Cronaca del ventennale corso 1983-86 tenutosi a Napoli il 29 e 30 Novembre 2003

 

Le strade che il destino ci porta a percorrere nell'arco della nostra esistenza si rivelano spesso arcane ed addirittura beffarde. Si verifica, così, che proprio nell'occasione del ventennale che, come direbbe Bellavista, capita solo una volta ogni vent'anni, ci si trovi impegnati nelle più svariate ed improcastinabili attività. Ecco allora profilarsi all'orizzonte una missione all'estero, una visita dal pediatra, il ragù della suocera, la nonna malata che rappresenta un "cult" nel caleidoscopio della giustificazioni morali. Proprio in questa ridda di beffardi appuntamenti è da ricercarsi la sparuta partecipazione degli ex-allievi del 196° al Raduno Ventennale svoltosi a Napoli il 29 e 30 novembre 2003; pochi ma buoni, come si è soliti affermare per camuffare la tristezza di un "idem sentire" condiviso da pochi. Sono certo che molti amici cadranno dalle nuvole, obietteranno che loro non sono stati avvisati di questa ricorrenza, che il canale comunicativo è stato deficitario. Mi preme far presente che le informazioni vanno ricercate, procacciate verso le fonti di interesse, richieste secondo le proprie necessità e non aspettate come biblica manna. Tutto ciò non giustifica la latitatanza reiterata del rappresentante di Corso presso l'Associazione. Non vorrei far torto al ricordo degli insegnamenti profusi dai nostri cari professori di matematica, Mari e Boccia ad esempio, e pensare che il calcolo degli anni trascorsi dal nostro ingresso alla Scuola sia troppo complesso. Ultimo fine settimana di novembre, dunque. I 25 ex allievi armati di buona volontà si sono radunati presso il mitico Gambrinus, qualche barba ingrigita, parecchi addomi opulenti e, soprattutto uno stuolo di figli (Arconi e Pirillo in testa) incuriositi da tutti quei vecchietti. Dopo i rituali saluti e l'altrettanto rituale caffettino, tutti ad addentrarsi per le vie del centro storico chiacchierando del tempo che fu; un'occhiata al rutilante mondo di San Gregorio Armeno prima di giungere alla nostra meta, l'ingresso della Napoli Sotterranea. La visita alla città di epoca greca era interessante e, soprattutto, riportava con malinconia alla mente le scorribande in un altro tipo di sotterranei. Ah, bel tempo che fu! In serata le libagioni di un ristorante di Via Medina saziavano gli atavici appetiti dei convenuti che concludevano la cena con l'inno vocativo al Sommo Vese, eccezionalmente intervenuto dopo aver ricevuto assicurazioni dal sottoscritto che non sarebbe stato necessario entrare in nessun ambiente militare. Sul finire della serata un orgoglioso rigurgito di gioventù ci portava a tentare l'impresa impossibile. Sfidavamo con impavida incoscienza un gruppo di scugnizzi dodicenni ad un calcetto "sei contro sei" sotto la Galleria Umberto. Le scarpe scivolose di Casillo, le incerte uscite di Scaramuzza, l'immediato forfait di Di Masi, la scarsa vena realizzativa di Ruggeri e del sottoscritto, i tackle morbidi di Eusepi, portavano all'immeritata sconfitta ma ad un'incredibile revival di emozioni. Il giorno successivo ci si ritrovava di buon'ora presso la Scuola, dopo i discorsi di rito del caposcelto Tedeschi e del Vice Comandante della Scuola si procedeva con la consegna di una targa ricordo da parte della Batteria Tamburi del 196°. A seguire il momento più importante della due giorni, la deposizione della corona in memoria del nostro indimenticato Marco Mattiucci amico e compagno ineguagliabile. La Santa Messa in suffragio di Marco era conseguenza naturale del nostro essere presenti. Un'altra sensazione forte scaturiva dalla visita presso le aule e le camerate, una vera e propria "macchina del tempo" che ci lasciava con gli occhi lucidi e l'incredulità del tempo trascorso. Quando i morsi della fame facevano capolino ci spostavamo presso l'ex Sala Convegno per gustare le prelibatezze preparteci dalle maestranze della Scuola. Tra i ricordi di De Riggi e Di Maio, la rappresentanza "classica" di Bonemei e Placanica, la placida bonarietà di Scattaretico e Gambardella, la serenità di De Liso e Guadagnuolo con le loro "storiche" consorti, la nobiltà decaduta di Rambaldi, il saluto affettuoso del Signor Rossini, il tempo scorreva veloce e giungeva l'ora dei saluti. Un abbraccio a tutti, presenti ed assenti, con la speranza che il Tempo compi il miracolo di farci ritrovare più numerosi alla prossima occasione.

 

Mario Masdea

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