinatore di progetto
o Intervista ai mentors
o Intervista ai destinatari
dell’azione
Inoltre, in corso d’opera è stato deciso di
monitorare i canali di finanziamento pubblici nelle regioni del Sud, circa
l’assenza/presenza di finanziamenti specifici su attività di accompagnamento
riconducibili al Mentoring.
Ci siamo soffermati in particolare sui Programmi
operativi Regionali, ma visti gli scarsi risultati della ricerca, gli
dedichiamo solo un paragrafo in questo capitolo.
3.2. I casi individuati
I casi scelti in corso d’opera sono leggermente
cambiati rispetto a quelli inizialmente individuati. Le ragioni sono
prevalentemente riconducibili alla effettiva disponibilità dei referenti a
essere intervistati, alla fattiva pertinenza dei casi inizialmente individuati
con il taglio di approfondimento prefissato, oppure alla semplice impossibilità
materiale di raggiungere le persone, problemi di lavoro e di tempo.
Di seguito si elencano i casi oggetto di studio:
· Gli altri casi
· CEREF - Centro Ricerca e Formazione
-Inserimento al lavoro dell’infermiere professionale e il processo di Mentoring
· Sodalitas (Assolombarda)
· Elea – Il servizio di Mentoring per
l’e-learning
· Coca Cola Foods
· Caso di approfondimento
· Associazione Ex- Allievi Nunziatella
Il caso Coca Cola Foods non scaturisce da una vera
e propria intervista in profondità: infatti, dopo alcuni primi contatti, la
direzione e i responsabili della gestione e dello sviluppo delle risorse umane
della sede italiana della Coca Cola Foods, ci hanno rimandato alla letteratura
e a quanto scritto nelle riviste specializzate sulle specifiche esperienze di
questa azienda sul Mentoring.
Ci è sembrato comunque
opportuno inserire questo caso in un lavoro come questo che descrive le
esperienze di Mentoring più significative in Italia nell’ambito aziendale e
professionale, di cui appunto la Coca Cola resta un esempio da manuale e uno
dei precursori nell’uso di questa metodologia di lavoro nell’ambito
dell’inserimento e di sviluppo professionale in realtà organizzative
strutturate.
Per quanto riguarda gli altri casi, sono state
realizzate interviste in profondità somministrate in modalità faccia a faccia o
ai diretti responsabili e consulenti (caso Sodalitas) che hanno partecipato ad
iniziative e a interventi di Mentoring.
Il caso dell’Associazione
Ex-allievi Nunziatella è stato studiato attraverso interviste in profondità
somministrate al coordinatore del progetto, ai Mentor e ai beneficiari del
Mentoring in modalità faccia a faccia e anche via mail (raggiungendo anche
Mentor risiedenti fuori del territorio italiano). Infine, è stato realizzato un
Focus Group tra tre Mentor in particolare sulle competenze del Mentor e sulle
peculiarità del rapporto Mentor / destinatario che si instaura via internet.
3.3. La ricerca nei Programmi Operativi Regionali delle
regioni del
Sud Italia
Ci sembra opportuno dedicare almeno un piccolo
spazio sul lavoro svolto, relativamente alla ricerca operata via internet sulla
presenza / assenza di questa metodologia fra le azioni finanziabili attraverso
fondi pubblici.
Abbiamo visitato i siti di alcune Regioni del Sud
d’Italia: la Campania, la Sardegna, la Calabria, la Sicilia, l’Abruzzo, il
Molise, la Puglia e infine la Basilicata.
Da questi siti sono stati monitorati i bandi
dell’ultimo anno relativi ai finanziamenti per la formazione professionale
secondo i Programmi Operativi Regionali, per l’utilizzo del FSE.
L’indicazione che ne abbiamo tratto è che, almeno
negli ultimi bandi, non esistevano finanziamenti specifici per azioni di
Mentoring, ma solo per altre azioni di orientamento, come per esempio il bilancio
di competenze.
Lo spunto che se ne può desumere è quello che
ancora, almeno attraverso questi canali di ricerca, nelle Amministrazioni
Pubbliche non c’è sensibilità su tale metodologia.
Parte Seconda. Definizione del Mentoring
4. Un tentativo di
definizione del Mentoring
Come si vedrà nei capitoli seguenti, i modelli del
Mentoring riscontrati nei casi studiati sono talmente diversi che il tentativo
di definizione di cosa sia distintivo del Mentoring, piuttosto che del Tutoring
o del Coaching, potrebbe contemporaneamente accontentare qualcuno e scontentare
altri.
Basti solo pensare che per definire il
destinatario dell’azione di Mentoring si utilizzano almeno quattro termini
differenti: ‘Mentee’, ‘Pupil’, ‘protetto’, ‘Junior’, etc.
Si passa, infatti, da obiettivi d’inserimento
professionale in contesti organizzativi strutturati, come il caso della Coca
Cola Foods e il caso Ceref (inserimento lavorativo dell’infermiere
professionale), a obiettivi di orientamento professionale e aiuto/sostegno
nella progettazione di percorsi di studio ai fini di sviluppo di carriera, come
nel caso dell’associazione ex allievi Nunziatella; da progetti di Mentoring
finalizzati a interventi organizzativi molto specifici e mirati nell’ambito del
Terzo settore come nel caso delle esperienze realizzate da Sodalitas, al
servizio di Mentoring molto strutturato e razionalizzato, finalizzato al
sostegno dell’apprendimento in corsi di formazione erogati esclusivamente on
line, come nel caso dell’Elea.
Il compito in ogni modo di questo lavoro è di
trovare, attraverso lo studio documentale e bibliografico e attraverso
l’analisi dei casi, degli elementi che possano dare degli orientamenti
piuttosto chiari su cosa sia il Mentoring.
Di conseguenza, il nostro argomentare passerà in
rassegna alcune definizioni che esistono in letteratura, per poi confrontarle
con i casi di studio.
Qui di seguito le definizioni.
Il Mentoring è “una relazione uno ad uno che si
instaura tra un esperto e un novizio, e che prosegue fino a quando quest’ultimo
non ha pienamente sviluppato le proprie potenzialità” (Baum, 1992).
“Qualunque rapporto tra anziani e giovani, oppure
tra pari, che si orienti ad una funzione di sviluppo” (Carter, 1994).
Il Mentoring per Clawson (1996) è “una relazione
ad elevato potenziale di sviluppo personale e professionale in cui l’obiettivo
è sostenere la crescita di una o entrambe le parti”.
Per Veale (1996), il Mentoring “raggiunge i suoi
scopi primariamente attraverso la costruzione di un rapporto. Il Mentor è solitamente
qualcuno che… ha esperienza e conoscenza di chi è e di come le cose devono
essere fatte”.
Infine, per G. Cortese (2000) “il mentoring è
un’attività finalizzata alla promozione delle potenzialità individuali
attraverso la realizzazione di un percorso di apprendimento guidato da un
collega più anziano e più esperto”. “Il Mentore è una figura capace di offrire
guida e sostegno, dar vita ad un insegnamento, facilitare il cambiamento”.
La nostra argomentazione adesso collegare queste
definizioni con l’analisi dei casi.
Infatti, queste suggestioni prese a prestito dalla
letteratura organizzativa, in qualche modo contengono, e offrono un ambito di
definizione delle attività e dei modelli di Mentoring analizzati nel presente
contributo.
Come si è precedentemente accennato, sebbene i
modelli utilizzati siano diversi e adattati agli obiettivi specifici per i
quali questa particolare metodologia di lavoro è utilizzata, possiamo sostenere
con certezza che effettivamente ci possono essere degli orientamenti piuttosto
simili del rapporto di Mentoring che possiamo riscontrare in tutti i casi
studiati e che possiamo inserire coerentemente nelle definizioni sopra
riportate. Sono proprio questi orientamenti che ci permettono di differenziarlo
dal tutoring e dal coaching.
Questi orientamenti si sostanziano quando si
considerano due indicatori presi a prestito anche dalla letteratura e cioè:
1
Orientamento
al contenuto professionale
2
Orientamento
alla relazione
In ambedue gli indicatori, ci riferiamo al
rapporto che s’instaura tra Mentor e destinatario dell’azione di Mentoring.
Per orientamento al contenuto professionale, ci
riferiamo ai processi e agli oggetti specifici della professione.
Per orientamento alla relazione si intende
l’intensità del rapporto che si instaura tra Mentor e destinatario.
Nel seguente schema si propone un tentativo di
definizione del Mentoring in base a questi due indicatori.
Prendendo a prestito le definizioni di coaching e
tutoring dalla letteratura organizzativa, tenteremo di distinguere questi
ultime due metodologie dal Mentoring.
Per coaching, si intende “un’interazione che ha lo
scopo di migliorare le prestazioni. Ponendosi obiettivi, utilizzando e
praticando tecniche, utilizzando feedback, il coach aiuta la persona a
incrementare le competenze e le potenzialità di successo”. Veale (1996),
Per tutoring, si intende “un rapporto che ha il
compito di stimolare l’apprendimento, di favorirlo e di controllare il processo
educativo del gruppo, […], di incoraggiare ad essere attivi, favorire la natura
personale dell’apprendimento, ammettere l’idea che essere differenti è cosa
accettabile, riconoscere il diritto all’errore, tollerare l’imperfezione,
incoraggiare l’apertura di spirito e la fiducia in sé, dare l’impressione di
essere rispettati e accettati, facilitare la scoperta, porre l’accento
sull’autovalutazione in cooperazione e permettere il confronto delle idee”.
(Guilbert, 1981).
Con riferimento al tutoring, il Mentoring si
differenzia dal tutoring, perché, nonostante abbia un orientamento alla
relazione simile, il tutoring manca del tutto dell’orientamento al contenuto
professionale. Si deve anche specificare inoltre, che le potenziali
implicazioni personali del tutoring rispetto al coaching, quella che Quaglino
chiama ‘mutualità del rapporto’, possono raggiungere, a nostro modo di vedere
in base ai casi analizzati, una più elevata intensità nel Mentoring.
Invece nel coaching, fortemente caratterizzato per
il suo orientamento ‘all’addestramento al contenuto professionale’ e ‘al
miglioramento delle prestazioni lavorative’, manca il contenuto relazionale, o
quantomeno è meno importante sia del Mentoring sia del tutoring.
Come si vede dallo schema sopra riportato, invece,
il Mentoring si caratterizza per un notevole orientamento alla relazione, ma
anche un forte orientamento al contenuto professionale.
Quanto appena detto, e cioè, quanto riscontrato di
elemento comune nei casi di studio, non è certamente contrario, anzi, è
contenuto nelle definizioni che abbiamo riportato e preso dalla letteratura
organizzativa.
C’è però da fare un’ulteriore precisazione, e cioè
che l’intensità di questo orientamento contemporaneamente al contenuto
professionale e alla relazione varia in base al variare del contesto.
Infatti, si deve differenziare se il rapporto di
Mentoring si riferisce ad un contesto prevalentemente motivazionale o ad un
contesto prevalentemente organizzativo.
Come vedremo, infatti, nei casi analizzati la
differenza si nota e il ‘mix’ di importanza su queste due variabili cambia.
Nel caso della Nunziatella, un contesto
prevalentemente motivazionale, l’orientamento alla relazione è più forte dei
contenuti professionali, può infatti implicare una relazione più forte, quando
il miglioramento nella professione appena intrapresa (o da intraprendere) è, al
momento del rapporto, un po’ meno importante che nei contesti organizzativi.
Di contro, nei contesti organizzativi, come nel
caso della Coca Cola, del Ceref e della Sodalitas, pur rimanendo importante al
momento del rapporto l’orientamento alla relazione, è decisamente più
significativo dei contesti motivazionali l’orientamento al contenuto
professionale.
Relativamente agli obiettivi del Mentoring,
invece, nei casi analizzati si è riscontrata una sostanziale disomogeneità, che
riportiamo qui di seguito:
Funzioni del Mentoring:
1
Orientamento
ai percorsi professionali e di carriera
2
Orientamento
al contesto organizzativo
3
Orientamento
e sostegno al processo di apprendimento.
Come si può vedere, comunque, la componente
dell’orientamento resta forte, anche se cambiano i contesti di riferimento.
Questo non toglie però il fatto che l’orientamento
non attivi processi di formazione e di auto-formazione, anche se sono mirati a
contesti di riferimento estremamente diversificati.
Da questo si desume quello che in ogni caso deve
essere il bagaglio caratteristico, il ‘kit’ di competenze del ‘Mentor’,
argomento per il quale si rimanda al capitolo 5 del presente contributo.
5. Il Mentor:
un’analisi comparativa
5.1.Le competenze del Mentor e il percorso
formativo
Da quanto emerso fino adesso, è possibile
individuare tutto il bagaglio di competenze del Mentor e delineare quali sono
gli ‘standard minimi’, o meglio il pacchetto minimo di formazione che a un
professionista o a un esperto si deve offrire affinché diventi un buon Mentor,
a prescindere dagli obiettivi e dalle specificità del programma o
dell’intervento di Mentoring.
Come lo si debba offrire sta alla libertà, alla
natura e ai vincoli della situazione specifica di riferimento. Si possono
organizzare conference, comunità di pratiche su siti o su un intranet
aziendale, si possono organizzare degli workshop, degli scambi di esperienze,
si possono chiamare esperti e testimoni privilegiati, si possono organizzare
classiche lezioni frontali, ma quel che risulta chiaro da quanto detto
analizzato nei casi e nella letteratura è il ‘cosa’ si deve formare.
Premesso che il Mentor è un professionista o un
‘soggetto esperto’ nel proprio settore, e quindi si pone come
esempio nel processo di orientamento, come una guida personale e professionale.
Conseguentemente, le competenze tecniche
professionali specifiche dei contenuti della professione, come è chiaro, non si
devono formare, perché sono il requisito minimo indispensabile, ‘la conditio
sine qua non’ ci si può candidare a essere Mentor.
Le altre competenze fondamentali sulle quali fare
formazione sono quelle esposte nella scheda qui di seguito.
Le competenze di seguito descritte sono quelle che
sono emerse in tutte le interviste e quelle quindi che sono individuabili nelle
seguenti macro-aree:
1
Capacità
di gestione del rapporto
2
Capacità
di gestire tutto il processo di comunicazione
3
Capacità
e gestione di tecniche formative e dei processi di apprendimento.
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI
INDIVIDUALI |
Conoscenza
molto approfondita della professione (curricula molto selezionati) e del
settore professionale Conoscenza
dei settori limitrofi al proprio settore professionale Conoscenza
degli obiettivi del Programma di Mentoring e degli obiettivi che ci si
prefigge l’organizzazione di riferimento Conoscenza
degli obiettivi del destinatario |
Gestire
comunicazione (attraverso internet o faccia a faccia) Sapere
indirizzare nei percorsi professionali o di apprendimento riguardanti il
proprio settore, i settori limitrofi. Capacità
di esporre in modo obiettivo i percorsi professionali individuati e in modo
chiaro e esaustivo. Sapere come
individuare i percorsi alternativi. Capacità
di comunicazione nell’orientamento e di gestione del rapporto di Mentorship
(capacità di ascolto, capacità di monitoraggio, disposizione all’ascolto,
capacità di risolvere i problemi comunicativi, saper indirizzare e gestire,
capacità di gestire il linguaggio) Capacità
di ‘rispondere con calma’ e di gestire le aspettative del pupil. Capacità
di esemplificazione Capacità
di sdrammatizzare e di porgere i contenuti. Capacità
di acquisire il rispetto del protetto Capacità
didattiche, tecniche formative Capacità
di feed back. |
Forte
motivazione e senso di appartenenza all’organizzazione. Forte
motivazione e spirito di corpo nei confronti del destinatario Senso di
responsabilità nei confronti del destinatario e del proprio lavoro Capacità
di leadership Capacità
maieutiche Capacità
di porsi in modo dialettico, conflittuale Capacità
di apprendere e di auto-apprendimento |
Se le prime due erano ampiamente ricordate nella
letteratura, quest’ultima area di competenze risulta ancora più specialistica e
sicuramente influenzata dalla grande importanza che si da alla formazione, sia
essa on line sia essa tradizionale.
Chi deve trasmettere qualsiasi contenuto,
specialmente chi si pone come esempio, deve essere in grado anche di
padroneggiare minimamente alcune tecniche di formazione basilari al processo di
apprendimento del destinatario dell’azione.
Come si vedrà anche nei casi di studio, questa
capacità, che si rispecchia ovviamente nella gestione del rapporto, si deve
ulteriormente differenziare se il contesto dell’azione di mentoring è on line o
faccia a faccia.
Infatti, se il rapporto si sviluppa in un ambiente
telematico, le competenze per gestirlo saranno riconducibili, oltre che alla
capacità di padroneggiare lo strumento stesso, anche relative alla conoscenze
alla gestione della ‘lan etiquette’ e di tutte le potenzialità e i punti di
criticità dovuti ad un rapporto in rete.
Diverso invece è il caso di un rapporto di
mentoring che si sviluppa faccia a faccia, in cui sarà fondamentale la capacità
di gestione di un colloquio in cui la relazione può diventare anche
emotivamente intensa e rilevante.
5.2.Il rapporto Mentor/destinatario: punti di forza,
punti
di criticità
Infine, ci soffermiamo su quelle che sono state le
costanti emerse dallo studio dei casi e dalle interviste relativamente ai punti
di forza e ai punti di criticità nel rapporto di Mentoring.
I punti da affrontare in questo senso sono davvero
riconducibili a poche frasi.
Qui di seguito si riporta una griglia in cui
vengono sintetizzate tutte le affermazioni raccolte durante le interviste
sull’argomento in oggetto.
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
Benefici
nel dare un ruolo attivo da parte del soggetto esperto in uscita. Mantenere
e preservando ‘in famiglia’ il così detto know how imparato in azienda. |
Rischio
di intravedere nel Mentoring l’unica soluzione alla formazione aziendale. |
Riduzione
dei costi Risparmio nella formazione con i metodi tradizionali. Mappatura
risorse umane e livello di integrazione nel quadro aziendale dell’efficacia
dell’azione di Mentorship Incentivi
(di vario tipo, anche economici sia per il Mentor sia per il pupil) a
verifica di raggiungimento obiettivi aziendali dopo azione di Mentoring |
Rischio
di scambiare il Mentoring per l’accostamento. Sclerotizzazione
del sistema, in quanto manca la traduzione in termini attuali dei valori
aziendali. (rischi
di esclusione delle persone che non partecipano al progetto di Mentoring ). Differenziazione
tra target (dirigenti, futuri dirigenti, quadri, operatori) Differenziazione
a seconda della tipologia di azienda. |
Inutile ribadire i punti di forza che rendono
speciale la metodologia del Mentoring piuttosto che altre metodologie, e cioè
di avere un ‘punto di riferimento esperto’ con il quale si instauri un rapporto
‘più caldo’, ‘più familiare’.
Proprio questo forte orientamento alla relazione,
come abbiamo più volte ricordato, permette di attivare processi di motivazione
all’azione che difficilmente si possono immaginare con altri strumenti di
empowerment e di sviluppo personale.
I punti di criticità nelle pratiche di mentoring
sono imputabili alla degenerazione di quelli che sono proprio i suoi punti di
forza.
Si riconducono prevalentemente a due ordini di
fattori: uno di tipo organizzativo, uno di tipo relazionale.
Il primo aspetto lo si rileva quando il Mentor
diventa una figura la cui autorità scavalca la diretta responsabilità del
dirigente o del boss di riferimento del destinatario, oppure, conseguentemente,
che si instauri un rapporto tra i due di tipo competitivo. È chiaro che questo
non si verifica in interventi di Mentoring come quelli caratteristici del caso
Associazione Ex Allievi Nunziatella.
Il secondo, di ordine relazionale, è quello dovuto
alla forte personalità del mentor, che rischia talvolta di orientare il destinatario in percorsi non strettamente concordati
o dal programma o particolarmente corrispondenti alle caratteristiche e alle
aspettative professionali dello stesso.
Questo si deve prevalentemente al tipo di rapporto
che si instaura e che, talvolta, può eccedere e scaturire nella ‘dipendenza’,
inficiando proprio gli obiettivi specifici del Mentoring, e cioè quelli di
sviluppo e di auto-progettazione.
Qui di seguito, infine, riportiamo uno schema del
rapporto di Mentoring, che, a parte il caso Elea che ha una specificità tutta
sua e per la quale rimandiamo al capitolo 10 di questo contributo, può essere
rappresentativo e comparativo di tutti i casi studiati.
I° step. Preparazione del progetto.
In ogni caso studiato, prima di attivare il
rapporto di Mentoring, c’è una fase di preparazione di tutta l’intelaiatura
organizzativa, di condivisione degli obiettivi, di preparazione della
strumentazione (telematica, faccia a faccia), di decisione delle modalità di
valutazione in itinere ed ex post, etc.
Questa fase, a prescindere dai contesti in cui si
realizza l’azione di Mentoring, è in ogni modo fondamentale soprattutto per la
preparazione della coppia o delle coppie, per stabilire gli abbinamenti tra
Mentor e destinatario e quant’altro.
In questo momento inoltre si prepara il Mentor (o
i Mentor) al rapporto di Mentorship, in taluni casi con dei corsi di
formazione, in altri con dei semplici colloqui o scambi di idee.
II° step. Attivazione della relazione.
Viene attivata la relazione.
Solitamente, si riscontra una fase iniziale in cui
la coppia si presenta, si chiarisce gli obiettivi del rapporto, ci si scambiano
i rispettivi vissuti professionali e personali.
In questa fase, sia che il rapporto venga
sviluppato a distanza, sia che venga sviluppato faccia a faccia si cerca di
orientarlo sulla relazione, spesso anche cercando di rompere il ghiaccio con
tutti quelli strumenti necessari per ‘abbattere le barriere’.
III° step. Gestione ed evoluzione del rapporto.
Siamo nel pieno della relazione di Mentoring e ci
si sposta sui contenuti, mantenendo ovviamente alto l’orientamento alla
relazione.
In questa fase c’è da fare una specifica
distinzione se il rapporto è faccia a faccia o se è telematico.
Infatti, dall’analisi dei casi, risulta che nel
rapporto telematico è più facile ‘abbattere le barriere’, e questa fase è
caratterizzata da elevati picchi di entusiasmo da parte del destinatario
dell’azione.
Nel rapporto faccia a faccia la II fase è più
lunga, anche perché si sente l’influenza della personalità del Mentor, che deve
avere molta consapevolezza di questo.
In ogni caso, l’entusiasmo del destinatario va
saputo gestire e ottimizzare, portandolo sui contenuti professionali del
rapporto e senza creare ‘false illusioni’ su dove questo rapporto porterà.
Dalle interviste, risulta che, in questa fase, si possono
riscontrare anche delle ‘crisi’ che possono avere origine da molti motivi. È
fondamentale in questo momento la funzione motivazionale e di guida del ‘Mentor’ e anche di tutta la
struttura organizzativa che deve offrire supporto alla coppia e anche aiutare
in alcuni casi a dirimere le controversie insorte, ridando motivazione e
tarando nuovamente gli obiettivi del rapporto.
IV° step. Chiusura del rapporto.
Il rapporto si esaurisce una volta raggiunti gli
obietti.
A seconda dei casi, si sono riscontrati molti modi
per chiudere il rapporto.
Il più interessante risulta quello della
‘celebrazione’ all’interno di tutta la comunità di Mentoring all’interno dello
stesso progetto, per dare visibilità e importanza alla buona riuscita
dell’intervento, oltre che per dare motivazione ulteriore a quelli che ancora
sono impegnati nella coppia. È come dare un segnale del tipo ‘loro ci sono
riusciti, ce la potete fare anche voi’.
V° step. Valutazione.
Questa fase è naturalmente collegata a tutte le
fasi precedenti, nelle quali si è comunque operata una valutazione in itinere,
anche per aggiustare le modalità di intervento in corso d’opera.
Quest’ultima fase è importante per acquisire
esperienza e per crearsi una sorta di ‘vademecum del rapporto di Mentoring’ da
utilizzare in altre esperienze e per costruire una comunità di pratiche.
Parte Terza. Analisi dei casi
In questa terza parte dell’elaborato si riportano
i casi di studio e quelle che potremmo definire ‘buone pratiche’ nell’utilizzo
del Mentoring.
In particolare, è stato portato in rilievo il caso
della Scuola Militare Nunziatella, che costituisce il caso di approfondimento
di questo lavoro.
Si ricorda che nell’esposizione dei singoli casi
si riporta la terminologia delle parole ‘Mentor’ e ‘destinatario’ dell’azione
così come viene utilizzata dalle persone intervistate e dalle fonti da noi
utilizzate per il reperimento delle informazioni.
6. Il caso della
Scuola Militare Nunziatella di Napoli.
6.1. Contesto dell’azione
Il Progetto Nunziatella Mentoring
è promosso dall’Associazione ex allievi Nunziatella (diffusa in tutto il
territorio nazionale e internazionale), della menzionata Scuola Militare di
Napoli.
L’iniziativa è nata da una mailing list di circa
600 persone così detti ‘web-ex’. Questa lista è nata da ex allievi della
Nunziatella sparsi in tutto il mondo, e organizzata in un ‘Group’ di
discussione su ‘Yahoo’.
L’idea di fare un servizio di mentoring
esclusivamente on line, e attraverso internet, nasce dal desiderio di mantenere
saldo il raccordo tra ‘nuovi ex allievi’ e Associazione ex-allievi Nunziatella.
In questa Associazione, in cui i legami affettivi
e valoriali sono molto forti, nasce da Giorgio Draskovic l’idea di offrire
servizi di competenze esperte di professionisti ‘ex-allievi’ e di nuovi ex
allievi, al fine di offrire quell’orientamento di cui una persona in entrata,
che frequenta o in uscita dall’università necessita per tentare di cominciare a
programmare il proprio percorso di studi e di carriera.
La sperimentazione tuttora
in corso è solo tra gli ex-allievi, ma l’intenzione è quella di proporre alla
Scuola Militare Nunziatella di inserire il servizio anche dentro la Scuola
Superiore, per i ragazzi che frequentano l’ultimo anno.
Il servizio ha lo scopo di
consigliare le scelte professionali degli ex-allievi in uscita dalla Scuola
Militare Nunziatella di Napoli.
Il servizio è svolto esclusivamente
via telematica, attraverso l’apposito forum Nunziatella Mentors
Yahoo groups.
Il sito è molto strutturato
ed è regolato da norme che i coordinatori del progetto si sono dati.
In questa sede non è
possibile mostrare nessuna immagine del Web Group, perché vincolato da norme
sulla privacy e perché solo gli iscritti possono accedervi.
Il collegamento alla home
page è :
http://it.groups.yahoo.com/group/nunziatella_mentors
Attraverso questo collegamento è possibile solo
vedere la home page esterna ed è necessario avere una password,
oltre che, naturalmente essere iscritti.
Per un ulteriore approfondimento del sito (cfr.
cap. 6.7).
Nel data base ‘Mentor’ del progetto sono
annoverati diversi settori professionali, non necessariamente con sviluppo di
carriera militare. Anzi, la caratteristica fondamentale della Scuola
Nunziatella è proprio quella di preparare ‘alla vita e alle armi’: per questo
non esiste nessun ‘ostracismo’ per coloro che intraprendono la vota civile.
Gli ambiti professionali di intervento del
mentoring specifici del progetto sono un 30% con sbocchi professionali
militari, mentre un circa il 70% civili.
Tra i settori di orientamento professionale si
segnalano i seguenti:
· Aeronautica civile
· Agronomi
· Architetti
· Avvocati, Notai, Magistrati
· Bancari e operatori finanziari
· Economisti e operatori di Marketing
· Farmacisti, biologi, chimici
· Fisici
· Geologi
· Giornalisti
· Imprenditori industriali
· Ingegneri
· Informatici
· Medici
· Pubblica Amministrazione
· Pubblicitari
· Spettacolo e Comunicazione
· Esercito
· Marina
· Aeronautica
Le ambiziose mire del progetto sono quelle di
fornire orientamento in tutti i possibili settori della vita civile e militare,
sfruttando tutta la rete degli ex-allievi della Scuola Militare.
Parlare di luogo nel caso di questo esperimento
non ha propriamente senso, visto e considerato che tutto il servizio si
realizza tramite internet, con e-mail, chat, webcam, l’istant messenger, il
viva voce, e quant’altro.
I paesi coinvolti in questo progetto infatti,
attraverso l’attività dei Mentor, sono circa 25, anche se i beneficiari diretti
(i pupil) sono prevalentemente nel territorio nazionale.
Gli strumenti sono internet.
Può esistere una cosa di questo genere tramite
internet?
Il luogo telematico tutto sommato si presta bene
alla realizzazione del servizio.
Si può pensare, come già accennato prima, ad una
campo di intervento sterminato. Nel caso specifico a tutti i settori
professionali in cui è possibile trovare i mentor.
Sicuramente nelle lingue, con la chat e il
vivavoce.
Infatti, una delle possibilità che si offre è
quella di avere un mentor per la lingua, nelle Scuole militari internazionali
(ex allievi) di mettersi in mentorship con gli ex allievi italiani per scambi,
etc…
I servizi interni ed esterni che sono stati
attivati nel progetto di mentoring nell’esperienza specifica sono
gratuiti grazie alla piattaforma Yahoo
-- con i relativi pacchetti di
servizi inclusi (yahoo messenger, istant messenger, vivavoce, webcam, etc) -- che
vive sulla pubblicità e che è più che sufficiente per la sperimentazione in
atto.
La missione del mentor è e deve essere
esclusivamente volontaria, ma sotto ‘chiamata’ dell’associazione ex-allievi,
attraverso il coordinamento e l’azione del comitato di controllo, come si vedrà
nel paragrafo successivo.
6.2. L’organizzazione del progetto e alcune definizioni
L’organigramma e l’organizzazione del progetto
sono fortemente formalizzate e strutturate.
I suoi organi sono:
· I mentore
· I coordinatori
· Il comitato di controllo
· I pupils
· I moderatori del Forum telematico
Per Mentor si intende un ex-allievo della
S.M.N. che per esperienza professionale acquisita, in qualità di illustre
esempio di vita e di professionalità, può esprimere consigli sul percorso di
carriera (militare e non) del pupil. :
sono ammessi all' Albo dei Mentors, su loro richiesta, gli Ex
Allievi in possesso di considerevole esperienza professionale in uno dei
settori di attività selezionati e che siano disposti a seguire e consigliare
uno o più Pupils nell'ambito del servizio. Tale consulenza e' strettamente
offerta su base volontaria e gratuita e dovrà svolgersi nei più rigorosi
termini deontologici.
Il servizio di mentoring (one on one) è
riservato esclusivamente agli Ex Allievi appena maturati (Junior) o
iscritti all’Università ed alla ricerca di un orientamento di vita e
professionale.
L’accezione linguistica con
cui si designano i destinatari dell’azione di Mentoring è ‘pupil’’.
I coordinatori svolgono il
compito di assegnare i Mentore ai pupils e di controllare la
‘coppia in volo’, il rendimento dell’iniziativa, suggerendo anche modifiche al
regolamento stesso del progetto.
Per ‘coppia in volo’, come facilmente si intuisce,
si intende la coppia Mentor-Pupil, usando una accattivante metafora di
uso militare. Della coppia si annuncia pubblicamente nel forum il
decollo, non appena ne viene formata una, e l’atterraggio, quando il compito
dell’azione è finito.
Il comitato di controllo è
composto da tre membri con potere inappellabile di dirimere controversie,
concedere dispense relative all’impiego diretto dei pupils su
segnalazione degli interessati oppure motu proprio sospendere i Mentore
o i pupils con motivazioni precise.
Il comitato di controllo, i coordinatori e i
moderatori del forum hanno il compito di svolgere il lavoro di segreteria, di
gestire i data base e di effettuare le ricerche dei mentor dopo aver ricevuto
la richiesta da parte di pupil, infine, ma non per questo meno importante,
fornire assistenza alla coppia.
Il progetto non ha altri fini che quelli dell’orientamento.
C’è da sottolineare comunque che l’orientamento
attiva oltre che informazione anche processi di apprendimento forti, che
operano nella direzione dell’auto-progettazione e dell’auto-formazione
assistita.
Per rendersi conto di quanto le regole che si sono
dati siano attente e consapevoli a ogni possibile implicazione del rapporto istaurantesi,
oltre che naturalmente, esplicare e favorire una facile gestione ‘a distanza’,
è utile citare alcuni cenni tratti dal regolamento:
“Per diventare Mentore
bisogna presentare una richiesta al comitato di controllo che, dopo aver
valutato il curriculum e l’idoneità al servizio, inserisce il nominativo nel
data base, non prima di aver fatto firmare un impegno scritto a rispettare il
mandato e il regolamento stesso”.
“I pupils devono dimostrare l’appartenenza
all’associazione ex-allievi, fornire i propri dati compilando la scheda di
partecipazione e richiedere ai coordinatori l’attribuzione di un Mentor”.
“È fatto divieto per i Mentore di impiegare
direttamente i pupils (salvo dispensa del comitato di controllo) oppure offrire
le proprie prestazioni professionali e capacità formative a fronte di
retribuzioni economiche”.
“Le eventuali dispense all’assunzione diretta del
pupil devono essere pubblicizzate sul Web-Group”.
“Ogni mese il comitato di controllo ritira un
rapporto sull’andamento della coppia:
· Scheda pupils
· Scheda Mentore
Come si vedrà in seguito, tali schede devono
fornire una valutazione su alcuni aspetti del rapporto, anche se probabilmente
potrebbero essere maggiormente approfondite sulle competenze via via acquisite dal
pupil, in particolar modo sugli aspetti specifici del settore
professionale in cui si opera l’azione di orientamento, sulle competenze
‘trasversali’, anche se in via telematica, e infine, ma non per questo meno
importante, sulle progettualità attivate durante il Mentoring.
Si riporta qui di seguito la scheda di valutazione
del rapporto che viene utilizzata:
__________________________________________________________________
One on One Mentoring
SCHEDA RAPPORTO MENTOR
no. [1]
Data compilazione Rapporto:
__/__/2002
Mentor: corso __/__
Pupil: corso __/__
Inizio Mentorship [2]
: __/__/2002
Periodo coperto dal Rapporto : dal
__/__ al __/__/2002
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Temi trattati [3] :
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Modalita' : effettuata principalmente mediante [4]
* e-mail
* telefono
* chat >
* scritto
* vivavoce
* altro >
specifica:
Frequenza contatto: * una o piu' volte al giorno
*
minimo tre volte la settimana
*
circa una volta alla settimana
*
ancora meno
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Risultati :[4]
Applicazione Pupil: * Ottima
*
Buona
*
Sufficiente
*
Insufficiente
Giudizio efficacia metodo: * Ottimo
* Buono
* Sufficiente
* Insufficiente
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Prosecuzione Rapporto :[4]
Si intende:
* proseguire il rapporto
come in precedenza
* proseguire il rapporto ma
su base diversa > (elabora)
* interrompere il rapporto
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Note commenti e suggerimenti per il
miglioramento del servizio.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------
legenda:
[1] indicare numero progressivo del
rapporto nell'ambito della medesima Mentorship
[2] data della prima comunicazione
effettiva con il Pupil
[3] breve descrizione dei temi
principali svolti nel periodo
[4] sostituire l'asterisco con
"X" in corrispondenza di una sola delle opzioni - elaborare
se richiesti
__________________________________________________________________
6.3. La rete
La rete di contatti necessaria alla realizzazione
del progetto Mentoring è da individuare nella stessa rete formalizzata
dell’Associazione ex allievi Nunziatella, che, in stretto rapporto con la
Scuola Militare, pubblicizza e promuove il servizio fin dall’ultimo anno della
Liceo.
Inoltre, la stessa Associazione Ex-Allievi e la
Scuola si supportano in alcune servizi necessari all’azione di Mentoring, come
per esempio alcuni supporti finanziari per le spese di gestione del servizio.
Questo aspetto comunque è spiegato meglio in
seguito (cfr. paragrafo 6.5), soprattutto al fine di capire come la
condivisione di valori ben precisi incida sulla motivazione sia del pupil
sia del mentor, oltre che naturalmente capirne i vantaggi al fine della
gestione delle risorse, sia umane sia finanziarie, laddove siano
particolarmente scarse, o nemmeno prese in considerazione.
Nell’esperienza specifica, la rete necessaria al
fine di realizzare il Progetto è da individuarsi soprattutto nel data base
degli ex allievi per i mentor, nel data base degli ‘web-ex’ , da cui è partito
tutto il progetto, Internet e la stessa Associazione ex – allievi.
Altre reti utili verso le quali è intenzione
sviluppare dei rapporti sono altre scuole Militari con le relative associazioni
ex- allievi.
In base all’esperienza di questo Progetto, vengono
forniti alcuni indicatori di impatto dell’azione di mentoring per le
organizzazioni per cui (o in cui) si realizza l’azione, che sono i seguenti:
1Mappatura risorse umane e livello di integrazione
nel quadro aziendale dell’efficacia dell’azione di Mentorship
2Incentivi (di vario tipo, anche economici sia per
il Mentor sia per il pupil) a verifica di raggiungimento obiettivi aziendali
dopo azione di Mentoring (rischi di esclusione delle persone che non
partecipano al progetto di Mentoring )
3Differenziazione tra target (dirigenti, futuri
dirigenti, quadri, operatori)
4Differenziazione a seconda delle tipologia di
azienda.
Alcuni indicatori di impatto dell’azione di
mentoring invece sul territorio, sono i seguenti:
1Disponibilità di accogliere in toto un servizio di
‘post sail sevice’ di lusso.
2Disponibilità Scuole Secondarie Superiori
3Partnership con aziende e lobbing con Università e
aziende
Sono ovviamente degli indicatori estrapolati dalle
interviste fatte ai coordinatori del Progetto Nunziatella Mentoring, ai due
‘Mentor’ e ai due ‘pupil’, l’esperienza dei quali può essere utile per
sviluppare una riflessione mirata, iniziata senza dubbio anche con questo
piccolo contributo.
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
Benefici
nel dare un ruolo attivo da parte del soggetto esperto in uscita. Mantenere
e preservando ‘in famiglia’ il così detto know how imparato in azienda. |
Rischio
di intravedere nel Mentoring l’unica soluzione alla formazione aziendale. |
Riduzione
dei costi Risparmio nella formazione con i metodi tradizionali. Mappatura
risorse umane e livello di integrazione nel quadro aziendale dell’efficacia
dell’azione di Mentorship Incentivi
(di vario tipo, anche economici sia per il Mentor sia per il pupil) a
verifica di raggiungimento obiettivi aziendali dopo azione di Mentoring |
Rischio
di scambiare il Mentoring per l’accostamento. Sclerotizzazione
del sistema, in quanto manca la traduzione in termini attuali dei valori
aziendali. (rischi
di esclusione delle persone che non partecipano al progetto di Mentoring ). Differenziazione
tra target (dirigenti, futuri dirigenti, quadri, operatori) Differenziazione
a seconda delle tipologia di azienda. |
6.4. Il percorso formativo del Mentor
Allo stato attuale del progetto Nunziatella –
Mentoring è previsto un breve percorso formativo all’uso dello strumento
telematico, considerato che il rapporto di mentoring si svolge
esclusivamente via internet, telefonico, via chat o via e-mail.
Inoltre nel forum telematico
è stato inserito uno spazio apposito per lo scambio di esperienze tra Mentore,
con l’intenzione di diventare una comunità di pratiche.
Non esistono però veri e propri programmi strutturati
di formazione per il Mentor, piuttosto esistono degli spazi riservati (una
comunità di pratiche ) nel sito, in cui
i Mentor si possono confrontare e dare consigli sulla gestione del rapporto. In
ogni caso e in tal senso la comunità di
pratiche, sorretta del forte senso di appartenenza, è il vero e proprio luogo
dove si impara in generale, e quindi, anche a fare il mentoring. Relativamente
ai contenuti della ‘formazione’ si possono individuare sostanzialmente due
filoni: il primo, relativo al saper gestire l’uso del mezzo telematico e della
piattaforma Yahoo, con tutto il kit necessario alla comunicazione, come lo
Yahoo messenger, la piattaforma Yahoo, yahoo messenger, istant messenger,
vivavoce, webcam, etc.
Il secondo relativo alla soluzione dei problemi
che insorgono nel rapporto Mentor / pupil e nella gestione del rapporto stesso.
Il comitato di coordinamento ha intenzione di
strutturare un percorso formativo per specifiche competenze necessarie allo
svolgimento dell’azione di mentoring.
Nello specifico, i contenuti sono i seguenti:
1la gestione del rapporto Mentor / Pupil via
telematica (sulla tipologia di risposte, di messaggi da inviare, etc…),
2la capacità di gestire una risposta e di
comunicare la cosa giusta al momento giusto via internet.
3La capacità di adeguamento del linguaggio nei
confronti dei formati chat, messenger, e-mail, viva voce, web cam, etc
4Capacità di comunicazione nell’orientamento
(capacità di ascolto, capacità di monitoraggio della disposizione all’ascolto,
capacità di risolvere i problemi comunicativi, saper indirizzare e gestire le
strade professionali scelte e quelle alternative)
6.5. Il rapporto tra ‘Mentor’ e ‘Pupil’’
L’azione di Mentoring deve essere assolutamente gratuita
e volontaria ed è basata principalmente su un forte senso di
appartenenza ai valori, allo spirito e alla tradizione del collegio
Militare, su cui tutti gli ex-allievi sono stati forgiati in età adolescente.
In nome del ‘preparare alla vita e alle armi’,
l’associazione ex-allievi si propone come prosecuzione di una comunità
valoriale della Scuola Militare che trasmette agli allievi un forte senso
di impegno nel civile e nel sociale.
In nome di questa
appartenenza quindi molte barriere, inerenti specialmente al primo contatto,
sono facilmente superate, proprio perché ‘si parla la stessa lingua’, ‘si
è vissuto le stesse esperienze’, ‘apparteniamo allo stesso mondo’, ‘anche
se siamo di generazioni diverse, possediamo i codici necessari allo scambio di
esperienze’.
Il Mentoring diventa uno
strumento di un vero e proprio scambio intergenerazionale.
Il rapporto di mentoring è
costantemente monitorato dal comitato di controllo attraverso schede di
valutazione (schede pupil e schede mentor) sui seguenti ambiti:
· Dati generali dei Mentore e dei pupil
· Inizio, durata e periodo della Mentorship
· Temi trattati in dettaglio
· Modalità del contatto
· Frequenza del contatto
· Applicazione Pupil
· Gradimento Mentor
· Efficacia del metodo
Come abbiamo già accennato
in precedenza queste schede potrebbero valutare anche ambiti conoscitivi
ulteriori: mi riferisco soprattutto allo sviluppo di progettualità formative o
di sviluppo di carriera nell’ambito del settore professionale in cui avviene
l’orientamento.
Il rapporto Mentor-pupil è pubblicizzato e
fortemente formalizzato nel e-group, al fine di rendere trasparente (a
parte i contenuti privati) e di valorizzare i risultati ottenuti e di
correggere il tiro pubblicamente qualora si verifichino delle incrinature del
rapporto. Questo avviene non per ‘colpevolizzare’, ma per far apprendere a
tutta la comunità dei Mentore e dei pupils.
Grazie al mezzo telematico, le coppie possono
essere costituite da soggetti che sono residenti, non solo in varie parti
d’Italia, ma anche nel mondo.
Si pensi che il
responsabile del Progetto gestisce tutto via Web da Sydney.
In questa esperienza , le modalità e canali di
selezione del ‘mentor’ sono semplici: basta il campo e attivazione. Allo
stato attuale è sufficiente la disponibilità, il curriculum professionale e la
capacità di comunicare via telematica. Non sempre il mentor riesce a comunicare
per via telematica, perché ha problemi di capacità in tal senso. C’è da
sottolineare che a proposito del rapporto mentor /pupil, ma soprattutto del
rapporto che l’ex allievo senior vive con la sua ‘Nunziatella’ in relazione al
Mentoring è quello di una vera e propria ‘chiamata’, in tal senso quando si
parla di caratteristiche necessarie affinché questo tipo di orientamento si
verifichi, si deve sottolineare la fortissima motivazione e senso di
appartenenza che da spinta alla volontà di insegnare ‘le carte, le mappe, la
rotta, le strumentazioni, etcc…’. A parte quindi la conoscenza molto
approfondita della professione (curricula professionali molto selezionati),
grande esperienza professionale), essendo volontaria l’azione, la selezione
deve riguardare tutto l’aspetto motivazionale e la valutazione delle potenziali
affinità, operata soprattutto ‘con il buon senso’.
Una regola (laddove sia possibile) per
accompagnare un Mentor a un pupil è proprio quella che siano residenti in città
diverse. L’intenzione è quella di evitare contatti faccia a faccia per ovviare
alcuni effetti perversi del rapporto instaurantesi, oltre che l’eventuale
‘sfruttamento’ del pupil per scopi diversi da quelli dell’orientamento,
come il praticantato gratuito.
Per approfondire quanto appena detto, si possono
menzionare diverse questioni relative al rapporto che si instaura tra Mentor e
pupil, in particolare nei criteri di abbinamento, quello che poc’anzi di
definiva ‘buon senso’, ovvero delle regole più che altro non scritte che
comunque guidano e favoriscono la buona riuscita del rapporto.
Il primo è la comune appartenenza alla
frequentazione della Scuola Militare.
‘Ci unisce un ‘certo spirito di fratellanza’
dovuto alla consapevolezza del fatto di aver frequentato un non comune liceo’,
carico di valori storici e di impegno che vanno ben oltre il sentiero valoriale
militare. ‘Uno specchio delle forze migliori della società’, molto presente
anche nello spirito di preservazione della Nunziatella, che dovrebbe essere
sempre più al passo dei tempi. Parlando di criteri di abbinamento questo
aspetto è di gran lunga il più importante perché consente di abbattere molte
barriere iniziali, anche tra generazioni diverse.
Filo rosso che accomuna sia una chiara
consapevolezza dell’importanza della formazione, sia una consapevolezza del
fatto di essere stati partecipi di insegnamenti simili, soprattutto nel fatto
di essere stati formati come la futura
classe dirigente del paese. ‘Anomalia del DNA nunziatellico’…’Sense of
belonging’…
Nel caso specifico della Nunziatella questa è una
variabile così forte che non importa dopo considerare molte variabili di tipo
‘soft’ per l’abbinamento tra Mentor e pupil. Infatti, il fatto di essere ex
allievi della Nunziatella è un collante così forte e motivante che riduce a
poca cosa il fatto di avere la passione comune per un determinato sport o per
un determinato autore.
Un altro criterio ‘non scritto’ di abbinamento tra
pupil e mentor è quello di fatto di essere residenti in città diverse, o, se
proprio non ci sono alternative, cercano di far usare il mezzo telematico il
più possibile. Questo per evitare di sprecare l’occasione di sperimentare
l’efficacia dell’azione di mentoring tramite internet. Inoltre, è anche per
evitare che i pupil particolarmente bravi vengano ‘sfruttati’ dai mentor per la
loro stessa professione. Già si è accennato che nel rapporto di Mentoring però
è tassativamente escluso il ‘praticantato’. Solo in casi stabiliti dal comitato
di controllo, qualora si verifichino dei rapporti che sfocino in un potenziale
stage o rapporto di lavoro -- e se questo può avvenire ben venga --,
comunque si interrompe il rapporto di Mentorship, che in casi come
questi, ha avuto decisamente buon esito anche se avvenuto ‘in famiglia’.
È bene quindi sottolineare che, eccezioni a parte,
il rapporto di mentoring esula completamente dal praticantato e una volta
terminata la missione con l’orientamento professionale avviato con il mentoring,
il pupil allora avrà bisogno di fare pratica professionale, ma non avrà
più bisogno di essere orientato.
La questione viene sottolineata perché si reputa
del tutto sconveniente mantenere un rapporto di Mentoring con un pupil che già
fa pratica professionale, in quanto si corre l’imbarazzante rischio di
sovrapposizione tra ‘visioni’ lavorative del capo e ‘visioni’ lavorative
specifiche del mentor.
Un altro piccolo accorgimento per l’abbinamento, è
che la coppia non deve essere un abbinamento tra persone troppo estroverse e
persone molto introverse, con il rischio chiaro di uno schiacciamento di
personalità.
C’è inoltre un altro grande importante tema che è
stato sviluppato e approfondito nel corso delle numerose interviste in
profondità, e cioè l’uso di Internet sul rapporto di Mentoring. Punti di forza
/ punti di criticità.
Il rapporto deve essere paritario (anche dal punto
di vista del mezzo). Il pupil non deve sentirsi un ‘minus habens’ perché
possono verificarsi problemi di varia natura, in special modo dal punto di
vista sia dell’esito della mentorship, sia dal punto di vista soprattutto dello
sviluppo dell’autonomia progettuale personale nei confronti della carriera.
In questo senso deve essere molto bravo il Mentor.
La comunità di pratiche virtuale e il mezzo telematico della piattaforma
aiutano molto a risolvere i problemi appena citati.
Tutto sommato, i vantaggi dal suo punto di vista
sono molti più degli svantaggi.
Dal punto di vista della comunicazione, comunicare
via telematica, rispetto al ‘de visu’ ha i vantaggi dello scrivere, senza avere
gli svantaggi dello scrivere una lettera. Innanzi tutto la comodità e la
rapidità di arrivo della risposta, l’immediatezza di poter ricevere
l’informazione o la dritta senza aspettare molto, coprendo distanze in questo
caso si può dire ‘mondiali’. Dall’altra la comodità anche di poter riflettere
prima di dare una risposta. La capacità di gestire e dare la risposta giusta è
una capacità che nel caso della Progetto Mentoring Nunziatella è ‘consigliata’
e imparata un po’ così, nella comunità di pratiche per i Mentor, ma del tutto
essenziali in un progetto omologo.
Punto di criticità è la capacità non facile di
gestire la comunicazione stessa nei formati richiesti dalle web-cam, chat e
istant messenger, etc.
Infatti la capacità di scrivere in una
‘finestrella’ come quella del instant messenger non è da sottovalutare perché
mal gestita comporta limitazioni di quello che in genere si dice di ‘attention
span’, e cioè perdendo le ramificazioni del discorso, oltre che naturalmente il
rischio di farsi prendere la mano e dover rispondere subito. Una tecnica,
laddove si sia visto un calo di attenzione o una frattura del rapporto, è
quella di comunicare tramite una e-mail, che faccia il punto e cerchi di
riportare all’attenzione il pupil o che in qualche modo punti il focus sui
motivi per cui si è incorsi nell’incrinatura del rapporto.
Questo è praticamente impossibile nel rapporto ‘de
visu’, in cui è difficile che ti venga data la possibilità di rimediare, almeno
istantaneamente. Classici sono gli esempi di ‘silenzi’ carichi di pesantezza e
di incapacità di proseguire il rapporto.
Si possono individuare delle tappe del rapporto,
insieme con alcune strategie di abbinamento. Ci riferiamo all’affabulazione
dovuta alla metafora del volo.
Ogni coppia che si abbina viene detta ‘coppia in
volo, equipaggio ’. Termini desunti dal linguaggio dei piloti e
dell’aeronautica. I rapporto tra mentor/pupil è chiamato ‘ruolino di volo’.
Ogni volta che una coppia parte se ne comunica il 'decollo' a tutti gli
iscritti, coordinatori, pupils, mentors, moderatori, etc.
L’utilità di questo è anche dovuta a un altro
aspetto interessante dello stare ‘in rete’ e cioè che la maggior parte delle
persone che sono in questo servizio, a
parte appunto alcuni, non si sono mai viste in faccia. Servono quindi strumenti
che riescano a colpire e a sollecitare la fantasia delle persone e ingaggiarle
in qualcosa di figurato, allorquando si considera che la maggior parte delle
attività si fanno di fronte ad un computer. ‘Serve a dare l’idea di persone che
si liberano in volo insieme (l’anziano e il giovane), due persone che scelgono
di fare un tratto di strada insieme, in cui l’anziano, o l’esperto possa
passare all’altro le rotte, le mappe, le strumentazioni, al giovane per
orientarsi.’
Quando vanno ‘in take-off’, cioè si esaurisce il
rapporto e si raggiungono gli obiettivi prefissati, poi si celebra il loro
‘landing’, e cioè il loro atterraggio, sempre per rimanere nel linguaggio e
nella terminologia specifica della aeronautica, ma soprattutto della metafora
affabulatoria.
Esiste una forte ritualizzazione e celebrazione
delle coppie un volo, perché essa sta anche ad indicare e a consacrare il fatto
che si tratta di una vera e propria missione, che ‘si parte per una missione’ e
si riatterra soltanto a missione compiuta. Inoltre, risulta molto gradita.
Dovendo dare un’idea a un 50enne e ad un 22enne di
quello che andranno a fare insieme, questo linguaggio e questa metafora si sono
rivelati molto utili, anche perché ‘quando tornano dalla missione, i commenti e
il linguaggio restano quelli dell’aeronautica’. Ad esempio, se ci sono
problemi, ci sono delle ‘perturbazioni’, etc..
Comunque, il senso più importante è quello di far
risaltare il senso di ‘finalità’.
Dovendo individuare delle tappe:
Il primo contatto e cioè la conoscenza reciproca,
deve essere caratterizzato da momenti ludici e di gioco, strettamente legati
all’affabulazione, anche favorendo il momento di gioco. È importante però saper
gestire questo momento per arrivare a saper ottimizzare le risorse. Infatti,
arriva un momento in cui il ‘gioco’ deve finire, anche se il ‘gioco’ è il
co-protagonista per eccellenza per far abbattere le maschere e le barriere. In
questo caso, è necessario un intervento ragionato del Mentor.
Poi solitamente, si assiste ad una sorta di
‘crisi’ del pupil, di psicodramma, in cui gli elementi umani e affettivi
vengono fuori. In questo momento il Mentor è essenziale perché il tipo di
intervento che deve fare non è di tipo ‘ti dico io come si fa’, ma, grazie alla
sua esperienza, riesce a riconoscere il momento in cui lui stesso è passato, e
poi arriva a raccontare cosa lui ha fatto in quel momento, ma lasciando al
pupil la libertà di scelta, perché ‘è della sua vita che si sta parlando’.
Appena prima di questo momento, è necessario che
il Mentor riesca a farsi ‘manifestare il disagio’, su cui poi lui interverrà
nell’azione di orientamento.
Ad un certo punto, dopo alcune settimane, si
riscontra un momento in cui il livello di qualità del rapporto si innalza,
quando cioè tutte le maschere e le barriere relazionali cadono da parte del
pupil. Questo è un momento fondamentale per l’ottimizzazione e per l’efficacia
dell’azione di mentoring. Sfruttato bene, si può giungere a notevoli
soddisfazioni.
Infatti, l’interazione in questa fase va
soprattutto nei contenuti specifici della professione e della professionalità,
che, ovviamente, dipendono molto dal contenuto della mentorship.
Nell’esperienza della Nunziatella, c’è da ribadire
in questa fase che la ‘Mentorship’ non va solo su variabili ‘soft’, ma scende
anche molto nei contenuti specifici, attivando anche percorsi e momenti di
approfondimento sui contenuti, propri della formazione.
Esistono inoltre procedure di controllo della
coppia e procedure di accompagnamento da parte dell’organizzazione durante il
percorso, in particolare con il Comitato di controllo e con i rapporti
periodici, che si accennavano precedentemente.
Comitato di Controllo: eventuali controversie che
insorgono in merito al servizio e che non possono essere risolte dai
Coordinatori, nonché eventuali dispense al generale divieto di impiego
diretto, saranno risolte con lodo
inappellabile da un Comitato composto da tre Ex di riconosciuta esperienza e
competenza professionale. In caso di gravi trasgressioni del Regolamento del
servizio, il Comitato ha potere di escludere dal medesimo, con lodo motivato,
Pupils e/o Mentors.
Rapporti periodici: sulla scorta delle missive dei
Pupils e delle schede periodiche compilate dai Mentors, i Controllori
provvederanno ad informare con regolarità l'Associazione ed invierà alle due
mailing list periodici resoconti sull'andamento del servizio.
Attraverso tutte le interviste fatte al
Coordinatore, ai Mentor e ai Pupil, si possono individuare in questo caso di
approfondimento dei punti di forza e dei punti di criticità nel rapporto pupil
/mentor, così come dei benefici e degli svantaggi per entrambi.
L’archetipo dei rapporti, derivante dal retaggio della
Scuola Militare, è quello di una grande dose di rispetto nei confronti
dell’anziano da parte del pupil., in termini della Scuola del Cappellone nei
confronti dell’Anziano. Il punto di criticità quindi a volte si è riscontrato
nel fatto che il ‘cappellone’, volendo fare bella figura nei confronti del
proprio Mentor, trova difficoltà a dire con sincerità e onestà la reale
condizione in cui si trova e le difficoltà riscontrate: conseguentemente a
questo, la capacità maieutica del Mentor deve essere grande.
Per il protetto, si individuano dei benefici,
soprattutto relativamente al fatto di ‘essere seguiti da una persona di
esperienza, sapere di potersi fidare’, inoltre, ‘Essere seguiti da una
Associazione dopo la Scuola’.
Gli svantaggi, sono semplificabili nello
schiacciamento del pupil e rapporto di dipendenza tra una persona di successo e
un nuovo entrato, inoltre nel rischiare di essere percepiti come facenti parte
di una lobby: ‘ma questo capita solo per chi non conosce realmente la
Nunziatella e la sua Associazione ex – allievi’.
Così come per il protetto, anche per il mentor
sono stati approfonditi alcuni punti di forza e di debolezza nel rapporto,
oltre che dei benefici e degli svantaggi.
Si sottolinea una grande ‘gratificazione nel
‘passare il testimone’ a qualcuno di fiducia’, che ‘hai formato tu’, oltre che
una ‘grande gratificazione nel contribuire alla sopravvivenza della tradizione
di una Scuola Militare così importante’.
Così come per il pupil, anche per il mentor lo
schiacciamento di personalità del pupil, il rapporto di dipendenza, il rischio
di imporre una scelta al pupil e di imporsi troppo come modello costituiscono
tutti importanti fattori di criticità, proprio perché mettono in discussione le
capacità del Mentor stesso, oltre che il sostanziale fallimento della ‘mission’
e degli obiettivi prefissati
6.6. La percezione del Mentor
Attraverso le interviste incrociate tra Mentor,
Pupil e coordinatori abbiamo ricostruito quelle che sono le caratteristiche
necessarie, utili e auspicabili del Mentor.
Per far fede alle parole utilizzate dagli
intervistati e alle griglie di intervista riportiamo qui di seguito l’elenco
suddiviso nella classica classificazione del ‘sapere cosa’, ‘sapere come’ e
‘disposizioni individuali’.
Non abbiamo tradotto nei termini di ‘competenze
tecnico-professionali’, competenze di base’ e ‘competenze trasversali’ della
classificazione ISFOL, semplicemente per porgere fedelmente quanto è stato
chiesto agli intervistati.
A differenza di altri casi che vedremo in seguito,
riportiamo anche le caratteristiche utili e auspicabili, perché, essendo questo
un progetto sperimentale, si differenzia tra quelle che sono attualmente le
effettive competenze del Mentor e quelle che invece dovrebbero essere
potenziate e migliorate, anche attraverso dei programmi di formazione
specifica.
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI
INDIVIDUALI |
Necessarie |
Conoscenza
molto approfondita della professione (curricula molto selezionati) e del
settore professionale Conoscenza
obiettivi del del pupil |
Gestire
comunicazione attraverso internet (capacità di gestire gli strumenti
telematici). Sapere
indirizzare nei percorsi professionali riguardanti il proprio settore, i
settori limitrofi e sapere sicuramente come individuare i percorsi
alternativi. |
Forte
motivazione e senso di appartenenza alla ‘comunità ex-allievi Nunziatella. Capacità
di esporre in modo obiettivo i percorsi professionali individuati e in modo
chiaro e esaustivo. Forte
motivazione e spirito di corpo nei confronti dei ‘junior’ Forte
motivazione nei confronti della Associazione per cui si fa volontariato Forte
spirito volontaristico |
Utili |
Conoscenza
dei settori limitrofi al proprio settore professionale. Conoscenza
obiettivi del Programma di Metoring e degli obiettivi che ci si prefigge
l’Associazione di riferimento |
Capacità
di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di
monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi
comunicativi, saper indirizzare e gestire le strade professionali scelte e
quelle alternative) |
Senso di
responsabilità nei confronti del pupil e del proprio lavoro Capacità
di leadership |
Auspicabili |
|
Saper
comunicare e gestire la comunicazione telematica in modo efficace. Saper
gestire il rapporto in modo efficace con generazioni più giovani. Capacità
di ‘rispondere con calma’ e di gestire le aspettative del pupil. Capacità
di esemplificazione Capacità
di sdrammatizzare e di porgere i contenuti. Capacità
di acquisire il rispetto del protetto Capacità
di essere in grado di rifiutare richieste che il mentor non riesce a
soddisfare, sia sui contenuti Capacità
di comunicazione (di usare il linguaggio ‘giovane’) Capacità
di utilizzare le immagini e la multimedialità a fini didattici |
Capacità
maieutiche Capacità
didattiche, tecniche formative, capacità di feed back. Capacità
di porsi in modo dialettico, conflittuale Capacità
di apprendere e di auto-apprendimento |
Appare chiaro comunque, che non si mette in
discussione la grande esperienza e professionalità che il Mentor deve avere nel
proprio settore. A tal proposito pare importante sottolineare che la conoscenza
sarebbe auspicabile che si estendesse anche ai settori limitrofi alla
professione specifica, in modo tale da poter consigliare e orientare su
percorsi alternativi e vicini.
L’altra grande fetta delle competenze individuate,
si può ricondurre ad una unica categoria, e cioè quella relativa alla gestione
del rapporto con il pupil.
In particolare, in questa esperienza specifica, si
tende a sottolineare la capacità di gestire il rapporto in via telematica, non
soltanto prestando attenzione alle capacità di gestire tutti gli strumenti del
pacchetto della piattaforma Yahoo (chat, web-cam, istant messsenger, etc), ma,
soprattutto, alla gestione e all’interazione che potremmo chiamare
orientativa-didattica con il pupil.
Ci riferiamo in particolare al sapere utilizzare
un tipo di strumento, collegandolo strettamente al tipo di richiesta che il
pupil manifesta e il tipo di contenuto che viene dato in risposta.
Si è parlato di due tipi prevalenti di contenuto:
il primo relativo alla socializzazione, il secondo relativo ai contenuti.
Per quanto riguarda il primo, ci si riferisce alla
capacità di saper creare clima, specialmente nella fase del primo contatto, di
saper ‘far abbassare le barriere’, ‘di saper buttarla sullo scherzo’.
Relativamente al secondo, ci si riferisce prevalentemente
alla capacità di somministrare i contenuti specifici, quindi capacità di
semplificazione, da utilizzare in alcuni casi, capacità di porre problemi e
capacità dialettica, da utilizzare in altre situazioni, a seconda di come si
evolve il rapporto.
Da sottolineare infine, la capacità di leadership,
strettamente connessa all’acquisizione del rispetto e del consenso.
6.7. L’organizzazione del sito web
Infine, descriviamo qui di seguito lo strumento
con cui avviene tutto il rapporto di Mentoring.
Relativamente al rapporto Mentor / Pupil via
telematica abbiamo già approfondito precedentemente, quindi in questo paragrafo
descriviamo semplicemente come funziona il sito.
Il sito web è l’esclusivo strumento attraverso cui
si svolge il rapporto tra i mentore, i coordinatori, il comitato di controllo e
i pupils.
Esistono degli spazi
pubblici (il forum), degli spazi riservati ai soli Mentore e, infine,
alcuni spazi di esclusivo accesso da parte dei coordinatori.
Ogni iscritto è
visualizzato e descritto attraverso alcune informazioni: da un nome, da un Nick
name e da un’animazione che consente di identificare se è in linea e che
ruolo ha nel progetto.
Lo schema seguente ne
descrive la grafica.
|
Fondatore |
|
Moderatore |
|
On line |
Il sito è inoltre costituito da sezioni relative
a:
· Iscritti
· Data base
· File
· Chat
· Messaggi
Gli iscritti.
In questa sezione c’è l’elenco
di tutti gli iscritti e i moderatori, il loro stato sul forum, se sono
collegati, l’ID del gruppo, l’indirizzo e-mail.
Data base.
In questa sezione esistono
tre tipi di data base (con campi accessibili in modo diverso a seconda del
ruolo del progetto, da semplice iscritto a coordinatore):
· Mentore
· Pupils
· Ruolini di volo ‘one on One’, che
descrivono lo stato dell’arte delle coppie di Mentorship
File.
In questa sezione sono
contenuti tutti i materiali necessari, oltre che la presentazione, la Mentorship,
dal regolamento, alle schede di valutazione, dalle schede di iscrizione, ai
vari materiali che servono per la socializzazione.
Chat e messaggi.
Queste due sezioni sono il
cuore del sito e permettono in diversa maniera tutta la comunicazione a vari
livelli tra i coordinatori, i mentore, i pupils, i moderatori e
il comitato di controllo che è quello che ha il maggiore controllo su tutte le
comunicazioni effettuate, tranne quelle private tra le ‘coppie in volo’.
7. Il caso del
CEREF, Centro Ricerca e Fomazione – Inserimento al lavoro dell’infermiere
professionale e il processo di Mentoring
7.1. Il contesto dell’azione
Questo caso si presenta particolarmente
interessante ed è una esperienza che potremmo definire da manuale dell’uso del
Mentoring per l’inserimento professionale di un nuovo assunto nei confronti di
un contesto lavorativo, guidato da una persona ‘esperta’ capace di orientarlo
nelle scelte professionali, ma anche di favorire un processo di apprendimento
pratico sia sui contenuti della professione, sia sul clima e sul lavoro di
squadra.
Questa esperienza è caratterizzata dalla
specificità della professione in cui è stata utilizzata, e cioè l’infermiere
professionale, ma anche dal fatto di ben rappresentare ‘lo stato dell’arte’
relativamente alla conoscenza e alla sensibilità del pubblico nei confronti di
questa metodologia. Lo si può vedere da come è nata l’esperienza, che si basa
prevalentemente sulla professionalità, sullo spirito e sull’intraprendenza di
una motivatissima dirigente della Pubblica Amministrazione e della Sanità,
collaboratrice inoltre del Centro di Ricerca e Formazione CEREF.
Come appena detto, la delimitata esperienza nasce
4 anni fa dall’iniziativa personale della Dott. ssa Elena Bonamini (da noi
intervistata), caposala di un ospedale della Provincia di Verona e
collaboratrice del CEREF, oltretutto specializzanda all’epoca in una tesi in
Psicologia del lavoro.
Questo progetto parte dalle esperienze della
Sanità e dal contratto degli infermieri professionali, esperienze che vedono
nell’affiancamento il classico strumento di inserimento professionale degli
infermieri neo – assunti, presidiato da infermieri senior, che per periodi di 2
mesi circa si dedicavano a questa attività, con degli sprechi e diseconomie
notevoli anche nella disponibilità al lavoro di questi.
Intravedendone tutti i limiti, cercando di
razionalizzare sia i turni sia le risorse, si realizzò questo progetto, sotto
il personale coordinamento della Dott.ssa Bonamici, eclusivamente delimitato al
reparto e alle unità operative ad essa facenti capo.
Partendo dal modello descritto e proposto da
Quaglino (1997), si cerca di conciliare le esigenze effettive di
razionalizzazione delle risorse, ma anche delle effettive necessità di
inserimento degli infermieri, mediamente non abituati a puntare sullo spirito
di squadra e sulla capacità di lavorare insieme.
L’organizzazione del Progetto era molto semplice e
così composta:
Un coordinatore, e le coppie formate.
Il coordinatore si occupava di fare la selezione
dei mentor, fare le coppie, organizzare i turni di lavoro in modo tale da
conciliare le esigenze didattiche con le esigenze di razionalizzazione delle
risorse e delle unità operative a disposizione del reparto, seguire le coppie,
ed controllare le eventuali controversie nate, valutare gli obiettivi ottenuti
e sciogliere il rapporto una volta conseguito l’obiettivo finale.
Le coppie, una volta accostate, lavoravano insieme
per tutti i turni di lavoro e, regolarmente, offrivano feedback verbali al
coordinatore, che in alcuni casi si preoccupava anche di rivedere insieme con
il Mentor, il programma di lavoro.
Relativamente alla pubblicizzazione del progetto
all’interno dell’ospedale e degli altri reparti c’è solo da dire che tutti ne
erano a conoscenza, senza peraltro esprimere pareri né positivi né negativi:
era totale responsabilità della promotrice di questa iniziativa.
Nell’esperienza specifica si può parlare solo di
informazione agli altri del progetto, ma non si è riscontrato una particolare
formalizzazione del progetto: molto semplicemente, chi partecipava, aveva
chiari gli obiettivi di lavoro comuni, condividendone l’utilità e l’efficacia,
più volte riscontrata sia nel miglioramento delle performance lavorative dei
nuovi assunti, sia nella motivazione dei Mentor, sia nel miglioramento dello
spirito e nel clima di lavoro. Si sapeva che ‘i nuovi avevano un’anima
gemella’.
7.2. Definizione della figura del ‘Mentor’
Nell’esperienza specifica, si denota una
particolare cura sia nella selezione dei Mentor, sia nella preparazione (anche
se non si può parlare proprio di formazione) dello stesso per affrontare il rapporto di Mentorship.
Questa preparazione è avvenuta tramite colloqui e
lavori preliminari con il coordinatore, il quale, oltre a concordare gli
obiettivi di lavoro, ne concordava anche le modalità di valutazione.
La seguente griglia descrive brevemente le
caratteristiche che il Mentor doveva avere per essere selezionato e scelto, tra
persone che dovevano essere assolutamente volontarie, condizio sine qua non,
insieme alle competenze professionali elevate.
A differenza di altri casi, riportiamo solo le
caratteristiche necessarie e utili del Mentor in base a come si è realizzato il
progetto di Mentoring in questa specifica esperienza, che, come abbiamo
accennato, è stata limitata a pochi anni.
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI
INDIVIDUALI |
Necessarie |
Conoscenza
molto approfondita della professione dell’infermiere (curricula molto
selezionati) e del settore sanità. Conoscenza
dei processi di apprendimento. Conoscenza
obiettivi del del neo assunto |
Capacità
di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di
monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi
comunicativi, saper indirizzare e gestire le strade professionali scelte e
quelle alternative) |
Capacità
di esporre in modo obiettivo i percorsi professionali potenziali. Forte
motivazione e spirito di corpo nei confronti dei ‘junior’. Capacità
di analisi del processo di Mentoring e delle risposte del neo assunto |
Utili |
Conoscenza
dei settori limitrofi al proprio settore professionale Conoscenza
obiettivi del Programma di Mentoring e degli obiettivi che ci si prefigge |
Capacità
di ‘rispondere con calma’ e di gestire le aspettative del neo assunto. Capacità
di porgere i contenuti. |
Senso di
responsabilità nei confronti del neo assunto e del proprio lavoro. Capacità
maieutiche Capacità
didattiche, tecniche formative, capacità di feed back. Capacità
di leadership Capacità
di porsi in modo dialettico, conflittuale. |
Auspicabili |
|
|
|
Sulla base di questo programma di inserimento
professionale dell’infermiere, e anche sulla base di quanto dichiarato dalla
coordinatrice di questa esperienza, risulta chiaro che il Mentor deve avere
essenzialmente due tipi di caratteristiche, una riconducibile come già detto al
curriculum professionale elevato, insieme con le competenze tecniche, ma anche
forti caratteristiche relazionali e comunicative, nonché doti di analisi e psicologiche notevoli, cioè sostanzialmente
competenze di tipo relazionale – psicologico.
In mancanza di una di queste due aree di
competenze, se manca delle competenze relazionali diventa un coacher, se manca
di quelle professionali diventa un supporto e un sostegno psicologico, “un
confidente”.
Comunque, rimane il fatto quindi che il Mentor
deve ‘essere un punto di riferimento, una persona e una figura esperta di
riferimento…’
7.3. I destinatari dell’azione di Mentoring
Nell’esperienza specifica, i destinatari
dell’azione erano ben circoscritti e delineati, e cioè i nuovi assunti, che,
comunque non necessariamente avevano
avuto esperienze specifiche della professione.
I criteri di abbinamento venivano svolti
prevalentemente in base alle caratteristiche del neo assunto, in base alla sua
esperienza professionale e di curriculum, oltre che naturalmente quelle
relazionali. Ricorre inoltre la parola ‘buon senso’, nel criterio principe per
abbinare una coppia.
Le fasi del rapporto, anche dal punto di vista
organizzativo – logistico, erano, come già accenato in precedenza, in base ai
turni.
All’inizio turni erano fatti ‘in modo
sovranummerario, cioè il protetto era messo in turno con il Mentor solo per
seguirlo, mentre le altre risorse del reparto erano organizzate in modo tale da
coprire e presidiare tutte e esigenze del caso.
In seguito, il protetto è stato messo in turno attivamente
tanto quanto le altre unità operative, ma sempre con la garanzia di avere un
punto di riferimento, il Mentor appunto, nello stesso turno lavorativo.
Dal punto di vista del rapporto tra Mentor e pupil
in questa esperienza dell’inserimento professionale si registrano effetti
davvero positivi, sia da parte dei protetti, sia da parte dei Mentor.
Lo si evince anche dalle seguenti frasi riportate
dai Mentor:
“Ponendoci un obiettivo condiviso, cercando un punto in
comune attraverso il dialogo reciproco e costruttivo, verificando insieme le
singole prove, contribuiamo e siamo espressione della nostra qualità
professionale. Lo stimolo ed il processo di miglioramento è stato sicuramente
reciproco tanto che posso definire l'inserimento di M. un'esperienza positiva e
gratificante…è si molto importante essere consapevoli dei propri limiti, ma è
altrettanto importante raccogliere le sfide proficue per essere al passo con i
nostri tempi" [Nadia, Bussolengo (VR), 1988].
"L'affiancamento e l'inserimento di una nuova
infermiera è stato per me motivo di una maggiore presa di coscienza del mio
ruolo, ha aumentato la mia capacità di osservazione, la mia flessibilità, ha
rinforzato la mia autostima ed il senso di responsabilità" [Federica, Bussolengo
(VR), 1988].
Addirittura, in alcuni casi l’affidare un protetto
ad un Mentor ha portato, come dice anche la stessa Bonamini, più beneficio al
Mentor che al protetto, incidendo positivamente non solo sulla sua motivazione,
ma anche sui contenuti specifici della professione, obbligando in taluni casi a
‘stare al passo con i tempi’.
Un utile strumento anche per la valorizzazione
delle risorse umane, già presenti nell’ospedale…’una persona che ti fa delle
domande ti obbliga a metterti in discussione’.
Infine, dall’esperienza specifica si tira fuori un
fattore di criticità e degli utili consigli pratici per realizzare dei progetti
di Mentoring.
‘Essendo il processo molto impegnativo dal punto
di vista del Mentor, un fattore di criticità si presenta allorquando si
susseguono troppi processi di accompagnamento…non si può affidare di seguito
troppe mentorship, perché si denota un calo di motivazione…’.
7.4. Il ruolo dei privati e del pubblico
Nel caso specifico, la responsabile di questa
esperienza ‘ha denotato una sostanziale indifferenza da parte del resto
dell’ospedale’, è rimasta un’esperienza circoscritta’.
‘Considerato che anche nel contratto della sanità
è previsto che gli infermieri professionali presidino l’inserimento delle nuove
leve, e considerato che si denota un calo di motivazione da parte dei nuovi
assunti in seguito all’assunzione e in seguito all’impatto con la realtà, si
dovrebbe prestare più attenzione a questa metodologia che nel caso si è
rivelata davvero efficace’.
8.Il caso Sodalitas – Assolombarda
8.1. Il contesto dell’azione
Sodalitas è una società di consulenza nel
Terzo Settore e nasce nel 1995 per
iniziativa di un gruppo di consulenti volontari e con il sostegno di
Assolombarda e di molte imprese nel mondo dell’industria, dei servizi, del
credito e della finanza su tutto il territorio nazionale.
Il core business di Sodalitas consiste
principalmente nell’aiutare le organizzazioni no profit con interventi di
consulenza volontaria e gratuita (grazie al finanziamento di numerose imprese)
in più svariati campi della consulenza, tra cui:
1
Amministrazione
finanza e controllo
2
Gestione:
organizzazione, risorse umane, formazione qualità, sistemi informativi, sistemi
di produzione
3
Check
– up organizzativi e gestionali
4
Comunicazione
e Marketing: piani di comunicazione, marketing sociale
5
Fundraising:
strategie e segnalazione di progetti alle imprese per finanziamenti
6 Strategie,
business plan, project managment
7
Avviamento
di nuove iniziative
Inoltre ha realizzato alcune iniziative di
carattere generale per la crescita del settore no profit, come:
1
Carta
della donazione
2
Socialwebs,
il canale web della solidarietà realizzato con Jumpy
3
Osservatorio
sul Marketing sociale
4
Osservatorio
sulle risorse umane nel no profit
5
La
Qualità nel sociale
Nell’ambito di tali attività, Sodalitas ha
partecipato a molti progetti in cui sono state realizzate numerose iniziative e
percorsi di accompagnamento e di coaching organizzativo, nell’ambito delle
quali ha utilizzato la metodologia del Mentoring.
Si deve sottolineare che Sodalitas non ha una
struttura interna di Mentoring, o un programma che è costantemente attivo e al
servizio dei destinatari, ma realizza interventi con tale metodologia ad hoc,
personalizzati e studiati a seconda delle esigenze specifiche del frangente e
dei destinatari.
Come si può desumere da quanto appena detto, la
metodologia del Mentoring, nelle esperienze realizzate da questa società, è
stata utilizzata per diverse tipologie di destinatari, e per obiettivi
estremamente diversificati.
Infatti, essendo i campi di intervento inerenti
prevalentemente alle realtà organizzativa di organizzazioni no profit, si può
affermare che il Mentoring “è utilizzato allorquando gli interventi di consulenza
stretta non sono sufficienti, ed è necessario attivare percorsi di orientamento
e di formazione / auto-formazione su specifiche issues degli interventi di
consulenza organizzativa, assolutamente concordati e formalizzati con
l’organizzazione in cui ci si trova ad operare”. Le situazioni organizzative in
cui Sodalitas si trova ad operare sono davvero diversificate, di ogni
dimensione e ogni caratteristica, “si passa infatti a trovarci a che fare con
situazioni estremamente organizzate e più vicine a realtà aziendali strutturate
come Telethon, l’Associazione per la ricerca sul cancro, Lega del Filodoro, ad
organizzazioni piccolissime, che agiscono solo ed esclusivamente sul
territorio, che si avvale esclusivamente di collaborazioni volontarie, che non
ha la minima idea di cosa significa avere dei processi gestionali, processi
decisionali, etc, etc”
“Specialmente quando ci si trova a che fare con
realtà che non hanno un’interfaccia in grado di dare seguito all’intervento di
consulenza, “ci si deve rimboccare le maniche e si deve lavorare tu con lui…in
questi casi è utile attivare processi di Mentoring, che possono essere formali
quando viene definito/contrattato con il cliente utente, che possono essere
informali …”.
Da quanto detto sopra, si desume che l’approccio
di Sodalitas al Mentoring si lega a due versanti tematici e destinatari: le
organizzazioni e le persone.
Relativamente al primo punto, vengono strutturati
e formalizzati (“conditio sine qua non”) programmi di Mentoring, che sono
un’appendice o uno strumento aggiuntivo ad interventi più classicamente
riconducibili al coaching organizzativo, laddove però si debbano attivare
percorsi di sostegno ‘one o one’, inseribili inoltre in programmi e in processi
di apprendimento organizzativo. In questi programmi cioè, il Mentor prestato da
Sodalitas è un consulente esperto che ha un rapporto con un protetto
all’interno di una organizzazione no profit, in cui si sta realizzando un
intervento di consulenza/formazione/affiancamento tout court. In questi casi il
rapporto varia moltissimo e seconda degli obiettivi definiti, ma “c’è da dire
che mediamente il rapporto si configura come una serie di incontri, di media
una decina, che sono anche spesso e volentieri supportati da incontri di gruppo
con le altre coppie”.
Relativamente al secondo punto, nelle esperienze
realizzate da Sodaliltas possono essere appunto persone di organizzazioni o,
altrimenti, “ragazzi di Scuole, come in molti progetti realizzati con il Comune
di Milano, che miravano a sostenere lo sviluppo di studio ai fini di
inserimento lavorativo di studenti ‘drop out’”.
Il mentoring viene utilizzato inoltre in percorsi
di professionalizzazione di studenti appena laureati o usciti anche da Scuole
Secondarie Superiori, ai fini di tradurre le conoscenze specifiche e il
contenuto della professione in ‘saper fare’, è un servizio che è ‘a servizio’
del processo di apprendimento’.
In ogni caso, a detta delle persone intervistate,
per Sodalitas il Mentoring deve avere e di fatto ha una costante, e cioè rimane
uno strumento di ‘orientamento forte’, allo scopo di rendere consapevole delle
proprie competenze l’utente e di orientarlo nella progettazione e
nall’autoprogettazione dei propri percorsi sia di apprendimento sia si
sviluppo.
8.2. Definizione della figura del ‘Mentor’
Obiettivi e scopi sono strettamente collegati ai
destinatari, e ad essi si modellano e si adattano.
Il concetto e l’applicazione del Mentoring nel
caso di Sodalitas, a partire dal fatto che è uno strumento che viene utilizzato
di fatto per diverse situazioni e diversi obiettivi, si rifà ad un modello che
in realtà è un ibrido tra tutoring e
coaching.
Le costanti che diversificano questi approcci sono
tutte da rilevare nella visione della figura del Mentor, e del rapporto
instaurato.
Quest’ultimo punto si approfondisce nel paragrafo
successivo, mentre adesso si affrontano le tematiche interenti alla figura del
Mentor.
Come si può vedere anche dalla tavola qui di
seguito, le competenze del Mentor sono da ricondursi in primis alle competenze
tecniche professionali.
Il Mentor è di fatto un esperto della materia in
cui deve orientare, e, anche se anagraficamente giovane, il suo curriculum
professionale deve essere selezionato e ampiamente al di sopra di quello del
‘protetto’.
Infatti, nel Mentoring vengono ‘allenate delle
competenze che il destinatario dell’azione non ha o no sa di avere’. Da qui
infatti deriva tutto l’altro bagaglio di competenze che deve avere, e cioè
quelle relative agli aspetti comunicativi e ‘maieutici’ che servono a sostenere
con efficacia e con consapevolezza il ‘terreno che si va a coltivare’.
A differenza di altri casi, non riportiamo le
caratteristiche auspicabili, perché, le esperienze di Sodalitas sono ormai
consolidate e, di fatto, le competenze ‘standard’ della figura del Mentor nella
specifica esperienza sono essenzialmente quelle riportate in tabella
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI
INDIVIDUALI |
Necessarie |
Conoscenza
molto approfondita della professione (curricula molto selezionati) e del
Terzo Settore. Conoscenza
obiettivi specifici dell’azione. Conoscenza
delle aziende |
Gestire
comunicazione Sapere
indirizzare nei percorsi di apprendimento e nelle scelte. Saper
individuare percorsi alternativi. Saper
gestire specialismi |
Forte
motivazione. Capacità
di esporre in modo obiettivo i percorsi individuati e in modo chiaro e
esaustivo. Forte
motivazione nei confronti della Associazione per cui si fa volontariato Forte
spirito volontaristico |
Utili |
Conoscenza
dei settori limitrofi al proprio settore professionale Conoscenza
obiettivi del Programma di Mentoring e degli obiettivi che ci si prefigge
con l’Associazione di riferimento Conoscenza
settore del sociale e del Terzo Settore |
Capacità
di comunicazione nell’orientamento (capacità di ascolto, capacità di
monitoraggio della disposizione all’ascolto, capacità di risolvere i problemi
comunicativi) |
Senso di
responsabilità nei confronti del destinatario dell’azione e del proprio
lavoro Capacità
di leadership Capacità maieutiche Capacità
didattiche, tecniche formative, capacità di feed back. |
Auspicabili |
|
|
|
Come si può osservare, tutte le competenze di cui sopra
sono riconducibili al saper gestire il rapporto di Mentorship, e cioè di
competenze sociali, comunicative e di educatore. Inoltre, ovviamente,
appartengono a tutta quella area di competenze specifiche della professione, in
cui devono eccellere.
Inutile dire che per Sodalitas la figura del
Mentor deve essere del tutto volontaria e gratuita: infatti questa società si
avvale di consulenti volontari che provengono da esperienze lavorative di
multinazionali, con una forte caratterizzazione di competenze manageriali, che
spesso, in mancanza di percorsi formativi ad hoc, mal si sposano in contesti
‘spesso e volentieri disorganizzati come quelli delle aziende no profit’.
Nelle esperienze di Sodalitas, infatti, sono
previsti su questi aspetti percorsi formativi mirati ai consulenti e ai Mentor,
per rafforzare tutti quelli aspetti relativi alla conoscenza del ‘Terzo
Settore’, ma anche conoscenza delle dinamiche e della gestione del rapporto con
il protetto.
8.3. I destinatari dell’azione di Mentoring
I destinatari, nel caso delle esperienze di
Sodalitas, come si è visto, sono estremamente diversificati.
Come si diceva precedentemente, un’altra costante
che diversifica il Mentoring dal tutoring e dal coaching è nel rapporto che si
instaura tra Mentor e protetto: il
rapporto deve configurarsi come uno ad uno
e il Mentor è una figura esperta che non ‘addestra, ma guida sia nei
contenuti, sia nelle scelte personali e professionali, un vero e proprio punto
di riferimento’.
Conseguentemente, i destinatari del Mentoring si
caratterizzano per essere ‘meno esperti’ e ‘meno consapevoli’.
Infatti le esperienze di mentoring realizzate da
questa società vanno dai ragazzi che rientrano nel fenomeno drop out delle
Scuole Medie Superiori,in un progetto realizzato e finanziato in collaborazione
con il Comune di Milano, a diverse tipologie di destinatari che comunque sono
caratterizzati dal fatto di essere meno esperti nell’ambito specifico di
intervento.
I criteri di abbinamento sono prevalentemente di
tipo professionale e vanno per competenze professionali. Le eventuali
controversie che si instaurano nella coppia sono comunque demandate alla
‘cabina di pilotaggio’ che è costituita dall’interfaccia interna
dell’organizzazione e dall’interfaccia di Sodalitas che segue il progetto
specifico, come si approfondisce in seguito.
Infatti, nell’opinione del consulente di Sodalitas
intervistato, quando si prevedono interventi di Mentoring ci sono delle fasi
che devono assolutamente essere definite e formalizzate.
Innanzi tutto, l’organizzazione in cui si va a
operare, deve ‘sigillare il patto’ e deve aver chiari gli obiettivi
dell’intervento, che devono essere mirati e specifici.
Una volta fatto questo, deve essere formalizzata
all’interno e tutti devono essere a conoscenza del programma. Infatti, questo
fondamentale accorgimento mira a evitare alcuni effetti perversi, tra cui il
più comune è il rischio di rifiuto da parte di soggetti interni nei confronti
dei soggetti esterni ‘che non hanno da insegnare niente a noi che facciamo questo
lavoro in modo del tutto volontario’.
In seguito, una volta formalizzato, deve esserci
un’interfaccia interna all’organizzazione che, insieme con un’interfaccia di
Sodalitas, contribuisca a dirimere le eventuali questioni che insorgono durante
il rapporto delle ‘coppie’ e che contribuiscano, magari anche con sessioni di
lavoro di gruppo, a razionalizzare il lavoro fatto e incanalarlo in una precisa
strategia perseguita dell’organizzazione stessa.
Inoltre, questo chiamiamolo ‘comitato di
coordinamento’, ‘cabina di pilotaggio’ deve coadiuvare alla valutazione del
percorso svolto e in itinere, con particolare attenzione agli obiettivi e agli
step programmati dalle singole coppie, anche per dare visibilità e per favorire
un processo di comunicazione interna dei percorsi di ‘apprendimento
organizzativo’ svolti.
Questo ultimo aspetto è strettamente connesso
(viene usato come rimedio a) e introduce uno dei punti di criticità che ci sono
nel rapporto, e cioè il fatto che a volte, essendo l’azione del Mentor assolutamente
volontaria, non venga percepita come utile: ‘È gratuita, quindi non vale
niente’.
Questo aspetto è a sua volta strettamente
collegato ad un altro punto di criticità, e cioè il rischio del rifiuto da
parte del pupil nei confronti del Mentor, perché percepito come ‘quello che ti
insegna a vivere, quello che ti spiega come gira il mondo’.
Si può ben comprendere come questo punto di
criticità è legato al contesto in cui Sodalitas opera, fortemente
caratterizzato dallo spirito volontaristico dei soggetti / soci di enti no
profit, che dell’improvvisazione nel lavoro, della gestione dell’emergenza e
del ‘comunque ce la caviamo’, ne fanno anche un punto di onore. ‘Si capisce
infatti come l’azione del tutto spontanea e destrutturata di queste cooperative
sociali, specialmente di piccole dimensioni, mal si sposano con un Mentor che
deve affiancare ‘un protetto’ nel organizzare la gestione della propria
cooperativa'.
Un altro punto di criticità è da ricondursi
all’aspetto totalmente contrario a quello appena descritto, e cioè il rischio
che il ‘Mentor ’venga preso come l’oracolo del Sud, che risolve tutti i
problemi’.
Tutti questi punti ovviamente sono da scongiurare
con una preparazione ed una formazione ad hoc per il Mentor, di cui abbiamo
ampiamente parlato nel paragrafo precedente.
8.4. Il ruolo dei privati e del pubblico
Infine, su questo punto non c’è molto da dire,
vista la particolarità del lavoro di Sodalitas.
Infatti, come abbiamo ricordato più volte,
Sodalitas è finanziata da una grande rete di aziende espressa da Assolombarda,
che investono parte del loro profitto per permettere di fargli realizzare
interventi nell’ambito del Terzo Settore.
Quindi, il grado di attenzione da parte del
pubblico e del privato, nel caso citato, è particolarmente alto nei confronti
del lavoro di Sodalitas, non tanto nei confronti della Metodologia del
Mentoring e delle potenzialità che da essa derivano.
È chiaro poi che, se è apprezzato il lavoro di
Sodalitas, è conseguentemente apprezzato il suo know how e le sue metodologie,
tra cui, anche il Mentoring.
Nonostante ciò, c’è da segnalare una esplicita
consapevolezza e sensibilità nei confronti di questa metodologia da parte del
Comune di Milano, che da tre anni finanzia a Sodalitas delle esperienze di
Mentoring ai fini di professionalizzare ragazzi in uscita dai canonici percorsi
di studio.
9. Il caso Coca
Cola Foods
9.1. Il contesto dell’azione
Come già accennato precedentemente, questo caso
non scaturisce direttamente da una vera e propria intervista in profondità.
Dopo alcuni contatti, la direzione e i
responsabili della gestione e dello sviluppo delle risorse umane della sede
italiana della Coca Cola Foods, ci hanno rimandato alla letteratura e a quanto
scritto nelle riviste specializzate sulle specifiche esperienze di questa
azienda relativamente alla tematica oggetto di studio.
Ci è sembrato comunque opportuno inserire questo
caso in un lavoro come questo che decrive le esperienze di Mentoring in Italia nell’ambito aziendale e professionale,
di cui appunto la Coca Cola Foods, anche quella italiana, resta un esempio da
manuale e uno dei precursori nell’uso di questa metodologia di lavoro
nell’ambito dell’inserimento di neo assunti in realtà organizzative
strutturate.
A tal proposito infatti, a nostra conoscenza, le
esperienze di Mentoring fatte nella sede italiana della Coca Cola Foods
mantengono le caratteristiche specifiche del modello della casa madre.
Innanzi tutto c’è da dire che il Mentoring è uno
degli strumenti principali, insieme al coaching, della politica di sviluppo
delle risorse umane della Coca Cola, la quale punta molto sulla ‘risorsa umana
come fattore competitivo per ottenere il successo’.
Nell’approccio ‘Coca Cola Foods’, viene distinto
il Mentorng dal coaching essenzialmente per gli aspetti descritti qui di
seguito.
Il coaching è un’interazione il cui obiettivo e
migliorare le performance lavorative, mentre l’obiettivo primario del Mentoring
è quello di instaurare una relazione, aspetto che è del tutto trascurabile nel
primo. Inoltre, i programmi e le azioni di questo sono per la Coca Cola del
tutto informali, mentre per quelli di Mentoring devono essere estremamente
formalizzati all’interno della realtà organizzativa, elemento, tra l’altro,
essenziale al buon esito del programma, anche a causa delle risorse coinvolte
all’interno dell’azienda.
I programmi di Mentoring si basano sulla creazione
di una relazione estremamente formalizzata tra due persone, solitamente di
diversi settori dell’azienda e di
diversi status professionali.
Gli obiettivi del rapporto sono quelli di aiuto al
‘mentee’ al fine di far comprendere la realtà organizzativa e acquisire
sicurezza a autoconsapevolezza sul ruolo che esso deve svolgere. Inoltre, al
fine di avere un accompagnamento sulla cultura aziendale e come le cose devono
essere fatte.
Il processo, come si accennava prima è altamente
formalizzato, e prevede precisi step all’interno del rapporto, così come si
descrive nel paragrafo 9.3.
9.2. Definizione della figura del ‘Mentor’
Il Mentor, nella esperienza della Coca Cola Food
italiana, è qualcuno che solitamente è un esperto ‘ai massimi livelli’
nell’organizzazione, una persona che ‘sa bene chi è, cosa fa, e come le cose
devono essere fatte’.
Deve inoltre essere autorevole, una persona di
successo, che incarni lo spirito aziendale, ma anche una persona che sia capace
‘di rispondere alle domande, capace di ascoltare, capace di offrire soluzioni,
consigli e incanalare il ‘mentee’ in una prospettiva di carriera interna’.
Il Mentor deve essere selezionato prima di tutto
su base volontaria. Infatti nel processo di ‘abbinamento delle coppie’, questo
è un requisito fondamentale, in mancanza del quale l’intero programma può
fallire o avere serie complicazioni.
Le caratteristiche del Mentor quindi si evincono facilmente
da quanto detto sopra e si riportano nella seguente scheda.
Sono riportate qui di seguito solo le
caratteristiche siamo riusciti a ricostruire sulla base della ricerca
documentale e sulla base di quello che, di fatto, è l’esperienza della Coca Cola
Foods.
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI
INDIVIDUALI |
Necessarie |
Conoscenza
molto approfondita della professione (curricula molto selezionati). Conoscenza
molto approfondita della realtà aziendale e del conteso organizzativo. Conoscenza
obiettivi specifici dell’azione e del Programma di Mentoring |
Saper
gestire comunicazione Sapere
indirizzare nei percorsi di apprendimento e nelle scelte. Saper
individuare percorsi alternativi. Saper
dare consigli |
Forte
motivazione. Capacità
di esporre in modo obiettivo i percorsi individuati Forte
motivazione nei confronti della azienda Senso di
responsabilità nei confronti del destinatario e del proprio lavoro Capacità
di leadership Capacità
didattiche |
Utili |
|
|
|
Auspicabili |
|
|
|
Come si vede, le competenze del Mentor sono
riconducibili a due grandi aree, e cioè quelle tecnico-professionali, ma anche
e altrettanto importanti, quelle orientate alla relazione, caratteristica che
caratterizza proprio questa figura, in base alle capacità di sapersi porre come
esempio e di saper gestire il rapporto con il Mentee.
Nel caso specifico, questo aspetto viene rafforzato
attraverso dei confronti con il ‘committente’ (e cioè una divisione o un
reparto dell’azienda) e con il coordinatore del progetto, attraverso anche una
specifica azione di orientamento.
9.3. I destinatari
dell’azione di Mentoring
I destinatari, ovvero i ‘Mentee’, sono individuati
in base ai fabbisogni formativi degli stessi, necessari per lavorare nella
specifica divisione che ‘commissiona’ il programma di Mentoring, che
solitamente è un Manager responsabile di una divisione specifica o quant’altro.
I ‘mentee’ devono essere pronti a sostenere un
rapporto in cui l’unica cosa di cui sono sicuri è quella di non sapere, così
che il porre questioni, chiedere consigli e fare domande è più facile che in un
contesto di coaching, in cui si è subito valutati secondo le performance e il
relativo miglioramento.
Il Mentoring, così come dalle esperienze
realizzate e strutturate nell’azienda in questione, facilita in questo senso la
libertà di domandare, la libertà di avere un punto di riferimento, senza
necessariamente essere sottoposti a critiche e a valutazioni frettolose e
immediate.
Nel caso ivi studiato, il rapporto Mentor / Mentee
e il programma di Mentoring aziendale è scandito da step ben precisi, ognuno
dei quali ha strumenti, obiettivi e output precisi.
Gli step individuati dalla letteratura specifica
sul caso Coca Cola Food sono i seguenti:
1.
Identificazione
dei ‘mentee’ all’interno dell’azienda
2.
Identificazione
dei bisogni di sviluppo del gruppo dei ‘mentee’
3.
Identificazione
dei potenziali ‘mentor’
4.
Abbinamento
delle coppie
5.
Orientamento
delle coppie
6.
Definizione
del patto o del contratto
7.
Incontri
periodici
8.
Rapporti
di valutazione periodici
9.
Conclusione
dei rapporti
10. Valutazione e follow-up
Relativamente al primo e al secondo punto, abbiamo
già detto che per realizzare un programma di Mentoring, nella Coca Cola Food si
realizza una fase di ricognizione dei bisogni formativi e di sviluppo di un
gruppo di ‘mentee’, in base a diverse variabili, e cioè i livelli
professionali, il trattamento di impiego, etc. Inoltre, per ogni persona deve
essere preparato un piano di sviluppo professionale, in base anche alle sue
stesse aspettative.
Per quanto riguarda i punti e 4, i Mentor vengono
selezionati e individuati in primis su base volontaria e abbinati ai relativi
‘mentee’ in base alle competenze professionali, ma anche a quelle più
spiccatamente relazionali.
In seguito, le coppie così formate vengono
orientate nel percorso e viene definito formalmente un percorso di lavoro con
step, obiettivi e strumenti ben precisi, fino a formalizzare un ‘contratto di
lavoro’, in cui il mentor si assume la responsabilità del ‘mentee’, e
quest’ultimo si impegna a seguire il piano di sviluppo definito con il proprio
diretto responsabile.
I rapporti vengono scanditi nelle modalità e nei
tempi necessari ai contenuti specifici del rapporto, oltre che costantemente
monitorati anche grazie a periodici rapporti che vengono consegnati al
responsabile del programma di Mentoring, il quale provvede anche a reimpostare
le modalità di lavoro in itinere.
Infine, il rapporto di Mentorship si può
estinguere in diversi modi, il primo fra tutti quando anche una delle due parti
in causa non ritiene più utile il proseguio, perché semplicemente si sono
raggiunti gli obiettivi di sviluppo prefissati.
Infine, si segnalano dei consigli pratici per
realizzare un programma di Mentoring, prestando attenzione alla ‘condizio sine
qua non’, ma anche ai punti di debolezza segnalati nelle esperienze realizzate
all’interno della Coca Cola Food.
Innanzi tutto, la partecipazione ad un programma
di Mentoring deve essere assolutamente volontaria da parte di tutte le parti in
causa.
Inoltre, il committente del programma deve di
finire chiaramente gli obiettivi di sviluppo professionale, il piano
professionale, e le procedure di controllo e di valutazione in itinere ed ex
post in base alle quali il rapporto di Mentorship si deve articolare.
Infine, i punti di criticità nelle pratiche di
mentoring riscontrati nel caso Coca Cola Food, si riconducono prevalentemente a
due ordini di fattori: uno di tipo organizzativo, uno di tipo relazionale.
Il primo aspetto lo si rileva quando il Mentor
diventa una figura la cui autorità scavalca la diretta responsabilità del
dirigente o del boss di riferimento del ‘mentee’, oppure, conseguentemente, che
si instauri un rapporto tra i due di tipo competitivo.
Il secondo, di ordine relazionale, è quello dovuto
alla forte personalità del mentor, che rischia talvolta di orientare il
‘mentee’ in percorsi non strettamente concordatati o dal programma o
particolarmente corrispondenti alle caratteristiche e alle aspettative
professionali dello stesso. Questo si deve prevalentemente al tipo di rapporto
che si instaura e che, talvolta, può eccedere in ‘dipendenza’.
10. Il caso ELEA – Il servizio di Mentoring per
l’e-learning
10.1. Il contesto
dell’azione
Il caso Elea è
del tutto unico nel suo genere.
Elea è una
società di emanazione del gruppo De Agostini di pluriennale esperienza nell’ambito
della formazione manageriale, rielaborazione di modelli organizzativi e di
empowerment professionale.
La rete dei
clienti e le partnership attivate da Elea sono davvero numerose, basti pensare
alla stessa De Agostini, oltre che Coop Italia, Enel, Formez, Getronics, ITS,
Poste Italiane, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tanto per
citarne alcuni tra privati e pubbliche amministrazioni.
Elea è
suddivisa in quattro grandi divisioni:
1
ICT
(Tec Lab), cioè la formazione tradizionale in aula
2 Progetti, Knowledge integration
3 Progetti finanziati
4 E-learning, che è trasversale a tutte le
divisioni di cui sopra
In tutti gli
interventi di formazione di Elea sono presenti attività di e-learning
Infatti, questa
società sta puntando molto sull’e-learning, vero e proprio core business della
Società.
All’interno
della divisione e-learning, Elea è suddivisa in varie funzioni, tra cui quella
dei servizi di supporto all’apprendimento. I servizi sono a loro volta
suddivisi e riconducibili a delle specifiche figure professionali, è cioè il
Mentoring, il tutoring, il learning advisor, la rete di docenti a distanza, lo
sviluppo tecnico e, infine, lo sviluppo dell’offerta.
All’interno di
questi, il Mentoring è uno dei servizi di punta, che viene offerto a scatola
chiusa come servizio accessorio dei corsi che vengono erogati esclusivamente on
line e comprati ‘on demand’ dal cliente di turno, al quale, a sua volta è stato
progettato e personalizzato il percorso formativo e-learning tarato sui suoi
reali fabbisogni formativi.
Come abbiamo
appena accennato, il Mentoring, e il relativo ‘modello Elea’ assume
caratteristiche proprie e assolutamente adeguate al servizio stesso e alla
piattaforma attraverso la quale viene erogata la formazione.
La metodologia
del servizio di Mentoring è stata importata dal mondo anglosassone, in
particolare dal Canada dalla Società Smart Force (Skill Soft), leader mondiale
nel settore e-learning. In seguito è stata adattata alla realtà italiana.
Il servizio di
Mentoring nasce da un grande investimento nell’e-learning, ma soprattutto dal
fatto che Elea è da sempre una società che fa della formazione (del know how)
il suo business che, in seguito alla partnership instaurata con Skill Soft, ha importato anche le metodologie
innovativa di lavoro, tra cui anche quella del Mentoring.
Con specifico
riferimento al modello Elea, il Mentoring viene inteso ‘come quella scatola del
servizio così come è, customizzato su tutti i contenuti dei pacchetti formativi
offerti da Elea e venduto come servizio al processo di apprendimento e come
orientamento al percorso formativo’.
Il servizio di
Mentoring di Elea è organizzato in modo molto particolare ed è un connubio (ben
riuscito ed estremamente efficace) tra organizzazione del rapporto di risposta
sui contenuti formativi sui quali si opera un orientamento / sostegno
all’apprendimento -- utilizzando esclusivamente i mezzi
telematici -- e l’organizzazione di un vero e proprio
servizio come può essere un call center.
Descriviamo con
un esempio l’organizzazione del servizio.
Si può accedere
al servizio 12 ore al giorno e un cliente, che vuole essere seguito, porre
domande sui contenuti del corso che ha acquistato, entra in Chat ed esprime la
sua richiesta. Siccome il servizio è presidiato costantemente da 2 Mentor (4 in
alcune fasce orarie), la domanda di fatto è posta in rapporto non ad uno ma ad
un gruppo di Mentor. In questo momento, di fatto il rapporto potenzialmente è
di una persona ad un gruppo di Mentor.
Nel momento in
cui un utente entra in chat esprimendo la sua richiesta, solo uno e un solo
Mentor risponde, attivando quindi il rapporto uno ad uno caratteristico di
questa metodologia. Poi il rapporto si svolge attraverso questo strumento e
viene avviato a conclusione fino all’esaurimento del quesito o della difficoltà
di apprendimento.
Una volta
esaurito, niente vieta di utilizzare altri strumenti di comunicazione, come
quelli che vedremo, per fare degli approfondimenti sui contenuti o quant’altro,
o riprendere il rapporto su altri contenuti del corso.
Il
‘cliente/utente’ del servizio esce dal rapporto di Mentoring, o meglio, cessa
di utilizzarlo, quando il percorso formativo è terminato.
Il livello del
servizio di Mentoring è organizzato per orari.
Il servizio si
avvale di 4 strumenti principali, di cui uno sincrono e 3 a-sincroni: la chat,
la mail, le daily mail, la moderazione dei forum.
Rimandiamo al
paragrafo 10.3 per l’approfondimento dell’influenza di questi strumenti nel
rapporto cliente / Mentor e, attraverso questi, sulla gestione della
comunicazione.
Il servizio è
applicato su tutta l’offerta formativa di Elea e-learning, che è molto
specializzata in tutto il campo dell’Information Technology, anche se è in
programma di estenderlo ad altri campi contenutistici, molto dipenderà dalla richiesta
del mercato anche relativamente ai servizi di supporto.
10.2. Definizione
della figura del ‘Mentor’
È chiaro che,
da quanto detto, e anche quanto si dirà nel par. 10.3., la figura del Mentor è strettamente
connessa al modello di Mentoring di Elea, che è una metodologia di orientamento
ai percorsi formativi, ma ha anche forti specificità di un servizio.
È importante
sottolineare che la figura del Mentor – Elea è fortemente caratterizzata e
strutturata sulle specificità del servizio, che è offerto ‘chiavi in mano’,
insieme con i pacchetti formativi, ed è caratterizzato esclusivamente da un
tipo di rapporto on line, mai faccia a faccia.
Qui di seguito
riportiamo le caratteristiche che deve aver un Mentor per Elea. Riportiamo solo
quelle necessarie, quelle cioè su cui si realizzano i percorsi di formazione
specifica ad hoc per questa figura all’interno di questa esperienza.
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI INDIVIDUALI |
Necessarie |
Conoscenza molto approfondita
dei contenuti dei corsi Elea |
Gestire comunicazione. Capacità di comunicazione
attraverso internet (capacità di gestire gli strumenti telematici, capacità di
gestire la ‘lan etiquette’, capacità di gestire tutti i tipi di messaggi
codificati per la gestione del rapporto in internet). Sapere indirizzare nel percorso
formativo Capacità di utilizzare le
immagini e la multimedialità a fini didattici. Capacità didattiche, tecniche e
formative Capacità di feed back |
Capacità di esporre in modo
obiettivo e sintetico chiaro e esaustivo le risposte. Capacità di apprendere e di
auto-apprendimento |
Utili |
|
|
|
Auspicabili |
|
|
|
Come si vede
però, anche nel caso Elea, a prescindere dal modello di Mentoring sul quale la
stessa figura è stata modellata, il Mentor è un esperto di contenuti e un
esperto di comunicazione delle nuove tecnologie, oltre che un esperto della
‘gestione del rapporto’ di mentorship via telematica.
Si comprenderà
meglio dal capitolo successivo, come il Mentor gestisce la comunicazione via
telematica e come si sviluppa tutto il rapporto Mentor / cliente
10.3. I destinatari
dell’azione di Mentoring
Come si evince
da quanto detto fino ad ora, il destinatario dell’azione di Mentoring è un
cliente, un allievo al quale viene offerto un servizio di sostegno e di
orientamento esclusivamente al percorso formativo.
Questo
chiaramente delimita e specializza molto il campo di azione della figura del
Mentor e ovviamente anche il tipo di rapporto che si instaura.
Il tipo di
rapporto tra utente e Mentor è direttamente collegato al modello e
all’approccio di Mentoring proposto da Elea e-learning.
Il modello che
ne viene fuori non può essere ricondotto solamente all’organizzazione di un
servizio on line (con strumenti anche a sincroni) di orientamento / sostegno al
percorso formativo, ma si connota anche per avere delle particolari attenzioni
nella gestione del rapporto via telematica, che sono proprie del Mentoring.
Nello schema
seguente riassumiamo graficamente gli step che caratterizzano il rapporto di
Mentoring nel modello proposto da Elea.
Possiamo dire
che è sì un servizio -- con la relativa organizzazione e
razionalizzazione delle risorse --, ma
anche una metodologia di apprendimento, o meglio, di orientamento al percorso
formativo, che è precisamente e attentamente curata e codificata, sia negli
strumenti di comunicazione utilizzati (diversi per funzioni e utilità diverse),
sia nel linguaggio, molto attento alle dinamiche relazionali ma anche
formative.
Vediamone gli
step.
I step.
Il primo è la
richiesta di aiuto da parte dell’utente: in questo momento viene attivato il
rapporto, che, anche se l’utente non lo sa perché gli verrà risposto solo da
uno, è un rapporto uno a gruppo di Mentor, che lavora in team. In questo
momento,il rapporto chiede di essere attivato sia sulla relazione, sia sul
contenuto specifico del percorso formativo.
II step.
Il secondo
passo è l’attivazione della relazione e del contatto, che, come abbiamo appena
accennato, è instaurato da un Mentor, che, inizialmente attiva l’azione sul
piano prevalentemente relazionale con tipologie di risposte codificate e sempre
caratterizzate da quella che viene solitamente chiamata ‘lan etiquette’. Il
rapporto in questo momento è di uno ad uno ed è all’inizio specialmente di tipo
esclusivamente relazionale.
III step.
Poi, viene
attivato il processo vero e proprio di Mentoring, orientato sia ai contenuti
del percorso formativo, sia alla relazione.
Come si vede
anche dalla figura sopra riportata, c’è una specifica che ora veniamo subito a
chiarire. Tendenzialmente le risposte sui contenuti sono soddisfatte da un
singolo Mentor, ma può capitare che tutto il gruppo di Mentor possa lavorare in
‘back office’ per arrivare alla risposta sul contenuto richiesta. Il rapporto,
la relazione vengono però mantenute dallo stesso Mentor. Quindi l’orientamento
alla relazione è mantenuto da un tipo di rapporto uno ad uno, ma il ‘know how’
è offerto dalla squadra.
IV step.
In seguito, il
rapporto si estingue una volta che è soddisfatta la domanda sul contenuto
specifico del corso, fino al completo esaurimento del percorso formativo.
Gli strumenti e
linguaggio, insieme al tipo di risposta offerto, sono ovviamente strumentali al
perseguimento dell’obiettivo formativo finale.
Relativamente
agli strumenti, abbiamo già accennato prima che sono molteplici.
La chat è uno
strumento sincrono e ha degli orari bene precisi (ore 9-21, tutti i giorni dal
lunedì al venerdì e il sabato ore 9-19). Le risposte sono immediate, e il
gruppo dei Mentor (costantemente in linea) risponde alla domande fatte in chat,
che normalmente sono di medio-basso livello dei contenuti.
Il feed back è
immediato. Nel caso ci sia una risposta che il singolo Mentor non è in grado di
dare, l’intero gruppo dei Mentor si attiva e lavora in gruppo per andare a
verificare le risposte adeguate. Intanto la relazione viene mantenuta in chat.
È comprensibile
che comunque anche il tipo di risposta sui contenuti, specialmente nel caso in
cui sia necessario un approfondimento o erogare un’esercitazione o attivare
altre metodologie formative, deve essere demandata ad altri strumenti che non
siano la chat, come le e-mail e il Forum.
La mail, uno
strumento asincrono (entro massimo 6 ore viene data la risposta), è un altro
strumento utilizzato dal Mentor per continuare il rapporto uno ad uno:
prevalentemente viene usata per approfondimenti, rimandi, etc.
La daily mail
invece è completamente automatica, e non è inviata dal singolo Mentor ma dal
gruppo: anche questa è prevalentemente orientata ad offrire approfondimenti,
links a siti internet, esercitazioni tutte previamente tarate sul percorso
formativo.
Infine, ci sono
i messaggi impostati sul Forum (rapporto uno a tanti), come ulteriore momento
di scambio e di approfondimento. Ma il gruppo di Mentor in questo caso si
limita a gestire la discussione, talvolta orientandola, talvolta semplicemente
guidandola.
C’è da dire che
nel servizio Mentoring di Elea questo strumento non è molto utilizzato,
probabilmente per la tipologia del servizio stesso, che, prevalentemente
privilegia il rapporto uno a uno.
Allegato 1. Questionario Griglia
per l’intervista a testimoni privilegiati
Istruzioni
per la compilazione
Il presente
questionario è auto-somministrato ed è diviso in diverse sezioni tematiche.
Le domande
organizzate in una tabella (ad es. ‘quale a Suo avviso, …’) sono aperte e hanno
a disposizione uno spazio aperto a piacere della lunghezza desiderata
dell’intervistato.
Le istruzioni
tra parentesi quadra […] servono per dare istruzioni pratiche relative alla
compilazione, mentre invece quelle tra parentesi tonda (…) sono istruzioni
ulteriori relative al significato stesso della domanda.
La compilazione
richiede circa due ore di tempo. Il questionario è stato ideato a sezioni
tematiche proprio per favorire il fluire dell’argomentazione secondo una logica
tematica. In caso di interruzione, si consiglia di finire la sezione tematica,
di salvare quanto scritto e riprendere in un secondo momento.
Come testimoni
privilegiati, sulle vostre dichiarazioni si baserà il presente lavoro di
ricerca; si prega quindi di rispondere a tutte le domande.
Grazie ancora
per la collaborazione.
Sezione
1. Informazioni generali.
1. Nome
intervistato:………………………………………………………………………..
2. Ruolo nel
progetto/azione di Mentoring:……………………………………………….
3.
Organizzazione di riferimento per il progetto/azione di Mentoring:…………..……..
………………………………………………………………………………………………..
4. Altre
organizzazioni ( enti pubblici, privati, associazioni, aziende, etc) legate al
progetto/azione di Mentoring:
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
5. Ci può raccontare brevemente la storia della
sua organizzazione di appartenenza e come è nata l’idea di fare azioni di Mentoring?
6. Nella Sua esperienza, quali sono gli obiettivi
in generale del progetto/azione di Mentoring?:
Sezione 2. Il contesto dell’azione
7. Quali sono, nella Sua esperienza, i luoghi
(ufficio, organizzazione, luoghi particolari) e gli strumenti (tecnologici,
dispense, schede di valutazione, etc) deputati all’azione del ‘mentoring’? [Descrivere in particolar modo i luoghi
fisici o virtuali, gli strumenti tecnologici utilizzati, dispense, schede di
valutazione del mentor sul protetto e viceversa e gli effetti dell’uno e
dell’altro sull’azione]
8. Quali sono, nel Suo caso specifico, i
campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare
riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui)
opera per specifiche funzioni, ruoli, etc).
9. Quali sono, o potrebbero essere, in generale,
i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare
riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui)
opera, i campi di intervento sociali e istituzionali).
10. Quali sono i servizi/soggetti (interni o
esterni all’organizzazione, gratuiti/a pagamento, volontari/sotto incarico) che
sono stati attivati nel progetto di mentoring nella Sua esperienza
specifica e quali dovrebbero essere attivati auspicabilmente in generale? (Specificare per ogni caratteristica sia
nell’esperienza specifica e in generale). [Nel caso esistano o si pensi ad
altri servizi che non rientrano nella categorie sotto specificate, utilizzare
lo spazio apposito ‘altri servizi’].
Servizi |
Gratuiti/ a pagamento |
Interni/esterni all’organizzazione |
Volontari/sotto incarico |
Nell’esperienza specifica |
|
|
|
Auspicabili |
|
|
|
Altri servizi:
………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
11. Quali sono le reti e/o network di relazioni
necessarie, utili e auspicabili attivate nell’azione di ‘Mentoring’ del
vostro progetto, e quali sarebbero da attivare in generale? [Specificare per ogni cella quanto
richiesto] [Nel caso esistano o si pensi ad altre reti che non rientrano nella
categorie sotto specificate, utilizzare lo spazio apposito ‘altre reti’].
Reti e/o network di relazioni |
Necessarie |
Utili |
Auspicabili |
Nella specifica esperienza |
|
|
|
In generale |
|
|
|
Altre reti: ………………………………………………………………………………………………
12. Qual è la struttura organizzativa del
progetto/azione di Mentoring (in breve)? [descriverla se esiste, se è formalizzata o
informale, se esistono un regolamento, delle procedure, regole, organi
coinvolti, etc]
13. Ci può descrivere qual è stata nel Suo caso la
risposta da parte del territorio o delle comunità di riferimento rispetto al
progetto di Mentoring con particolare riferimento ad eventuali azioni di
trasferimento, diffusione, modalità attuative? [Ignorare la domanda nel caso non ci siano state
iniziative di trasferimento o di diffusione, al limite indicare come si farebbero
e se si ha intenzione di farle].
14. Grazie alla Sua esperienza, ci potrebbe
fornire una serie di fattori/indicatori dell’impatto del ‘Mentoring’ sui
seguenti soggetti?
[Elencare i fattori per ogni soggetto]. [Nel caso esistano o si pensi ad altri
fattori che non siano imputabili ai soggetti sotto indicati, utilizzare lo
spazio apposito ‘altri fattori’].
‘Mentor’ |
Protetto/destinatario |
Organizzazioni in cui (o per cui) si realizza
l’azione |
Territorio |
|
|
|
|
Altri fattori:………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Sezione 3. Definizione della figura del ‘Mentor’.
15. Nel Suo caso, qual è la definizione della
figura/funzione del Mentor?
16. Nella Sua esperienza, quali sono le modalità e
canali di selezione del ‘mentor’?
17. Quali sono, nel caso del vostro progetto,
gli scopi dell’azione di ‘mentoring’? (Ad esempio, prevalentemente formativi,
prevalentemente di orientamento, consequenziali cioè prima di orientamento e
poi anche formativi, altro).
18. A Suo avviso, quali potrebbero essere, in
generale, gli scopi del ‘mentoring’? (Ad esempio, riqualificazione del personale,
recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc).
19. Nel vostro progetto, esistono programmi,
iniziative o progetti di formazione dei Mentore? (se esistono, descriverne l’utilità, le
tematiche, il grado di strutturazione e formalizzazione)
20. Nel caso in cui non esistano programmi,
iniziative o progetti di formazione dei
Mentore, ce ne potrebbe indicare, a Suo avviso, l’utilità, le tematiche, il
grado di strutturazione necessari al tal fine? [Ignorare la domanda, nel caso in cui si sia
risposto a quella precedente, oppure, specificare qui le possibili integrazioni
al programma formativo esistente].
21. Negli studi organizzativi sulla gestione delle
risorse umane e sulla formazione professionale e continua, si tende a convenire
sul fatto che il comportamento organizzativo (di un soggetto al lavoro in una
organizzazione o in contesto) sia sostanzialmente influenzato da 3 aree di
caratteristiche, e cioè: la prima, appartenente al concetto di ‘sapere cosa’ o
‘know what’ (bagaglio di conoscenze sul lavoro
o conoscenze dichiarative, i compiti da svolgere, i metodi da utilizzare,
nonché sul proprio ruolo, il contesto, l’azienda, etc); la seconda, appartenente
al concetto di ‘sapere come’ o ‘know how’ (un bagaglio di conoscenze sulle procedure e le regole d’uso
delle conoscenze dichiarative, chiamate anche conoscenze procedurali); infine,
le due aree sopra citate sono strettamente influenzate e collegate alla terza
area, appartenente al concetto di ‘disposizioni individuali’ (attitudini,
assetto motivazionale, sistema dei valori, rappresentazione del lavoro,
identità, etc). Questa classificazione è molto generica ma per i nostri fini è
sufficiente.
Ora, immaginando la figura del mentor
come una figura professionale, quali sono le caratteristiche necessarie, utili e
auspicabili per essere ‘mentor’ nel caso della Sua esperienza? [Riempire ogni cella, fino ad esaurimento
delle caratteristiche che vengono in mente all’intervistato. Se si ritiene di
dire delle caratteristiche che si pensa non rientrino nella matrice seguente,
specificarle dopo la tabella nello spazio apposito dedicato ad ‘altre
caratteristiche’].
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI INDIVIDUALI |
Necessarie |
|
|
|
Utili |
|
|
|
Auspicabili |
|
|
|
Altre caratteristiche:………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
Sezione 4. Utenti/clienti/destinatari dell’azione
di ‘mentoring’
22. Nel vostro caso, chi sono e quali
caratteristiche devono avere i ‘pupil’? [Indicare chi sono, quali caratteristiche hanno,
quali sono i criteri di selezione e di scelta dei protetti, e nel caso, quali
le strategie di avvicinamento dell’organizzazione qualora individui persone che
si presentano particolarmente ‘bisognosi’ dell’azione di mentoring].
23. Ci indichi ora, per cortesia, il tipo di
rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e destinatario dell’azione, con
particolare riferimento ai criteri di abbinamento (come offerta modelli
positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies, sesso, chi
sceglie l’abbinamento, etc), al primo incontro, alla durata e frequenza
dell’azione.
24. Esistono procedure di controllo della coppia e
procedure di accompagnamento da parte dell’organizzazione durante il percorso? [Nel caso affermativo, descriverle, nel
caso negativo, indicarne l’utilità/inutilità, il grado possibile di
formalizzazione, i motivi per cui…, etc]
25. Con riferimento alla Sua
esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza,
punti di criticità, etc per i protetti e per i mentore? [Indicare per ogni cella
quanto richiesto].
Elementi richiesti |
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
Per il protetto |
|
|
|
|
Per il mentore |
|
|
|
|
Sezione 5. Il ruolo dei privati e del pubblico
26. Con riferimento alla Sua
esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza,
punti di criticità, per le aziende? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
|
|
|
|
27. A
partire dalla Sua esperienza, qual è, secondo Lei, la consapevolezza sulle
possibili applicazioni del ruolo e della funzione di ‘Mentoring’ nell’ambito
della formazione professionale e della gestione delle risorse umane da parte
dei seguenti soggetti?
[mettere una ‘X’ per ogni riga]
|
Nullo (0) |
Scarso (1) |
Sufficiente (2) |
Buono (3) |
Elevato (4) |
Settori
professionali |
|
|
|
|
|
Organizzazioni |
|
|
|
|
|
Società |
|
|
|
|
|
Istituzioni |
|
|
|
|
|
Ci indichi i
motivi delle risposte di cui sopra:…………………………………………………………
Settori
professionali………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Istituzioni…………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Organizzazioni……………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Società…………………………………………………………………………………………………….
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
28. Quali, a
Sua conoscenza, sono le iniziative che vengono messe in campo dagli stessi
soggetti in relazione alla diffusione e pratica del ‘Mentoring’? [Scrivere ‘non sono a conoscenza di nessuna
iniziativa’, in caso di mancata conoscenza di iniziative in tal senso. Se
vengono citate iniziative ci fornisca anche il nome del soggetto attuatore].
|
Iniziative |
Settori
professionali |
|
Organizzazioni |
|
Società |
|
Istituzioni |
|
29. Quale potrebbe essere il sostegno/aiuto
concreto che si potrebbe avviare per una maggiore riflessione e diffusione di
tale pratica in Italia, nell’ambito della formazione professionale e della
gestione delle risorse umane?
30. Altre
annotazioni:…………………...………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Allegato 2. Questionario. Griglia
per l’intervista al mentor
Sezione
1. Informazioni generali.
1. Nome
intervistato:………………………………………………………………………..
2. Ruolo nel
progetto/azione di Mentoring:……………………………………………….
3.
Organizzazione di riferimento per il progetto/azione di Mentoring:…………..……..
………………………………………………………………………………………………..
4. Da quanto
tempo svolge attività di Mentoring?
………………………………………………………………………………………………
5. Quali sono, nel caso del vostro progetto,
gli scopi dell’azione di ‘mentoring’? (Ad esempio, prevalentemente formativi,
prevalentemente di orientamento, consequenziali cioè prima di orientamento e
poi anche formativi, altro).
6. A Suo avviso, quali potrebbero essere, in
generale, gli scopi del ‘mentoring’? (Ad esempio, riqualificazione del personale,
recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment, etc).
Sezione 2. Il contesto dell’azione
7. Quali sono, nel Suo caso specifico, i
campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare
riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui)
opera per specifiche funzioni, ruoli, etc).
8. Quali sono, o potrebbero essere, in generale,
i campi di intervento del mentoring? (Descrivere quanto richiesto con particolare
riferimento ai settori professionali, all’organizzazione in cui (o per cui)
opera, i campi di intervento sociali e istituzionali).
9. Grazie alla Sua esperienza, ci potrebbe fornire
una serie di fattori/indicatori dell’impatto del ‘Mentoring’ sui
seguenti soggetti?
[Elencare i fattori per ogni soggetto]. [Nel caso esistano o si pensi ad altri
fattori che non siano imputabili ai soggetti sotto indicati, utilizzare lo
spazio apposito ‘altri fattori’].
‘Mentor’ |
Protetto/destinatario |
Organizzazioni in cui (o per cui) si realizza
l’azione |
Territorio |
|
|
|
|
Altri fattori:………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Sezione 3. Definizione della figura del ‘Mentor’.
10. Nel Suo caso, qual è la definizione della
figura/funzione del Mentor?
11. Nella Sua esperienza, quali sono le modalità e
canali di selezione del ‘mentor’?
12. Nel vostro progetto, esistono programmi,
iniziative o progetti di formazione dei Mentore? (se esistono, descriverne l’utilità, le
tematiche, il grado di strutturazione e formalizzazione)
13. Nel caso in cui non esistano programmi,
iniziative o progetti di formazione dei
Mentore, ce ne potrebbe indicare, a Suo avviso, l’utilità, le tematiche, il
grado di strutturazione necessari al tal fine? [Ignorare la domanda, nel caso in cui si sia
risposto a quella precedente, oppure, specificare qui le possibili integrazioni
al programma formativo esistente].
14. Negli studi organizzativi sulla gestione delle
risorse umane e sulla formazione professionale e continua, si tende a convenire
sul fatto che il comportamento organizzativo (di un soggetto al lavoro in una
organizzazione o in contesto) sia sostanzialmente influenzato da 3 aree di
caratteristiche, e cioè: la prima, appartenente al concetto di ‘sapere cosa’ o
‘know what’ (bagaglio di conoscenze sul lavoro
o conoscenze dichiarative, i compiti da svolgere, i metodi da utilizzare,
nonché sul proprio ruolo, il contesto, l’azienda, etc); la seconda,
appartenente al concetto di ‘sapere come’ o ‘know how’ (un bagaglio di conoscenze sulle procedure e le regole d’uso
delle conoscenze dichiarative, chiamate anche conoscenze procedurali); infine,
le due aree sopra citate sono strettamente influenzate e collegate alla terza
area, appartenente al concetto di ‘disposizioni individuali’ (attitudini, assetto
motivazionale, sistema dei valori, rappresentazione del lavoro, identità, etc).
Questa classificazione è molto generica ma per i nostri fini è sufficiente.
Ora, immaginando la figura del mentor
come una figura professionale, quali sono le caratteristiche necessarie, utili e
auspicabili per essere ‘mentor’ nel caso della Sua esperienza? [Riempire ogni cella, fino ad esaurimento
delle caratteristiche che vengono in mente all’intervistato. Se si ritiene di
dire delle caratteristiche che si pensa non rientrino nella matrice seguente,
specificarle dopo la tabella nello spazio apposito dedicato ad ‘altre
caratteristiche’].
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI INDIVIDUALI |
Necessarie |
|
|
|
Utili |
|
|
|
Auspicabili |
|
|
|
Altre caratteristiche:………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
Sezione 4. Utenti/clienti/destinatari dell’azione
di ‘mentoring’
15. Nel vostro caso, chi sono e quali
caratteristiche devono avere i ‘pupil’? [Indicare chi sono, quali caratteristiche hanno,
quali sono i criteri di selezione e di scelta dei protetti, e nel caso, quali
le strategie di avvicinamento dell’organizzazione qualora individui persone che
si presentano particolarmente ‘bisognosi’ dell’azione di mentoring].
16. Ci indichi ora, per cortesia, il tipo di
rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e destinatario dell’azione, con
particolare riferimento ai criteri di abbinamento (come offerta modelli
positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies, sesso, chi
sceglie l’abbinamento, etc), al primo incontro, alla durata e frequenza
dell’azione.
17. Con riferimento alla Sua
esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza,
punti di criticità, etc per i protetti e per i mentore? [Indicare per ogni cella
quanto richiesto].
Elementi richiesti |
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
Per il protetto |
|
|
|
|
Per il mentore |
|
|
|
|
Sezione 5. Il ruolo dei privati e del pubblico
18. Con riferimento alla Sua
esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi dell’azione, punti di forza,
punti di criticità, per le aziende? [Indicare per ogni cella quanto richiesto].
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
|
|
|
|
19. Quali, a
Sua conoscenza, sono le iniziative che vengono messe in campo dagli stessi
soggetti in relazione alla diffusione e pratica del ‘Mentoring’? [Scrivere ‘non sono a conoscenza di
nessuna iniziativa’, in caso di mancata conoscenza di iniziative in tal senso.
Se vengono citate iniziative ci fornisca anche il nome del soggetto attuatore].
|
Iniziative |
Settori
professionali |
|
Organizzazioni |
|
Società |
|
Istituzioni |
|
20. Quale potrebbe essere il sostegno/aiuto
concreto che si potrebbe avviare per una maggiore riflessione e diffusione di
tale pratica in Italia, nell’ambito della formazione professionale e della
gestione delle risorse umane?
21. Altre
annotazioni:…………………...………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
Allegato 3. Questionario.
Griglia per l’intervista al pupil
Sezione 1. Informazioni generali.
1. Nome intervistato:………………………………………………………………………..
2. Da quanto tempo è accompagnato da un Mentor?
………………………………………………………………………………………………
3. Quali sono, nella
Sua esperienza, gli scopi dell’azione di ‘mentoring’? (Ad
esempio, prevalentemente formativi, prevalentemente di orientamento,
consequenziali cioè prima di orientamento e poi anche formativi, altro).
4. A Suo avviso, quali
potrebbero essere, in generale, gli scopi del ‘mentoring’? (Ad
esempio, riqualificazione del personale, recupero fasce deboli nel lavoro, empowerment,
etc).
Sezione 2. Il contesto dell’azione
5. Quali sono, nel Suo
caso specifico, i campi di intervento del mentoring?
(Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori
professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera per specifiche
funzioni, ruoli, etc).
6. Quali sono, o
potrebbero essere, in generale, i campi di intervento del mentoring?
(Descrivere quanto richiesto con particolare riferimento ai settori
professionali, all’organizzazione in cui (o per cui) opera, i campi di
intervento sociali e istituzionali).
7. Grazie alla Sua
esperienza, ci potrebbe fornire una serie di fattori/indicatori dell’impatto
del ‘Mentoring’ sui seguenti soggetti?
[Elencare i fattori per ogni soggetto]. [Nel caso esistano o si pensi ad altri
fattori che non siano imputabili ai soggetti sotto indicati, utilizzare lo
spazio apposito ‘altri fattori’].
‘Mentor’ |
Protetto/destinatario |
Organizzazioni in cui (o
per cui) si realizza l’azione |
Territorio |
|
|
|
|
Altri
fattori:………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Sezione 3. Definizione della figura del
‘Mentor’.
8. Nel Suo caso, qual è la
definizione della figura/funzione del Mentor?
9. Negli studi
organizzativi sulla gestione delle risorse umane e sulla formazione
professionale e continua, si tende a convenire sul fatto che il comportamento
organizzativo (di un soggetto al lavoro in una organizzazione o in contesto)
sia sostanzialmente influenzato da 3 aree di caratteristiche, e cioè: la prima,
appartenente al concetto di ‘sapere cosa’ o ‘know what’ (bagaglio di conoscenze sul lavoro o conoscenze
dichiarative, i compiti da svolgere, i metodi da utilizzare, nonché sul proprio
ruolo, il contesto, l’azienda, etc); la seconda, appartenente al concetto di ‘sapere
come’ o ‘know how’ (un bagaglio di conoscenze
sulle procedure e le regole d’uso delle conoscenze dichiarative, chiamate anche
conoscenze procedurali); infine, le due aree sopra citate sono strettamente
influenzate e collegate alla terza area, appartenente al concetto di
‘disposizioni individuali’ (attitudini, assetto motivazionale, sistema dei
valori, rappresentazione del lavoro, identità, etc). Questa classificazione è
molto generica ma per i nostri fini è sufficiente.
Ora,
immaginando la figura del mentor come una figura professionale, quali sono
le caratteristiche necessarie, utili e auspicabili per essere ‘mentor’
nel caso della Sua esperienza? [Riempire ogni cella, fino ad esaurimento
delle caratteristiche che vengono in mente all’intervistato. Se si ritiene di
dire delle caratteristiche che si pensa non rientrino nella matrice seguente,
specificarle dopo la tabella nello spazio apposito dedicato ad ‘altre
caratteristiche’].
Caratteristiche |
SAPERE COSA ‘KNOW WHAT’ |
SAPERE COME ‘KNOW HOW’ |
DISPOSIZIONI INDIVIDUALI |
Necessarie |
|
|
|
Utili |
|
|
|
Auspicabili |
|
|
|
Altre caratteristiche:………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………
Sezione 4. Utenti/clienti/destinatari
dell’azione di ‘mentoring’
10. Nel vostro caso, chi
sono e quali caratteristiche devono avere i ‘pupil’?
[Indicare chi sono, quali caratteristiche hanno, quali sono i criteri di
selezione e di scelta dei protetti, e nel caso, quali le strategie di
avvicinamento dell’organizzazione qualora individui persone che si presentano
particolarmente ‘bisognosi’ dell’azione di mentoring].
11. Ci indichi ora, per
cortesia, il tipo di rapporto che si instaura tra ‘mentor’ e
destinatario dell’azione, con particolare riferimento ai criteri di abbinamento
(come offerta modelli positivi, o condivisione di interessi come sport e hobbies,
sesso, chi sceglie l’abbinamento, etc), al primo incontro, alla durata e
frequenza dell’azione.
12. Con
riferimento alla Sua esperienza, quali sono i benefici e gli svantaggi
dell’azione, punti di forza, punti di criticità, etc per i protetti e per i mentore?
[Indicare per ogni cella quanto
richiesto].
Elementi richiesti |
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
Per il protetto |
|
|
|
|
Per il mentore |
|
|
|
|
Sezione 5. Il ruolo dei privati e del
pubblico
13. Con
riferimento alla Sua esperienza, quali potrebbero essere i benefici e gli
svantaggi dell’azione di Mentoring, punti di forza, punti di criticità,
per le aziende? [Indicare per ogni cella
quanto richiesto].
Benefici |
Svantaggi |
Punti di forza |
Punti di criticità |
|
|
|
|
14. Altre annotazioni:…………………...………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………….
La
bibliografia trovata e consultata è la seguente:
G.P. Quaglino, Scritti di
formazione 1978-1998, Franco Angeli, 1998
G.P. Quaglino e C.G. Cortese, Mentoring,
in Sviluppo e Organizzazione n.160, Marzo- Aprile 1997
C.G. Cortese, Mentoring e
formazione, in FOR n.33, 2000
A. Felice (a cura di), Il mentoring,
in Osservatorio ISFOL n.2-3, 2000
AA. VV. Perché
le dimissioni. Un'inchiesta presso gli infermieri e assistenti geriatrici
dell'Ospedale Neuropsichiatrico Camtonale che hanno abbandonato l'attività nel
1983-1988. Rivista dell'infermiere 1990; 3: 127-135.
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