Le Scuole dell’Esercito

di Francesca Donvito, esperta in Scienze della Formazione

Da “Rassegna dell’Esercito”

Suppl. al n. 5, Sett.-Ott. 2002 della “Rivista Militare”

 segnalato da Alberto Fontanella Solimèna (66-69) - e-mail: fons@katamail.com

 IL PROBLEMA DELLA FORMAZIONE

 

     L'Italia con la configurazione data al Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) è delle Nazioni d'Europa, quella che sembra avere raggiunto un traguardo ottimale ai fini della preparazione dei responsabili di grado elevato. Personale attivo nell'insieme delle istituzioni e delle realtà, la cui opera deve convergere ai fini dell'interesse dello Stato.

     Attualmente, come noto, sono in­seriti nel CASD l'Istituto Alti Studi della Difesa, il CeMiSS (Centro Mili­tare di Studi Strategici) e l'ISSMI (I­stituto Superiore di Stato Maggiore Interforze).

     Sembra così pienamente assolto l'auspicio formulato nel volume «L'Esercito e le sue Scuole» (Stato Maggiore dell'Esercito a cura di Gianfranco Gasperini e Alberto Scotti, 1995), in chiusura del capito­lo «Scuola della Nazione o Scuola dello Stato?»:

     È solo da augurare che l'Italia di­mentichi, una volta tanto, quella leg­ge non scritta che pone al bando la grande lezione di Occam entia non sunt multiplicanda praeter necessita­tem così da giungere prima - come è accaduto alla Francia al minore livello universitario e nazionale dell’ENA - alla compiuta costituzione di un centro per la formazione uni­taria dei dirigenti del livello più ele­vato a vantaggio dell'intero Paese e di Paesi amici.

     Sarebbe un grande servizio reso dall'Esercito all'intera Nazione e ol­tre. Sarebbe anche finalmente un rico­noscimento del fatto che l'Esercito «vive di valori» (Domenico Corcione al CASD). Non l'avere, ma l'essere è la fondazione dell'Esercito.

     Se l'importanza dell'alta forma­zione non era sfuggita nella Francia regia a un geniale cervello militare, quello della signora de Pompadour, alla quale si deve il merito di aver convinto il re a dare vita alla Scuola militare di Parigi, è però altrettanto importante riconoscere il ruolo es­senziale della formazione di base per avere un grande soldato.

     Anche in questo campo il primato deve essere riconosciuto alla Fran­cia attraverso l'opera di S. Germain. Paradossalmente nessuno Stato possiede oggi un «sistema pedagogi­co» così efficiente come quello rea­lizzato dal genio del marchese di S. Germain per la formazione degli uf­ficiali del re. Da quella fucina esco­no i generali della rivoluzione e dell'impero da Bonaparte a Davout, for­se militarmente superiore allo stesso Corso.

     Chiave preliminare della prepara­zione militare è, per il S. Germain, appunto quella di base. La affida perciò alle scuole di un espertissimo ordine religioso: i Benedettini. Nella fase iniziale la militarizzazione «di­retta» si riduce - sotto la guida del «maestro d'arme» di ogni istituto - all'educazione fisica, all'equitazione e scherma, ai campi stagionali. Già in questo primo periodo l'allievo, all'inizio poco più che decenne, dispo­ne di una camera singola all'uso mo­nastico. La volgare promiscuità del­le camerate è dal S. Germain tassati­vamente bandita.

     La formazione di base è conforme all'indicazione dettata qualche seco­lo dopo da Gramsci, fosse o meno quest'ultimo consapevole del debito pedagogico contratto con l'aristo­cratico precursore. Gramsci ritiene necessario, per la formazione libera di un giovane, lo studio approfondi­to di un ciclo storico connesso alla cultura del mondo in cui vive. Un ci­clo sicuramente compiuto e per quanto possibile completo.

     Per gli uomini di cultura europea Gramsci non ha dubbi: il ciclo da scegliere come elettivo è quello gre­co, poi rivissuto nel Rinascimento i­taliano ed esteso all'Europa. Appun­to perché si tratta di un ciclo mira­bile e ricco: lingua, epica, lirica, sto­ria, geografia, scienze, filosofia, po­litica, arte nascono greche.

     Questo ciclo didattico potrebbe es­sere identificato con il ginnasio-li­ceo più antico. Un ciclo cui, nel do­po Hegel, manca però, per essere ve­ramente «classico», la lettura di Eu­clide, Diofanto, ecc. - facilitata ad esempio da libri con a fronte la versione in latino e in notazione vigente - oltre a Eschilo, Platone, Aristofane, Tucidide, Ero­doto. Occorrerà anche dare al giova­ne il «libro» per eccellenza con a fronte del testo aramaico dell'antico e di quello greco del nuovo Testa­mento, la traduzione latina. Perché non lasciare quella di S. Gerolamo?

     Il giovane aspirante ufficiale fran­cese del regno riceve dai Benedettini un insegnamento di base di questo tipo, veramente «classico» e «cristia­no». Entrato poi nella scuola milita­re di formazione professionale vera e propria, ritrova, nella sua stanza ovviamente singola, il lettino da campo in ferro della sua gioventù e il restante corredo che lo accompa­gnerà, di regola, per tutta la vita si­no a maresciallo di Francia e, nel ca­so di Napoleone, sino alla reggia e a S. Elena.

     Fa parte del corredo un pratico contenitore-scrittoio da campo, con­tenente una preziosa collezione di «classici», incluso il Plutarco che Bonaparte predilige.

     A livello di alta formazione specifi­ca nella Scuola Militare di Parigi, già ricordata, tutte le materie - dalla geografia alla storia, alle costruzioni (fortificazione, fabbriche, costruzio­ne di armi e balistica), ai trasporti, alla economia, alla giurisprudenza sino alla stessa filosofia - sono visi­tate in chiave militare. Ne escono anche noti stranieri, come Axel Fer­sen e, si dice ma non ho trovato ri­scontro, Wellington.

     Sembra quindi giustificato inizia­re il discorso con le Scuole Militari che accolgono oggi il giovane anco­ra adolescente.

     Attualmente, nel quadro dell'Eser­cito, sono aperte ai giovanissimi la Scuola Militari di Napoli e dal 1996 la Scuola Militare di Milano.

 

LA STORIA

 

     Posto questo inizio conviene quin­di parlare, in primis, delle due Scuo­le del nostro Esercito: la Scuola Mi­litare Nunziatella e la Scuola Milita­re Teuliè che operano a livello licea­le, anche per sottolinearne il presti­gio conservato nei secoli.

     In Italia, nel 1787, Ferdinando IV di Borbone decide di fondare la Real Accademia Militare e il luogo scelto, un ex convento di Monte Echia a Pizzofalcone, ex noviziato dei Gesui­ti, è conosciuto col nome di Nunzia­tella, dal nome dell'attigua chiesa. Una commissione formata di Uffi­ciali del Regno è mandata in Fran­cia, in Germania e in Austria per studiare gli Istituti di educazione militare.

     La commissione è guidata dal Te­nente ingegnere Giuseppe Parisi che mira a costituire «un collegio che non doveva essere la copia di niun al­tro istituto di istruzione militare e in cui istruzione militare e civile proce­dano abbinate, in cui si temperi tan­to il fisico quanto il carattere».

     Formare il fisico e il carattere dei giovani Ufficiali deve essere il com­pito primario dei docenti della Scuola: intuisce bene il padre «vero» della Nunziatella e primo direttore degli Studi.

     Gli insegnanti sono scelti tra i più dotti scienziati del Reame (calligra­fia, disegno, lettere, matematica, fi­losofia, storia, chimica e arte milita­re), tra cui Pasquale Baffi, F.S. Gra­nata e Carlo Lambert, considerato il «primo cospiratore del Risorgimen­to».

     Complessivamente vi sono 240 allievi ammessi tra i 9 e i 12 anni di età compresa per nove anni di corso; vi sono 37 militari addetti, 30 famigli e 35 professori.

     Ma che l'entusiasmo e il coraggio degli allievi siano rivolti non al ser­vizio del re ma all'amore per la Pa­tria, Ferdinando IV se ne rende con­to presto e gli eventi storici lo dimo­strano. Vani sono però i tentativi di far «chiudere i battenti» alla Real Accademia (più reale che «Reale»).

     Dopo la gloriosa e tragica vicenda della Repubblica Partenopea il re decide di trasformare la Nunziatella in un Real Convitto Militare, e qual­che anno dopo, nel 1802, la Scuola riapre, con maggiori controlli «re­gi», ma, in realtà non mutano né i propositi né lo spirito «patrio».

     Anche i francesi, neo conquistatori del regno, tentano, qualche anno dopo, di chiudere la Scuola, ma nel 1806, con decreto del re Giuseppe Bona­parte, l'istituto è ricostituito con de­nominazione di Scuola Militare, ret­to nuovamente da Parisi. Nel 1811 Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 (nonché cognato di Napoleo­ne), muta nuovamente il nome in Scuola Real Politecnica e Militare. L'obiettivo è quello di trasformare la città in un centro culturale europeo. Il sogno di Murat svanisce presto con la sua morte (è fucilato nel 1815, nel castello di Pizzo Calabro), e con il ritorno, nel 1816 di Ferdi­nando IV. Nel 1819 la Nunziatella è suddivisa in tre istituti: il Real Colle­gio Militare, diretta derivazione del­la Scuola politecnica; l'Accademia Militare da cui escono gli Ufficiali per il Collegio e i Corpi di fanteria e cavalleria e le Scuole Militari.

     I moti carbonari del 1820, insorti per ottenere la Costituzione, sono appoggiati dalla Scuola: allievi, do­centi e Ufficiali formano, come sem­pre, un nucleo compatto e unito. Ma il moto fallisce e viene inferto un du­ro colpo alla Nunziatella, limitando il numero degli insegnanti e degli al­lievi.

     Tra i nomi «illustri» della Scuola spiccano quelli di: Mariano D'Aya­la, che si contraddistingue dappri­ma come brillante allievo e poi co­me insegnante di artiglieria; Basi­lio Puoti, il cui insegnamento è ri­volto allo studio puristico della lin­gua italiana.

     È proprio lui che introduce nella Scuola il giovane Francesco De Sanctis. Quest'ultimo è docente del­la Nunziatella nell'aprile del 1841, le sue lezioni sono rivolte all'esaltazio­ne del diritto che ogni popolo ha di avere una Patria e le sue parole ri­mangono impresse nei cuori dei suoi allievi, ma soprattutto in quelli dei futuri Ufficiali della Scuola. E tra questi è Carlo Pisacane, esempio per eccellenza del «vero» militare i­taliano.

     Dopo il 1860, anno in cui Garibal­di entra a Napoli, una nuova minac­cia per la Nunziatella è rappresenta­ta non più dai Borboni, ma dai Piemontesi. Viene infatti declassata a i­stituto secondario e rischia di essere chiusa nel 1873. Ma anche questo pericolo è scampato. Vista l'impor­tanza per la formazione militare di base dell'ufficiale, nascono altri due collegi ispirati all'antica Scuola na­poletana, a Firenze e a Milano. Nel 1881 il figlio di Umberto I, il Princi­pe ereditario Vittorio Emanuele, fre­quenta la Nunziatella.

     Nel 1913 un centinaio di allievi della Nunziatella muoiono sul cam­po di battaglia e in nome della Pa­tria. È un ex allievo della Scuola, Vittorio Emanuele re d'Italia, a rico­noscerne il ruolo primario conce­dendo la facoltà di fare uso del mot­to araldico Victoriae regem dedit.

     Il 1937 è la volta del «Labaro» con­cesso alla Scuola dal Principe eredi­tario Umberto. Anche durante la Se­conda guerra mondiale molti giova­ni allievi perdono la vita e nel 1943 gli Alleati la trasformano da Scuola Militare in Liceo Convitto.

     Il 1° settembre del 1949 la Nun­ziatella diviene Collegio Militare di Napoli e tale rimane sino al no­vembre del 1953, quando acquista la denominazione, rimasta sino ai nostri giorni, di Scuola Militare Nunziatella.

     La Scuola Militare «Teuliè» nasce nel 1802 come Orfanotrofio Milita­re per opera del Generale napoleo­nico Pietro Teuliè. Nel 1807, con l'i­stituzione del Regno d'Italia Napo­leonico, la Scuola assume il nome di Reale Collegio degli Orfani Mili­tari. Nel 1839 Ferdinando I d'A­sburgo trasforma la Scuola in Im­perial Regio Collegio dei Cadetti, la cui istituzione dura fino all'episo­dio delle «Cinque Giornate di Milano» (18-22 marzo 1848), quando l'edificio viene adibito dal governo provvisorio a Scuola d'Artiglieria e Genio. Il nuovo ritorno degli Au­striaci non coincide con la riaper­tura della Scuola, la cui struttura diviene Ospedale Militare. Solo con l'annessione al Piemonte il Collegio Militare di Milano riapre, ma, dopo solo dieci anni, per problemi di bi­lancio, è nuovamente chiuso. La legge del 1873 sul nuovo ordina­mento dell'Esercito, però, permette la riapertura che, questa volta, du­ra circa vent'anni; in seguito, du­rante la Prima Guerra Mondiale l'edificio viene utilizzato come ca­serma

     Nel 1935 il Governo decide di isti­tuire la Scuola Militare di Milano, la cui attività viene troncata dal preci­pitare delle vicende belliche seguen­te ai fatti dell'otto settembre.

     La Scuola Militare «Teuliè» di Mi­lano, sede distaccata della Nunzia­tella e denominata poi II Scuola Mi­litare dell'Esercito, è riaperta nel marzo del 1996 dopo ben 53 anni di interruzione, riprendendo brillante­mente la sua attività.

 

LA FORMAZIONE ATTUALE

 

     Alle due Scuole si può accedere tramite concorso a cadenza annuale (febbraio-marzo). Possono partecipare solo uomini; il titolo di studio ri­chiesto è l'idoneità al 3° liceo Scienti­fico o al 1° liceo Classico. Il corso du­ra tre anni scolastici. Durante l'ulti­mo anno di corso gli allievi possono fare domanda di ammissione alle Ac­cademie di tutte le Forze Armate, a­vendo anche una riserva di posti.

     La formazione data dalle Scuole è un vero e proprio «Preparo alla vita e alle armi» come recita il mot­to della Nunziatella. Preparare gli allievi a una futura professione mi­litare o a una qualsiasi altra pro­fessione attraverso la più completa formazione culturale, caratteriale, etica e fisica.

     Le attività culturali rispettano i programmi e le disposizioni del mi­nistero della Pubblica Istruzione. Sono integrate da seminari, confe­renze e incontri culturali, studi e ri­cerche di gruppo, visite guidate e viaggi di istruzione.

     Le attività svolte durante gli anni del corso sono militari e sportive.

     Le attività militari in sede si svol­gono una volta alla settimana e com­prendono:

-          addestramento al combattimento;

-          addestramento formale e scuola comando;

-          armi, tiro, nucleare batteriologico chimico (NBC), lavori sul campo di battaglia (LCB);

-          istruzione sanitaria;

-          regolamenti;

-          insegnamento del diritto umanita­rio.

     Le attività militari fuori sede sono svolte nel mese di marzo/aprile, presso i poligoni di tiro di Persano Foce Patria (per gli Allievi della Nunziatella). Durante il campo esti­vo, presso la Scuola Militare Alpina (SMALP di Aosta, si effettuano atti­vità addestrative in montagna.

     Le attività sportive, oltre a com­prendere l'educazione fisica prevista dai programmi scolastici, riguarda­no diverse discipline come: atletica leggera, pallavolo, pallacanestro, scherma, rugby, difesa personale, sci (per gli allievi del secondo anno), nuoto, equitazione.

 

RIFLESSIONI

 

     Nella fedeltà alla tradizione cultu­rale tramandata, oggi si può dire con orgoglio che Nunziatella e Teuliè sono due scuole all'avanguardia e in linea con i processi che oggi ca­ratterizzano la società. Ne sono di­mostrazione, ad esempio, i corsi extra curricolari di informatica e di lingua inglese, anche nel liceo classico. So­no, infatti, previsti alcuni incentivi come un soggiorno di studio in In­ghilterra, della durata di due setti­mane a conclusione dell'anno scola­stico.

     L'istituzione militare non deve ap­parire come un «mondo a parte», sebbene sia caratterizzata da propri valori e da una cultura e da tradizio­ne storica e organizzativa proprie.

     L'organizzazione delle Scuole Mili­tari dell'Esercito è una dimostrazio­ne di come il mondo militare possa integrarsi e avvicinarsi alla società. Scrive Giuseppe De Rita, (nel capi­tolo del libro citato, parte III, «Mili­tari e Società: le spinte al confron­to»: … la distanza tra Società ed I­stituzioni della Difesa, ed in partico­lare tra Società ed Esercito, tende progressivamente a ridursi, propo­nendo uno scenario nuovo per la no­stra cultura collettiva. Problemi e valori oggi emergenti nel corpo so­ciale appaiono sostanzialmente con­divisi dai formatori delle Scuole Mi­litari dell'Esercito.

     Le tradizioni alle quali le Scuole non rinunciano ne sono l'esempio tangibile: esse costituiscono l'impor­tante strumento per creare uno spi­rito di gruppo necessario ad amalga­mare giovani provenienti da luoghi e da categorie sociali molto diverse (p.115 v. cit.). Ne sono esempi: la «consegna dello spadino», al giova­ne appena entrato nella scuola da un allievo anziano del terzo anno, che da quel momento ne diventa il «tu­tore»; la «consegna della stecca»: tra gli allievi anziani e gli allievi del se­condo anno avviene il passaggio del­la «stecca», antico utensile usato un tempo per lucidare i bottoni argen­tei delle uniformi senza macchiare il tessuto.

     È infine importante il «ballo delle debuttanti»: una «lieta» tradizione sia per le fanciulle invitate presso il circolo allievi sia per gli allievi stessi che imparano così a «socializzare» in «gentil» maniera con il «gentil sesso».

     Il culmine delle feste, come poi an­che nelle Accademie, è rappresenta­to dal «MAK P 100» (dal piemonte­se: mak= soltanto; pi= più; cent= 100), festa che segna gli ultimi cento giorni di permanenza nella Scuola.

     Come osservano Fabrizio Batti­stelli e Maria Luisa Maniscalco («Rivista trimestrale di Scienza dell'Amministrazione» n. 3, 1996, in «Collegi militari: tendenze attuali e immagine»): le scuole militari rive­stono un duplice rilievo, all'interno e all'esterno del sistema. Da un lato, la frequenza della scuola costituisce un momento di socializzazione ai valori e alle forme dell'organizzazione.  Pur semplicemente propedeutica e non costitutiva del curriculum del futu­ro ufficiale, essa offre comunque al giovane che aspira a questa carrie­ra una carta di credito nella fase della selezione e una base di espe­rienza durante l'immissione nelle strutture preposte alla vera e pro­pria formazione professionale (ac­cademie). Dall'altro, impartendo i­struzione e addestramento a giova­ni, molti dei quali proseguiranno al di fuori delle Forze armate gli studi e la vita attiva, le scuole determinano (come mostra l'esempio dell'as­sociazione tra gli ex-alunni della Nunziatella) un'impronta che dura nel tempo, in persone destinate so­vente a ricoprire funzioni di rilievo nella società civile.

     Sono dimostrazione del carattere di forza viva, nel contesto della in­tera società nazionale e non solo di quella militare, le associazioni di ex allievi sia della Nunziatella sia di ex collegi attualmente non riaperti, come quello di Roma. Qui si incontrano uomini che con il loro vissuto rappresentano una confer­ma del valore assoluto di una pre­parazione di base nella età adole­scenziale.

     Valgono veramente i motti sia del­la Nunziatella Preparo alla vita e alle Armi sia del Collegio militare di Roma Romana virtus, Romae discitur.